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Il governicchio Letta

La risultante delle anomalie politiche italiane ha prodotto il parto di un governo deforme. Sopravviverà con i suoi organi così mal distribuiti?

Forma e sostanza sono due vettori che producono una risultante che ne esprime il livello di equilibrio. Se la forma e la sostanza vengono entrambe truccate, il risultato è una anomalia, ovvero l'espressione di una negatività.

Si chiama governo del premier Enrico Letta, nella sostanza però è il governo di Silvio Berlusconi che ne possiede la maggioranza dell'azionariato e che può deciderne le sorti in ogni momento, con la prospettiva di capitalizzarne un credito in chiave elettorale.

Lo sguardo democristianamente compiaciuto di Enrico Letta durante il giuramento di insediamento nelle mani del presidente Giorgio Napolitano, mi è parso del tutto fuori luogo e mi ha dato la misura di come l'animo umano sia incline ai compromessi più infami pur di soddisfare le proprie, più o meno legittime, aspirazioni personali.

Enrico Letta, la cui ambizione traspare da ogni poro della pelle, ha confezionato un capolavoro di architettura politica, ha cioè contemporaneamente fatto fuori il suo ex "capo" Pierluigi Bersani, traviato esso stesso dal suo pressapochismo metaforico, ha convertito il maggior partito della pseudo sinistra in un proto-partito riesumazione della vecchia Democrazia Cristiana, ha momentaneamente stoppato l'arrembante ascesa del super ambizioso Matteo Renzi, che ha le sue stesse radici politiche, e ha "inciuciato" con colui che era considerato dal suo stramazzato partito, ovvero il Pd, e fino a poche battute fa, il nemico pubblico numero uno.

Appena insediato, neanche il tempo di disinnescare il paio di bombe che il cavaliere di Arcore ha già disseminato sul percorso del suo governicchio, che subito è volato a raccogliere il plauso di Angela Merkel e François Hollande, adesso suoi pari internazionali, per poi passare alla questua di Bruxelles dove lo attende una "mission impossible", ovvero rinegoziare il patto di stabilità di bilancio, quel maledetto fiscal compact che è la gabbia di austerità che ci sta economicamente strozzando.

Direte, e allora che c'è di strano? Non è buon esempio di solerte operosità, di fulgido esempio del dovere anteposto al legittimo desiderio di riposare le membra dopo l'affannoso e travagliato compito svolto al servizio della patria?

No, non lo è per una buonissima ragione che si traduce in una regola di base in tutte le attività umane e che consiste nel fatto che prima di parlare ed assumere impegni bisogna assicurarsi di poter mantenere quello che si dice.

Per trattare una revisione del Meccanismo Europeo di Stabilità, compito già di per sé arduo vista la mentalità scarsamente "elastica" dei nostri partner nord europei, certamente Letta dovrà dare delle assicurazioni, quindi assumersi la responsabilità di avere la forza sufficiente per poi mantenere gli impegni presi. Provate ad immaginare che succederebbe a livello internazionale se, a distanza di pochi mesi, se non di settimane o giorni, dovesse avvenire che il "Cavaliere" di Arcore decidesse di staccare la spina al governo, cosa che può fare in ogni momento e che avrebbe anche la convenienza di fare.

Silvio Berlusconi, in qualità di premier effettivo graziato della sua dipartita da Beppe Grillo in quella che sarà ricordata come la madre di tutti gli inciuci, mentre Letta svolazza di capitale in capitale, ha già posto un paio di condizioni preliminari al prosieguo del governo. La prima per bocca del pasdaran Renato Brunetta che si traduce così "...se l'IMU verrà abolita e verrà restituita quella del 2012 il governo Letta esiste, altrimenti non esiste più...".

Questo mentre Letta continua a parlare di sospensione della rata di giugno "per poter fare valutazioni di fattibilità sulla sua eventuale sua rimodulazione...". Rimodulazione?

La seconda condizione è che Silvio Berlusconi avoca a sé il diritto di presiedere la Commissione, normalmente affidata alle opposizioni, che dovrà occuparsi delle riforme istituzionali, che equivale a mettere la volpe nel pollaio. Sullo sfondo il sempiterno macigno della riforma della giustizia che per Silvio è il chiodo fisso imprescindibile della sua azione politica.

Stante le premesse c'è quindi poco da stare allegri e, a meno di virtù taumaturgiche che farebbero pensare ancora più male di questo governicchio, non sembra che Letta abbia molti margini di trattativa, partendo da una posizione di indubbia debolezza essendo a capo del partito che non c'è .

E così l'anomalia formale di un presidente della repubblica rieletto una seconda volta, che ha spinto le proprie attribuzioni là dove mai nessuno si era mai spinto, l'anomalia sostanziale di un partito di "sinistra" che si autodistrugge pur di fare un governo contronatura con quella "destra" che aveva sempre demonizzato fino a due ore prima, l'anomalia sostanziale di un partito "ad personam" come tale è il Pdl, unitamente all'anomalia formale della "democrazia liquida" fondata sul click rappresentata dal M5S di Beppe Grillo, hanno prodotto il parto di un deforme, un prodotto sintesi di tutte le anomalie, ovvero negatività, che a rigor di logica non potrà produrre nulla di buono, ammesso che non muoia prematuramente (che forse sarebbe la cosa migliore).

Rimane quindi soltanto una speranza che ci concede, se non la logica almeno la matematica, ovvero quella che, essendo il totale delle negatività (anomalie) un numero pari, la loro moltiplicazione fornisca un risultato positivo.

In sostanza che si elidano a vicenda perché nessuno è in grado di esprimere una positività.

Ma mi sembra francamente un po' poco per sperare.

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