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In pensione a 70 anni? Pura teoria

Da più pulpiti la sentenza è la stessa: la vita media si è allungata e non c'è ragione per non estendere l'età pensionabile fino a 70 anni. La riforma del sistema pensionistico si allineerebbe non solo ad esigenze di bilancio ma anche sociali. In realtà si tratta di un esercizio contabile valido solo sulla carta, non applicabile all'attuale contesto senza profondi mutamenti culturali e legislativi, che sarebbe auspicabile cominciare ad introdurre fin da ora.

La sostanza non cambia, sia che parliamo di lavoratori autonomi, professionisti o lavoratori dipendenti, di lavori manuali o intellettuali: fare lo stesso lavoro fino a 70 anni è un'utopia. Tralasciando chi fa lavori pesanti o usuranti, per cui è evidente la difficile applicabilità del pensionamento a 70 anni, prendiamo il caso di un professionista o un dipendente.

Un professionista, che sia un avvocato o un commercialista, presta un servizio basato sì sulla propria esperienza, ma anche sulla propria preparazione, sulla conoscenza aggiornata della materia, sulla capacità di trovare prontamente la soluzione ad un problema e di consigliare il cliente. Fatico a credere che un commercialista a 70 anni sia ancora in grado di studiare e comprendere ogni novità in materia di tributi, frequentare corsi di aggiornamento, fare le nottate per completare e spedire telematicamente le dichiarazioni dei redditi entro la scadenza, in generale lavorare 14-15 ore al giorno ai ritmi forsennati a cui è abituato.

Un dipendente, invece, già da ora sta sperimentando quanto sia difficile restare "appetibile" ed avere un mercato allo scoccare dei 50 anni. Se non ricopre una posizione da alto dirigente, negli anni successivi si vedrà offrire più volte un "incentivo" alle dimissioni commisurato agli anni che mancano al pensionamento. Nel frattempo gli verranno offerte mansioni sempre meno gratificanti, senza peraltro avere la possibilità concreta di cercarsi un lavoro altrove,

È evidente come questa pratica sia possibile fino a quando le aziende si troveranno a dover pagare 4 o 5 annualità per incentivare un dipendente alle dimissioni, ma diventa impraticabile nel caso in cui gli anni mancanti alla pensione dovessero diventare 10 o 15. Quindi qual è l'alternativa? Obbligare le aziende a popolarsi di vecchietti obsoleti, derisi, condannati a ciondolare per 15 o 20 anni da un lavoretto all'altro? E nel frattempo, che ne è dei giovani laureati che spingono per prendere il loro posto?

La soluzione non può essere questa. A mio parere esiste un solo modo per risolvere il problema finanziario legato al costo delle pensioni estendendo contemporaneamente, e in maniera realistica, la vita lavorativa di ciascuno di noi.

Prima di tutto, il sistema pensionistico deve diventare contributivo per tutti, e funzionare alla stregua di un'assicurazione. Si riceve in base a quanto si versa durante la vita lavorativa, e ognuno deve essere libero di riscuotere il proprio assegno pensionistico (quasi) quando ritiene opportuno farlo, senza vincoli di età. Chiaramente meno anni lavorati significano una rendita inferiore, ma questa deve poter essere una scelta solo ed unicamente del lavoratore. Le pensioni non devono più essere pagate dalla forza lavoro attiva, perchè nei Paesi ad alto tasso di anziani il paradigma non può reggere, ma ogni pensione deve essere pagata dal suo stesso beneficiario.

In secondo luogo, è necessario che l'intera Società riconosca e comprenda che negli anziani risiede un enorme potenziale che non va sprecato nell'inattività, e va indirizzato verso professioni e mansioni a supporto della collettività. Ad esempio come volontari presso ospedali, come baby sitter, come insegnanti di sostegno per bambini e ragazzi disabili, come animatori di centri per anziani e accompagnatori, tanto per fare qualche esempio.

E' evidente che questo richiede un profondo cambiamento culturale e legislativo. Dobbiamo prima di tutto convincerci che da un certo punto in poi della nostra vita inizia una fase "nuova". Diversa ma non per questo meno stimolante. E che ciò comporta abbandonare l'attività a cui ci siamo dedicati fino a quel momento, diventata faticosa e poco gratificante, per abbracciarne un'altra, più consona alle nostre esigenze e ai nostri ritmi, lasciando spazio ai giovani. E questa nuova attività, ovviamente, deve essere retribuita e deve poter essere cumulabile con la pensione, in modo da incrementare le entrare mensili complessive e permetterci di mantenere un tenore di vita più che dignitoso.

D'altro canto, è necessario che il legislatore promuova la creazione di società e associazioni che abbiano come scopo l'incontro tra domanda di servizi alla collettività e offerta di forza lavoro "over 55". La legislazione deve regolamentare la loro attività e la loro introduzione all'interno di un disegno organico di riforma non solo del sistema pensionistico, ma del lavoro nel suo insieme.

Vignetta di Francesco Natali.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.14) 15 settembre 2011 11:31

    E’ la prima volta che leggo un articolo intelligente sulle pensioni.
    Il problema e’ che di riforma si parla solo per far cassa e non si considerano tutte le implicazioni sia economiche che sociali.
    Garantisco che nelle aziende a 50 anni si e’ obsoleti e a volte nche prima.Le aziende hanno usato spregiudicatamente il sistema dell’incentivo e molti, sperando in uno stato serio hanno accettato il rischio.Condivido pure il concetto che tenere dei vecchietti di 62-65 anni su attivita’ che richiedono una mente sveglia ed elestica non conviene ne alla societa’ ne tanto meno alle aziende, uscire dal lavoro a 56-60 anni significa essere disoccupati, quindi una riforma delle pensioni non calibrata e che non tenga conto delle situazioni reali creerebbe un grosso problema sociale ed economico, non scordiamo che molti giovani che hanno lavori precari sopravvivono grazie alle pensioni dei padri e a volte dei nonni.

    E’ controproducente in termini di accesso al lavoro per i giovani.
    Le aziende cercano di liberarsi dei vecchi perche’ sono piu’ lenti, meno motivati e costano di piu’ se non lo possno piu’ fare anche loro (le aziende) avranno una rimessa.
    Una riforma delle pensioni non puo’ non partire da una profonda revisione delle regole che governano il mercato del lavoro, altrimenti non andranno piu’ in pensione ne i padri ne i figli perche i secondi o non avranno lavoro o lo avranno solo precario, non avranno contributi sufficenti, non ci sara’ nessu che li supporta.
    Con la riforma non si puo’ improvvisare, giustamente l’articolo parla di modifiche profonde che possono iniziare anche da oggi ma che si debbono completre in un arco di tempo che permetta la loro assimilazione senza creare scompensi sociali ed economici, altrimenti e’ un trucchetto per fare cassa.
    MAK

  • Di (---.---.---.48) 15 settembre 2011 11:38

    Condivido i tuoi scenari sulla vita lavorativa dei settantenni sul posto di lavoro. Tra l’altro, la questione non trascurabile degli incentivi all’esodo si applica al settore privato, ma non al pubblico, dove già adesso si patisce l’anzianità delle risorse umane, che vanno diminuendo di numero per mancanza di assunzioni e sono costrette ad accollarsi compiti per cui sono sempre meno qualificati e motivati.
    Devo però osservare che un editoriale di questo genere, su una materia così complessa dal punto di vista tecnico, oltre che etico e giuridico, andrebbe costruito con dati, spiegazioni e dimostrazioni esaurienti a suffragio delle proprie teorie, quelle che altrimenti restano pure opinioni. 
    Penso sia indispensabile costruire ragionamenti fondati su dati e conoscenze solide, in certi campi, se si vuole fare informazione e non politica.

  • Di francesco (---.---.---.12) 15 settembre 2011 13:04

    Per quanto riguarda l’attesa di vita, o speranza di vita, chi scrive ha già documentato, in questo spazio, (chttp://www.agoravox.it/ecrire/?exec...) come non cresca affatto al ritmo che ci vorrebbero far credere, (indicatore su ISTAT - dati mortalità - ) E poi l’attesa di vita da prendere in considerazione non è quella media, ma quella della popolazione lavoratrice che va in pensione, per la maggior parte delle categorie e dei gruppi, inferiore anche di 10 anni rispetto alla media generale. (ricordiamoci che i lavoratori sono 20 milioni, sul totale della popolazione). E comunque visto il grande equilibrio attuale e la redditività del sistema pensionistico (attivi di decine di milardi annuali) il sistema di innalzamento dell’etàdi pensionamento è un puro e semplice strumento di tassazione, a danno delle classi lavoratrici, in quanto gli attivi previdenziali vengono spesi per fini erariali, non per fini previdenziali.
    Per fare cassa a danno dei lavoratori, ovviamente, si trascura il disastro sociale: i pensionati sono elemento di stabilizzazione della famiglia, consentono una migliore crescita dei figli delle mamme lavoratrici, suppliscono a carenze economiche e organizzative dei gruppi familiari, migliorano l’ambiente, mentre i lavoratori anziani al lavoro, sono meno creativi e innovativi dei giovani, nonostante eccezioni ma solo personali e rare, e creano un distrurbo storico sociale all’alternarsi delle generazioni nella riproduzione e crescita, nel lavoro, nelle opportunità economiche. Non conviene a nessuno, insomma, ma si fa, per accidiosa cattiveria delle classi dominanti, che vedono nei conti previdenziali solo una opportunità di rapina.

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.148) 15 settembre 2011 13:36
    Damiano Mazzotti

    Condivido l’opinione di Francesco. e comunque una persona dovrebbe decidere se lasciare prima, a 555, 60 0 62 anni scegliendo di percepire il 5 o 10 per cento in meno di pensione, rispetto al circa 80-90 percento sul totale dei redditi degli ultimi anni (se non mi sbaglio).

    Ogni professione è diversa, le tecnologia e le conoscenze avanzato e le persone in pensione potrebbero lavorare nel volontariato, anche in un regime di rimborso spese per evitare speculazioni.

  • Di fulviob55 (---.---.---.240) 16 settembre 2011 09:58

    "Fatico a credere che un commercialista a 70 anni sia ancora in grado di studiare comprendere ogni novità in materia di tributi.."

     Tenendo conto di quanti sono i professionisti in Parlamento, non vorrei sbagliare ma mi sembra che gli avvocati siano quasi il 40%, ma pendete il dato con le molle, se vogliono restare lì ancora a lungo devono alzare il limite dell’età pensionabile dei cittadini normali per poter poi alzare anche il loro limite. E se un cittadino dice quanto sopra e solo un :comunista! Poveri noi e sopratutto i nostri figli. 
  • Di (---.---.---.26) 4 dicembre 2011 07:21

    Non voglio che i miei figli siano condannati a lavorare, per tutta la vita, per pagare le pensioni esagerate, elargite in tempi "non sospetti" quando la torta era, o sembrava, più grande. Gli sbagli fatti allora siano fatti pagare a chi li ha commessi, perchè vedete, per tutti gli sbagli dello Stato, non paga mai nessuno, o meglio, paghiamo solo noi.

    Oggi si chiede all’Italia un segnale forte di inversione di tendenza, bene, quale segnale più forte di un ricalcolo delle Pensioni Esagerate mai rapportate al periodo di Lavoro Effettivo prestato. Oggi la torta è piccola e lo sappiamo tutti, c’è solo questa da spartire, la "Diligenza del Buon Padre di Famiglia", uno dei "principi fondamentali"dellOrdinamento Giuridico Italiano, che dovrebbe animare il Legislatore prima di ogni altra motivazione, dice che, se in una famiglia c’è meno da mangiare, tutti devono mangiare di meno, anche i Nonni, anzi in una Buona Famiglia i Nonni si tolgono il pane di bocca per far mangiare i Nipoti.

    I provvedimenti che sembra verranno adottati, sono al limite dell’incostituzionalità, perchè dimostrano una perseveranza del Legislatore, nel contrastare l’Art.1 dove si dichiara L’Italia Repubblica fondata sul Lavoro.- Errare è umano, perseverare è diabolico!

    Io, modesto Lavoratore classificato Artigiano, negli ultimi 5 anni, ho assistito alla Diaspora di molte Aziende verso la Nuova Europa; hanno anche usufruito di contributi Europei per spostarsi in paesi come la Romania, e il Presidente della Repubblica circa 2 mesi fa, è andato proprio là per rendere omaggio a cotanti 32.000 benefattori, che oggi danno tanto lavoro a quella nazione. Non so se qualcuno pensa al fatto, che i contributi e le tasse li avrebbero potuti versare in Italia, e invece là pagano pochissimo e portando qui i loro prodotti, nessuno chiede loro un... no!! non si pùò dire Dazio o Tassa...ma un Contributo per il sistema Italia che così non ha più le basi per sostenersi, questo SI ! 

    Perchè fino a quando i nonni andavano in pensione e i nipoti entravano nel mondo del lavoro, il sistema funzionava, ma oggi, dove anche le Ucraine vengono aiutate a sposare i pensionati italiani, per poi riscuotere in Russia la Pensione di reversibilità, si attinge all’INPS anche per aiutare gli extracomunitari con l’assistenza sanitaria, dove tutti vanno aiutati tranne i nostri figli, perchè per loro dobbiamo pensarci noi padri, Basta... fateci veder qualcosa di nuovo ed intelligente, no un + 2% dell’IVA... e poi dovevano essere dei Tecnici!

    Speriamo in Bene! 

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