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Il “crowdsourcing”, ovvero come sfruttare il computer più potente del mondo

La definizione di “crowdsourcing” dell’Oxford Dictionary recita: "obtain (information or input into a particular task or project) by enlisting the services of a number of people, either paid or unpaid, typically via the Internet". Ottenere (informazioni, o contributi su un particolare progetto o compito) servendosi delle competenze di un certo numero di persone, sia pagate che non, tipicamente via Internet.

In queste poche righe è racchiusa la definizione di una delle più promettenti innovazioni nel campo della ricerca scientifica. Sostanzialmente il crowdsourcing prevede di affidare l’elaborazione o la catalogazione di dati scientifici alla comunità online, il famigerato “popolo della rete”.

Inizialmente era stato pensato per sfruttare i PC e i laptop delle persone comuni, che “prestavano” una parte della propria potenza di calcolo, al fine di velocizzare le ricerche. Il primo e più famoso esempio è SETI@home creato all’Università di Berkeley per analizzare i dati provenienti dallo spazio profondo, captati dai radiotelescopi. L’acronimo SETI sta per Search for Extraterrestrial Intelligence (Ricerca di intelligenza artificiale) ed è nato appunto con lo scopo di individuare della vita senziente nello spazio. Anche se questo approccio ha permesso notevoli passi avanti nella ricerca, in particolare astronomica, non è una rivoluzione. E’ pur sempre un algoritmo di calcolo che risolve i problemi, l’utente fornisce solo la piattaforma per far funzionare il sistema.

La vera rivoluzione è avvenuta quando si è passati dallo sfruttamento della potenza di calcolo dei computer all’utilizzo dell’intelligenza e dell’intuito degli internauti. Attraverso vari approcci, basati spesso sulle stesse dinamiche dei videogames, la comunità scientifica ha appaltato ai navigatori della rete la ricerca, la catalogazione, l’identificazione dei più svariati tipi di dati e informazioni.

Ci sono ancora oggi cose che i computer non possono fare, come interpretare immagini complesse; identificare cellule tumorali, catalogare immagini di galassie, riconoscere lettere greche scritte con inchiostri sbiaditi dal tempo. Internet è il modo migliore per inserire tutti questi dati nel più grande super-computer del pianeta, la mente umana.

Attorno a questi progetti, che hanno riscosso un successo davvero incredibile soprattutto per i ricercatori che li avevano proposti, si sono sviluppate delle comunità virtuali attivissime che discutono, si confrontano, entrano in competizione. Problemi che normalmente richiedono anni per essere risolti, possono trovare una soluzione in poche settimane.

Le applicazioni sono tantissime: si passa dalla catalogazione di ossa fossili di dinosauri alla comprensione delle strutture di enzimi e proteine, passando per il canto delle balene e la scoperta di nuovi corpi celesti. Numerosi lavori, pubblicati in importanti riviste scientifiche come Nature, sono stati possibili solo grazie alle milioni di persone che in tutto il mondo impegnano la pausa caffè o la domenica mattina a incasellare geni o torcere eliche di DNA.

Il punto di forza di questo nuovo modo di fare ricerca è sicuramente l’aspetto ludico; si basa sul concetto di GWAP (Game with a purpose) sviluppato da Luis von Ahn della Carnegie Mellon University. Il ricercatore ha pensato di rendere divertenti compiti impossibili ai computer odierni, inserendo delle caratteristiche tipiche dei giochi come la competizione, le classifiche a punti e così via. In questo modo poteva utilizzare i giocatori e le loro intelligenze “umane” per risolvere tali problemi.

Ovviamente ci sono anche le controindicazioni: prima fra tutte la difficoltà intrinseca di individuare un problema che può essere proficuamente affrontato tramite “crowdsourcing” e soprattutto di rendere i dati manipolabili dal vasto pubblico della rete. Questo comunque richiede una conoscenza profonda della materia, delle capacità informatiche non trascurabili e una buona dose di fantasia. Inoltre spesso gli uomini di scienza, qualsiasi essa sia, sono gelosi delle loro scoperte e dei loro dati e sono restii a condividerli con altri accademici, figurarsi renderli pubblici online.

Nonostante questi fattori, il crowdsourcing potrebbe rivelarsi uno degli strumenti di ricerca scientifica più potenti degli ultimi secoli. La casalinga di Voghera del nuovo millennio potrebbe ritrovare la Commedia di Aristotele; l’imberbe studente liceale appassionato di giochi di ruolo online potrebbe individuare la struttura di un vaccino contro l’AIDS; il pensionato appassionato di rebus e cruciverba potrebbe scoprire un'altra galassia, e così via...

FoldIt : questo gioco, simile ad un puzzle in 3D, permette di individuare la forma e la struttura di molecole organiche complesse, come gli enzimi.

Zooniverse qui si catalogano immagini provenienti dallo spazio; a questo portale sono collegati altri progetti come WhaleFm, in cui si devono riconoscere registrazioni di versi delle balene, per capire come comunicano fra loro; oppure Ancient Lives dove bisogna trascrivere papiri greci proveniente da scavi archeologici.

SetiQuest: versione aggiornata dal progetto SETi@home.

The Open Dinosaur Project : qui bisogna riconoscere e catalogare le ossa di diverse specie di dinosauri.

Phylo : in questo accattivante gioco in Flash bisogna incastrare le sequenze genetiche per ricostruire gli alberi filogenetici delle specie viventi.

Phrase Detective: bisogna cercare relazioni grammaticali e sintattiche fra parole e frasi per creare dei database di linguistica.

EteRNA: lo scopo del gioco è ri-arrangiare e creare molecole di RNA con determinate caratteristiche strutturali.

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