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Il vero risultato del Pd nelle elezioni regionali

Molti osservatori hanno sostenuto che il Pd, in media, nelle elezioni regionali recentemente tenutesi, ha ottenuto una percentuale di voti pari a circa il 25%, all’incirca uguale a quella conseguita dal Pd di Bersani nelle politiche del 2013 e molto più bassa di quella attribuita al Pd di Renzi alle europee del 2014, quasi il 41%.

Ma in realtà tali osservatori hanno sbagliato e la percentuale di voti in realtà ottenuta dal Pd nelle recenti elezioni regionali è stata considerevolmente superiore.

E le valutazioni che mi appresto a formulare, in gran parte riprese da un articolo pubblicato da Salvatore Vassallo, docente presso l’università di Bologna di Scienze Politiche, non possono essere ritenute simili a quelle che spesso i partiti utilizzano, in modo tale che risulterebbe che nessuno, nelle diverse elezioni, ha perso.

Tutt’altro. Infatti, giustamente, Vassallo rileva che gran parte delle analisi sul voto delle regionali 2015 sono fuorvianti.

Qual è l’errore principale?

“Non considerano la dimensione straordinaria assunta in questa tornata elettorale dal fenomeno delle liste di appoggio sia ai candidati del Pd che ai candidati di Fi e Lega”, sostiene Vassallo.

Aggiunge Vassallo: “Le liste di appoggio, variamente qualificate come ‘liste del presidente’, o con denominazioni ad hoc, hanno raccolto una quota ragguardevole di voti sia nell’area Pd che nell’area di centro destra. Queste liste ad hoc non esistono in occasione delle elezioni europee o politiche nazionali e quindi possiamo presumere che i relativi elettorati rifluiscano in loro assenza verso la ‘casa madre’.

Con una differenza significativa.

Nell’area di centrodestra si è trattato spesso di liste a sostegno di due candidati alla presidenza contrappostiÈ il caso delle liste con denominazioni ‘ad hoc’ a sostegno di Zaia e Tosi in Veneto o a sostegno del candidato fittiano in Puglia.

Nell’area di centrosinistra si tratta sempre di liste presentate a sostegno del candidato Pd”.

E quindi, secondo Vassallo, “il risultato complessivo risulta molto più in linea con le attese misurate dai sondaggi sulle intenzioni di voto verso il Pd e gli altri partiti nazionali, o comunque meno inspiegabilmente distante.

Il Pd non replica il risultato straordinario delle europee. Il governo qualcosa ha pagato per le scelte di rottura compiute negli ultimi mesi. L’area elettorale Pd si assesta intorno al 37%.

Si vede anche che, al netto delle sue divisioni interne, il centrodestra è effettivamente in ripresa sul piano elettorale, tanto che se si unisse tornerebbe ad essere uno sfidante credibile.

Si vede anche che la caduta del Movimento Cinque Stelle continua”.

In pratica le percentuali ottenute dai vari partiti e dalle varie liste sarebbero le seguenti:

Sinistra             2,8

Pd 25,2

Altri Cs            11,9

Centro              3,8

M5s               15,7

Fi+Lega            20,9

Altri Cd             14,3

Destra              4,0

Altri                1,5

Totale             100

Comunque anche se non tutto l’11,9% dei voti delle liste del presidente di centrosinistra fosse attribuito al Pd ma solamente i due terzi, ammesso che questa mia ipotesi sia valida e non quella di Vassallo, il Pd otterrebbe oltre il 33%.

Quindi occorre fare molta attenzione nel derivare dalle elezioni regionali le percentuali da attribuire ai diversi partiti, non tenendo conto delle cosiddette liste del presidente.

E’ una considerazione che mi sembra banale ma che, purtroppo, molti osservatori non hanno fatto.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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