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Intanto va bene così

L'Italia è il "Belpaese" visitato da turisti da tutto il mondo che adorano il suo cibo, le sue bellezze artistiche e architettoniche, la sua storia e il suo paesaggio ma gli italiani apprezzano, valorizzano, rispettano davvero il loro bellissimo territorio?

 

 

L’Italia è una nazione con debito pubblico e pressione fiscale altissimi, dati che sembrano preoccupare moltissimo i governi che si susseguono i quali poco o niente fanno per invertire questa tendenza in costante aumento.

Gli italiani sono campioni nel lamentarsi, nel brontolare, nel polemizzare ma quando si tratta di agire per cambiare la rotta manifestano tutti l’identico sentimento, quello buonista.

Lo spirito di rassegnazione e il debole senso civico campeggiano in molti settori. La volontà di lavorare in modo organizzato ed efficiente viene presto soppiantata da una mentalità malavitosa che non lascia molto scampo. Malgrado ci si sforzi a seguire la retta via si riesce sempre ad imbattersi in un anello della catena marcio e farraginoso, in un intoppo che impedisce il corretto cammino di una pratica, di un evento, di una selezione. Tutto sembra solitamente viziato, corrotto, pilotato, boicottato. Non c’è da meravigliarsi se l’atteggiamento della collettività sia quello del menefreghismo e dell’omertà di fronte all’ovvietà di ciò che accade. L’abitudine come l’attitudine al raccontarsi e al sentirsi raccontare delle belle favole al cospetto dei disastri giudiziari, finanziari, elettorali, non può che essere vista come un effetto naturale di decenni di malaffare.
 
L’evasione fiscale è una delle maggiori piaghe nazionali ma non viene percepita come priorità nel debellarla e gli onesti continuano a pagare per chi le tasse le ha sempre raggirate; i servizi sociali, sanitari e assistenziali sono colpiti da tagli indifferenziati con la tragica conseguenza che sono sempre i più bisognosi a farne le spese. Vige il malcontento generale e cresce la sfiducia ma si accetta passivamente di andare avanti così.
 
In ambito scolastico, le strutture obsolete più che fatiscenti e l’istruzione che sforna menti di eccellenze, poi costrette ad emigrare, non fanno più notizia. Anziché incentivare gli investimenti esteri si preferisce farli scappare dando sfoggio a ogni tipo di scandalo; invece di valorizzare l’immenso e inestimabile patrimonio artistico, culturale, architettonico e storico si abbandonano i siti e città d’arte agli atti vandalici e al deperimento naturale. I pochi parchi e le aree verdi sono punto d’incontro di sbandati se non sede di discariche a cielo aperto per omessa manutenzione e vigilanza. Si decanta tanto l’accoglienza condannando il razzismo ma non si è altrettanto in grado di offrire una vita dignitosa agli innumerevoli disperati che fuggono da fame e guerre se non facendo leva sul buon cuore dei volontari che sopperiscono all’inerzia della politica.
 
Deturpando le poche bellezze paesaggistiche rimaste, si costruisce abusivamente dove è vietato e pericoloso dando colpa alle forze della natura dei disastri causati; si iniziano opere faraoniche dai costi gonfiati ma non si finiscono mai perché non c’è l’interesse di chi ci specula sopra; la burocrazia strozza, soffoca, sconforta il tessuto economico che tiene in piedi il paese ma piuttosto che aiutare le piccole e medie aziende in difficoltà, onorando i debiti della pubblica amministrazione, si lascia che queste falliscano, chiudano i battenti o si delocalizzino con buona pace di imprenditori e dipendenti che si suicidano per la disperazione. La manodopera a basso costo e la concorrenza sleale si deprecano ma di fatto si agevolano. Gli scioperi sono pochi e deboli, vissuti più come disagio per i cittadini che non utili a rivendicare diritti. Si esortano le giovani coppie a comprare casa quando le banche non concedono più mutui; ci si stupisce che le italiane non facciano più figli ma non si pensa a tutelare la maternità. Si pretende che le donne lavorino sebbene siano discriminate in ogni campo e mal retribuite, si accusano i giovani di essere pigri senza offrire realmente le opportunità e le possibilità per emergere.

Per smuovere coscienze e mezzi è necessario che ci scappi uno o più morti, allo stadio, in strada o in cantiere, poi passa il tempo e tutto è come o peggio di prima. I consumi non decollano per via della crisi o di chi fa comodo farlo credere. Gli stipendi sono ridotti al minimo e la disoccupazione è alle stelle ma si perpetua nel non adottare misure adeguate. Le carceri sono sovraffollate per mancanza di senso di legalità. Molte volte si delinque proprio per l’assenza di alternative da parte dello Stato nel territorio.
 
Conoscenze, clientelismi e raccomandazioni fanno parte del modo di sopravvivere italiano togliendo risorse preziose a talenti e meriti che farebbero grande il Belpaese.
 
“Fregare prima di essere fregati” e “l’occasione fa l’uomo ladro” fanno ben supporre che gli italiani preferiscano fare i furbi più che gli intelligenti. In realtà, non è neanche colpa loro, è il sistema scorretto che porta a percorrere scorciatoie, a usare metodi poco ortodossi, ad incoraggiare l’aggressività, la prepotenza e l’arroganza poiché con l’educazione, il rispetto e le buone maniere non si ottiene mai nulla. Allora ecco che si alimentano i soprusi, le ingiustizie, le sopraffazioni. Alla fine vince sempre chi è più privo di scrupoli mai chi è più onesto.
 
In questo contesto, i mangiatori di pizza e suonatori di mandolino sanno, capiscono e imparano presto le regole per farsi strada nella giungla di malfattori da loro stessi creati ma non si indignano e non si scandalizzano di fronte ai danni perpetuati alle loro spalle. I privilegi di pochi sono acquisiti con il benestare dei deboli e dei venduti. Si spartiscono beni del paese, si mettono all’asta vanti contesi in tutto il mondo, si fanno affari in nome di profitti che riempiono le tasche di soliti ignoti. La società, lo Stato, le istituzioni sembrano impotenti e scissi dalla popolazione che insieme convivono da unità separate una contro l’altra, in eterna competizione a chi ruba di più.
 
L’Italia è uno strano paese, dotato di grandi potenzialità ma di poco coraggio. Deriso, malvisto, poco considerato, l'italiano nel mondo è conosciuto per gli archetipi attribuiti non per i reali pregi mal valorizzati. Nel proprio piccolo ognuno è chiamato a dare il proprio contributo, a fare grandi e piccole rivoluzioni, a pensare con la propria testa, ad agire coerentemente, ciò a costo di fatica, sacrifici e giudizi. Così, manca all'italiano medio il fegato di prendere una posizione, di andare controcorrente, di condannare a viva voce comportamenti illeciti, di infliggere pene significative, di essere impopolari per il bene comune, di affermare la propria sana individualità nel nome di un sentore di sana appartenenza e di lasciare il gruppo che travia, di dare il buon esempio con la certezza che, col tempo, gli altri facciano altrettanto.

Il problema vero è che si aspetta sempre che sia qualcun altro a prendere l’iniziativa, a sfidare l’anarchia prestabilita e a rimetterci quasi sicuramente se lasciato solo. In perenne attesa della vittima sacrificale che instilli un minimo di fierezza e compatezza patriotica e che faccia brillare lo“Stivale” delle molte virtù infangate, disonorate, oscurate, si preferisce vivere nella mediocrità intellettuale, nelle abitudini sbagliate ma ben consolidate e continuare a lamentare, a polemizzare, a pensare, parlare e scrivere male dell’Italia e dei suoi abitanti.
 
Si vede che proprio in quanto italiani “Intanto, va bene così”.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.228) 2 maggio 2015 19:30

    Coerenza >


    Entro lunedì 4 maggio alla Camera si dovrebbe procedere al voto finale per trasformare in legge il sistema elettorale dettato dal premier RENZI.

    Non è in ballo la fiducia al governo, ma si tratta di esprimere il voto di merito sui contenuti dell’Italicum.


    Finalmente scopriremo di che pasta è fatta quella 90na di Deputati che formano i gruppi “dissidenti” del PD. Avranno infatti almeno un paio di modalità per marcare le distanze.


    Se, insieme a tutte le altre opposizioni, non partecipassero al voto si constaterebbe la mancanza del numero legale necessario per validare l’esito della votazione.

    Oppure.

    A fronte di un voto contrario da parte di tutte le altre opposizioni, non votare SI impedirebbe la costituzione di una maggioranza a favore.


    NB > In politica la “dignità” non è certo tirare avanti finché dura, tenendo stretto il posto da “onorevole”.

    E’ questione di pura e semplice coerenza.

    Difendere, per convinzione, le radici della democrazia rappresentativa non è esibizione da teatrino di Pantomima e Rimpiattino

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