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Il terremoto in Abruzzo nelle cronache giudiziarie di provincia

La vicenda del terremoto in Abruzzo è apparsa anche nelle cronache giudiziarie di una lontana provincia, e precisamente nell’udienza di lunedì 6 aprile presso la Corte d’Appello del Tribunale di Messina nel processo denominato Mare nostrum.

Erano previste le deposizioni del dottor Olindo Canali, sostituto della Procura di Barcellona Pozzo di Gotto, e di un detenuto ristretto nel carcere de L’Aquila collegato in videoconferenza: la prima ha avuto luogo, la seconda è stata rinviata al 15 aprile per il persistere di fenomeni sismici di assestamento in Abruzzo, che terrorizzavano il teste.

Il dottor Olindo Canali, da parte sua, ha confermato la sua paternità di un memoriale, affidato agli inizi del 2006 ad un giornalista di un quotidiano locale, nel quale sono riportate anche alcune perplessità del magistrato sull’andamento del procedimento penale per l’omicidio del giornalista Beppe Alfano di Barcellona Pozzo di Gotto.

Ha anche chiarito le ragioni che lo hanno indotto a scrivere il memoriale, ossia il timore di essere indagato: «Avevo paura che contro di me si trovasse il pentito di turno». Dunque un magistrato appartenente alla Magistratura Inquirente, che non aveva commesso alcunchè (tant’è vero che egli sarà poi scagionato dalle temute accuse) e che aveva paura del sistema giudiziario, che aveva peraltro fedelmente servito.


Occorre aggiungere qualcosa a sostegno della tesi che il vigente sistema giudiziario è da riformare profondamente e con urgenza?

Occorre aggiungere qualcosa all’oggettiva constatazione che non si intravede ancora quando questo paese finirà di essere una “terra di frontiera” della civile convivenza?

E che il potere giudiziario è ben lungi dallo stabilizzarsi secondo un ordine che rispecchi i consolidati valori sociali della nostra Costituzione?

La strada da seguire è una sola, e precisamente quella indicata alle forze politiche dal Presidente del Senato in visita alle zone terremotate: maggioranza ed opposizione devono affrontare le emergenze del Paese (i.e. anche quella del sistema giudiziario) come hanno affrontato quella del terremoto in Abruzzo, ossia senza faziosità ed anteponendo ad ogni cosa il bene collettivo.

E non esiste scorciatoia di sorta. Per favore tacciano i “falsi profeti”, che vorrebbero farcele intravedere.

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