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Il posto fisso? Una monotonia. La scomoda verità di Mario Monti a Matrix

Il paradosso delle parole di Mario Monti a Matrix “i giovani devono abituarsi all'idea di non avere più il posto fisso a vita. Che monotonia. E' bello cambiare e accettare delle sfide”, non è tanto in quello che ha detto il premier ma nelle reazioni che sicuramente susciterà, e che suscitano argomentazioni di questo genere tra i lavorarori, tra i sindacati e i cosiddetti precari.

Il ragionamento di Monti (e per la verità di tutti i governi di destra e di sinistra che lo hanno preceduto) è: Il lavoro costa troppo allo Stato ed alle imprese. Questo costo ha raggiunto livelli insostenibili che “ingessano” le dinamiche delle assunzioni e dei licenziamenti. Visto che non riusciamo ad estendere la garanzia dell’articolo 18 (il licenziamento è valido se avviene per giusta causa o giustificato motivo) a tutte le tipologie di contratto, aboliamolo per tutte le categorie incluso quelle a tempo indeterminato.

La logica che sta alla base è la seguente: dato che negli ultimi 10-15 anni non si è riusciti a regolarizzare i precari presenti in Italia, rendiamo precaria o meglio “flessibile” la totalità della forza lavoro. In maniera tale che non esistano più lavoratori di seria A (a tempo indeterminato e con ampie tutele) e di serie C (a tempo determinato e con scarsi diritti). Ma solamente lavoratori di serie B e quindi necessariamente di seria A.

Quello che appare un ragionamento ingiusto e regressivo potrebbe essere invece drammaticamente (ma forse necessariamente) democratico. Il paradosso più grande è che contro l’abolizione dell’articolo 18 si sono battuti principalmente i precari che di questa garanzia non godono e prevedibilmente non potranno mai godere. Senza considerare che a detta di tutte le forze politiche (sinistra, destra, tecnici) la parziale abolizione di alcune tutele per i lavoratori di serie A permetterà di dirottare un po' di fondi e di diritti a quei lavoratori di serie C, attualmente fortemente penalizzati.

Quello che adesso appare ingiusto potrebbe domani diventare inevitabile. E’ come se lo Stato avendo ammesso la propria inadeguatezza nel garantire un'uguaglianza di trattamento fra tutti, dovuta anche alla mutata situazione economica rispetto al clima degli anni ’70 che portò allo Statuto dei Lavoratori (in cui l’articolo 18 è contenuto) dicesse: “Alt! Facciamo ripartire tutti i lavoratori dagli stessi blocchi di partenza. Visto che noi e la nostra economia abbiamo fallito nell’intento di gatantire a tutti i diritti che speravamo di poter sostenere, da oggi in poi la spada di Damocle del licenziamento “più facile” non penderà soltanto sui 4 milioni di precari ma indistintamente su tutti i lavoratori”.

Fino a quando la rapidità e l’evoluzione dell’economia, del mercato ed in definititiva delle nostre vite non farà diventare la flessibilità un aspetto fisiologico e “normale” della società mentre l’articolo 18 verrà archiviato come una conquista peculiare agli anni ’70 non più rivendicabile dalla maggioranza delle persone.

E’ un ragionamente forse brutale. Sicuramente difficile da metabolizzare, ma molto sensato. In una società che ha scelto il merito come faro indiscusso, il provvedimento sembra coerente con altre scelte già compiute. In un contesto che chiede più equità la decisione di livellare i diritti (anche se – purtroppo - e speriamo momentaneamente al livello più basso) appare appropriata, non perché si è scelta la logica del “mal comune, mezzo gaudio” ma perché si tenta di redistribuire ad una platea più ampia l’insieme delle tutele che ancora il nostro Stato (e l’economia da cui dipendiamo) può garantire.

E’ questo “il punto di non ritorno” da cui la classe politica ci vuole far ripartire. Partendo dal presupposto che lo statuto dei lavoratori era stato concepito negli anni ’70, ai tempi di una società chiusa, fortemente limitata all’interno dei confini nazionali, l’apertura del nostro modello di sviluppo ad un mercato sempre più competitivo, dominato da partners - concorrenti aguerritissimi (come Cina, India, Brasile solo per citarne alcuni) impone una svolta che incida non soltanto sugli aspetti superficiali e normativi ma anche nei risvolti più “intimi” del lavoro.

Tra qualche anno il posto fisso o meglio ancora, la discrepanza tra chi possiede un posto assicurato a vita ed il precario sarà un ricordo. E’ giusto incominciare a fare i conti con questa realtà. Senza troppe paure, senza troppe ansie. Vale sempre il principio che un’impresa sana, difficilmente si priva di un lavoratore. Qualora lo facesse – perché costretta - sarebbe pronta ad assumere lo stesso collaboratore o uno egualmente valido, una volta superato il momento di ristettezza economica. E’ questa la flessibilità virtuosa. 

Nulla è eterno. Oggi bisogna cedere qualcosa in termini di diritto. Qualora in futuro un’economia di nuovo armonizzata e florida permettesse l’integrazione dell’articolo 18, sicuramente un movimento di lavoratori e di sindacati ne chiederà la reintroduzione. Quella sarà una battaglia sacrosanta come lo è stato negli anni '70 e come appare meno giusta (ed equa) oggi.


Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.36) 2 febbraio 2012 12:05

    Ma com’è possibile allora che nella florida e moderna Germania esiste un articolo simile al nostro articolo 18 ?

    Lì il mercato del lavoro non mi sembra sia così in crisi ... Non ce la raccontano giusta.
  • Di (---.---.---.2) 2 febbraio 2012 15:18

    No, non ce la raccontano affatto giusta. Chiedono di stringere la cinghia ma la loro non la stringono; chiedono di rinunciare ai nostri diritti ma i loro diritti non si toccano; chiedono di abituarci all’idea che il posto fisso è una inutile sciocchezza ma loro sono appena stati nominati senatori A VITA....... A VITA!!! No che non ce la raccontano giusta. Giovani, sveglia!!! Si stanno sgraffignando il VOSTRO FUTURO, e vi vogliono far credere che è per il vostro bene!!!

  • Di (---.---.---.52) 2 febbraio 2012 17:56

    Che sta vgestione dell art !8 sia una castroneria e’ evidentissimo.

    per far ripartire il mercato del lavoro ci vogliono 2 cosr che in germania e francia coi sono gia da tempo:

    1 Abolizione della FOLLE lex Biagi e ritorno alla norma Giugni/treu magari un po rivista.
    (Ricordiamo la biagi ce la hanno venduta come panacea contro la disoccupazione crisi economica ma NON HA FUNZIONATO!!)

    2 lotta senza quartiere al lavoro Nero e caporalato adottando la normativa tedesca o francese , magari addirittura quella inglese!!

    in 6 mesi tutto sara OK

    anche perche in ITALIA il tasso di lavoro nero e’ cosi’ alto che... le percentuali che ci hanno dato sono falsate e sarebbe + logico considerarle piu’ vicine in realta’ a quelle franco tedesche.

    comunque certo che un SENATORE A VITA.... che elogia il lavoro precario...... FA PREOPRIO RIDERE!!

  • Di Nico (---.---.---.6) 2 febbraio 2012 20:10
    Nicola Spinella

    hahahahahah grande il commento qui sopra. anche io ho pensato "POSTO FISSO= MONOTONIA!!!" e allora che mi fanno a fare Senatore a Vita? sai che du coglixxi!!!!


    1) abolizione legge Biagi????? CANCELLAZIONE DI QUALSIASI COSA PORTI IL NOME DELL’ESIMIO GIURISTA ASSASSINATO NEL 2003 (sbaglio data?)
    2) lavoro nero: eh...che brutta piaga. ma se per mettere in regola una persona devi pagare tasse assurde...

    Comunque, gli inciampi continui di monti e compagnia (dallo sfigato di Martone al posto fisso di Monti) sono una manna dal cielo per tutti quelli che si sentirono offesi dalle parole di quell’emerita xxxxx di Mariastella Gelmini, quando disse che i corsi di comunicazione non servivano a niente.

    Forse quando si ha una bocca come la sua, in effetti non ha molto senso farli...
    (interpretazione libera...)

  • Di (---.---.---.254) 2 febbraio 2012 22:43

    E’ PROPRIO VERO UN SENATORE A VITA CHE CONTESTA IL POSTO FISSO...

    condivido sia il punto 1 Folle legge Biagi e il 2...piaga del lavoro nero...

    e sulle supertasse mi faccio una domanda , come mai francia , Germania , svezia e molto nord europa paga un bel po’ di + di tasse sul lavoro rispetto a noi ma hanno salari piu’ alti?
    Inoltre negli USA gli impiegati e Operai hanno una pressione fiscale del 40% non molto lontana della nostra .. e anche qui i dipendenti prendono mediamente ben di + che da noi.

    beh e’ chiaro, perche da noi i PADRONI non vogliono pagare stipendi corretti e vogliono solo sfruttare purtroppo Monti e’ espressione di questa categoria.

    Inoltre Monti , Fornero , martone sono tutti personaggi che hanno fatto le loro fortune grazie a queste regole sociali e di struttura paese ,che ,si, vanno migliorate, ma non ascapito dei soliti se no si va in vero DECLINO.

    e cosi’ sara’....

  • Di (---.---.---.204) 3 febbraio 2012 09:23

    E’ un discorso che fa acqua da tutte le parti perché mancano le premesse. Il precariato è una realtà che può funzionare, con tutti i suoi limiti, in una società in cui l’accesso al lavoro non sia un’utopia. A me può stare anche bene cambiare lavoro, e forse può essere anche stimolante, se il lavoro c’è. Se dopo 6 mesi in un contesto so che sicuramente troverò altro in cui riciclarmi. Così invece è il precariato è solo una spada di Damocle, il salto nel buio dell’inoccupazione, un interrogativo sul futuro che mi costringe ad accettare qualsiasi compromesso pur di lavorare.


    Come al solito noi prendiamo spunto da realtà diverse dalle nostre copiando solo idee frammentarie, mentre invece dovrebbe essere preso in blocco anche il contesto perché esse funzionino. Se vogliamo un mercato del lavoro come in America, allora non basta copiare l’idea del contratto precario, bisogna ricreare le stesse identiche condizioni lì presenti che consentono ad un lavoratore di cambiare mestiere e fare altro, altrimenti è una paraculata per introdurre fragilità contrattuale nel mercato del lavoro.

    Caro Monti, a me annoiarmi non piace e sono dispostissimo a cambiare lavoro ogni mese. Ma questo lavoro dove sta?

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