• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Il governo Monti? La vera risposta democratica alla crisi

Il governo Monti? La vera risposta democratica alla crisi

I quotidiani di centrodestra continuano a trattare il governo Monti come un caso anomalo, un incidente della normale vita “democratica” del paese. Sul Giornale di ieri Marcello Veneziani annotava come la politica sia stata cancellata anche all’interno dei tg, mentre Giuliano Ferrara ribadiva il suo concetto di come la democrazia sia stata sospesa rivelando: “Berlusconi se ne è andato una sera di sabato, senza ancora avere avuto un voto contrario dalle Camere, decisione concordata con il capo dello Stato, l’ex comunista Giorgio Napolitano, un patto tra gentiluomini che prevedeva, giusto o sbagliato, la sospensione del potere elettorale dei cittadini e un programma e uomini di emergenza tirati fuori dal fior fiore dell’ establishment accademico, bancario e burocratico del Paese”. Ma siamo sicuri che come scrive Ferrara, Monti può rappresentare una risposta efficace alla crisi economica ma resta comunque un vulnus per il nostro sistema democratico?

Se riflettiamo sui mesi che sono trascorsi ed hanno segnato la svolta politica in atto, si può giungere a conclusioni diametralmente opposte a quelle del direttore del Foglio. Il governo attuale non è il risultato di un deficit di sistema, che sotto la regia del Presidente della Repubblica ha portato un estraneo a Palazzo Chigi. L’esperienza di Monti rappresenta il punto più alto della democrazia, perché è il frutto di mediazioni ed accordi che investono le due istituzioni più rappresentative che l’Italia dispone, Il parlamento e la presidenza della Repubblica.

Non è vero come dicono dalle parti di Libero e il Giornale che Silvio Berlusconi fu vittima di una congiura di palazzo e che l’attuale presidente del consiglio non avrebbe piena legittimita a governare in quanto non è passato dall’indispensabile battesimo elettorale. Partendo dal presupposto che la nostra repubblica si basa su un regime parlamentare, dove quindi Camera e Senato fanno e disfanno i governi, la crisi di Berlusconi è incominciata quando parte della sua maggioranza (la componente finiana) gli negò il proprio appoggio. Da quel dicembre 2010, Berlusconi pur avendo perso la fiducia della maggioranza degli italiani e di uno dei due rami del parlamento si ostinò a governare portando l’Italia sull’orlo del baratro economico. Nel novembre 2011 constatata l’impossibilità ad andare avanti, anche perché l’alleanza tra Pdl e Lega non permetteva di varare le misure necessarie a superare la crisi, Berlusconi ed il suo partito si arresero a dar corso alla normale procedura che ogni regime parlamentare prevede: la formazione di un nuovo governo, sostenuto dalla maggioranza delle due assemblee elettive. Se ogni paese fosse condannato ad avere per 5 anni lo stesso governo, nonostante l’inefficenza e la scarsezza di risultati ottenuti dall’esecutivo, in virtu’ di un programma elettorale che viene sistematicamente disatteso ed avendo perso gran parte del proprio consenso popolare potremmo parlare ancora di democrazia?

Evidentemente no. Chi rappresenterebbe tale classe dirigente se non se stessa? Per questo il nostro sistema prevede anticorpi e contromisure che si attivano nel momento in cui qualcosa non funzioni propriamente. La moral suasion di Giorgio Napolitano, il nuovo orientamento del parlamento, la totalità delle parti sociali, le pressioni dell’Europa – insieme - hanno concorso a portare Monti a Palazzo Chigi, la cui piena legettimità a governare proviene dal fatto che esso è sostenuto dalla maggioranza dei senatori e dei deputati eletti con il voto del 2008. Forse appare macchinoso ma questo è il funzionamento democratico che la nostra Costituzione prevede. Nulla in 20 anni di seconda repubblica è stato fatto per rendere queste procedure più snelle o efficienti. Il presidenzialismo fittizio che Berlusconi vorrebbe appioppiare agli italiani è più pericoloso di quello che abbiamo ora. Democrazia non significa solo voto, ma anche rispetto scrupoloso di tutte le procedure che regolano la vita pubblica di un paese. Se ad ogni cambio di presidente del consiglio, dovessimo ricorrere alle urne per legittimare il nuovo governo quanto tempo perderemmo rispetto alle altre nazioni? Il corpo elettorale è sempre capace a darsi la migliore classe dirigente per superare i momenti di crisi che ciclicamente il capitalismo prevede?

Mario Monti e il premier greco Lucas Papademos sono i due capi di governo che probabilmente il popolo italiano ed il popolo greco non si sarebbero mai dati con libere elezioni. Ma sono coloro che possono salvare realmente il destino della Grecia, dell’Italia e quindi dell’Europa. Forse è un paradosso, ma è il paradosso che potrebbe salvare le democrazie in Europa. 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares