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Il ruolo di Fini

Gianfranco Fini sarà chiamato a porre un ulteriore sigillo alla difesa della legalità, della democrazia e dell’integrità socio-politico-economica dell’Italia.

E’ in arrivo l’ennesimo diluvio (non so stabilirne i tempi certi: genericamente da settembre a seguire) imminente ed immanente, cioè connaturato nella politica del federalismo separatista e di chi lo avalla.

 

Il vero pericolo – al di là degli attuali prevedibili e previsti tentativi di delegittimazione (facenti parte degli usi e dei costumi illiberali e ormai consolidati di signor B e dei suoi famigli: l’infeltrito o il liberto, cui la mattina levano il morso del cavallo per farlo andare a briglie sciolte), degli arrembaggi operati attraverso campagne acquisti – è dato dalla conferma dell’asse BB.

Non è Brigitte Bardot, non è la Banda Bassotti, non è un nuovo Bed & Breakfast.

E’ l’asse Berlusconi-Bossi o Bossi-Berlusconi (non si capisce bene chi manovra chi? A fasi alterne l’uno eterodiretto dall’altro).

Al primo signor B, seguace del regionalismo travestito da federalismo, interessa poter contare su quel bacino elettorale per mero mantenimento del potere e per fratturare – ancora una volta – il Paese.

Temo sarà la dicotomia Nord-Sud, dopo l’uso strumentale della forzatura ideologica (comunismo/anticomunismo, berlusconismo/antiberlusconismo), la nuova divisione da cavalcare.

Al secondo signor B, antesignano del regionalismo nordista in salsa federalista, interessa la sponda berlusconiana, quale grimaldello per scardinare l’Unità Nazionale, secondo un preciso disegno, mai abbandonato, di disgregazione.

E’ innegabile che la Lega non abbia (mai avuto o dimostrato) una visione unitaria del federalismo che, anche nella sua parte propagandistica, si limita a egoistiche banalità/idiozie quali: il Veneto ai veneti, la Lombardia ai lombardi, il Piemonte ai piemontesi, Roma ladrona, Padroni a casa nostra… e fuori gli immigrati (vecchi e nuovi terroni del Sud del mondo) dal Nord.

I recenti e rinati accenti del Bossi di “lotta” (in uno sdoppiamento e un pensiero dissociato, grazie ai quali vorrebbe rendersi estraneo al “governo” di cui è colonna portante) sono un brutto presagio. Niente da ridere.

Ovvio che, l’eterna banalità del potere, riconduce il tutto a puro folklore (sapere del popolo?).

In realtà questo rinnovato impeto, questa violenza verbale e gestuale, questo ripresentarsi e rappresentarsi nel dualismo Stato-AntiStato (formula che il capopopolo adotta per imbonire e gabbare il suo popolo, sempre coinvolto in racconti mitici e leggende, assai distanti

 dalla realtà) malcelano il disegno e il movimento eversivo che si sta materializzando in questi giorni.

La deformazione del consenso, sempre chiamata ad invalidare il rispetto delle regole, della legge e del dettato costituzionale, orientata al ricorso alla piazza, deve acuire la nostra passione per la difesa dell’integrità nazionale e deve far appello a tutti coloro che hanno intuito la posta in gioco e i rischi che corriamo.

Ecco perchè, in nome di questa difesa, che si sostanzia poi nella tutela della legalità, della democrazia e dell’interesse economico collettivo, saremo chiamati a dare altre testimonianze. Saremo tutti chiamati a spiegare ad ogni cittadino (assai migliore dell’informe definizione di popolo) l’inganno berlusconiano e leghista: di un federalismo che sottrae risorse, di un macro-regionalismo ridotto e divenuto magro regionalismo.

Una strenua opera di salvaguardia (anche per rispondere e dar seguito all’appello del Presidente della Repubblica nel suo recente invito a salvaguardare la continuità istituzionale), che possa servire alle persone dotate di buonsenso, di tutto l’arco parlament are, a “ricondurre alla norma” l’Italia: per evitare il tracollo, per rispondere a questa incapacità economica, questa rozzezza politico-intellettuale e fronteggiare l’orda dei nuovi barbari della politica.

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