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 Home page > Tempo Libero > Musica e Spettacoli > Il crematorio. Vivere o morire?

Il crematorio. Vivere o morire?

Un sottotitolo shakespeariano per lo spettacolo che ieri sera e oggi 22 marzo andrà in scena al teatro Stabile d’Innovazione Galleria Toledo di Napoli.

La rappresentazione, affidata agli studenti dell’Università “L’Orientale” di Napoli, coordinati dalla Prof.ssa Maria Cristina Pisciotta, docente di Letteratura cinese, riguarda l’opera Il crematorio (nella foto una scena), seconda parte della Trilogia della dignità, del commediografo cinese Guo Shixing. Prendendo spunto dai funerali di defunti che non possono riposare in pace perché morti ingiustamente, l’autore critica la società cinese contemporanea, la sua perdita di valori, sottolineando come, anche di fronte alla morte, l’umanità sia indifferente e irrispettosa e la dignità umana costantemente calpestata. Il quesito diventa quindi necessario: Vivere o Morire?

Durante le prove incontro la coordinatrice Maria Cristina Pisciotta e il regista Lorenzo Montanini.

Alessandra Lacavalla: Com’è nata l’idea del laboratorio di sperimentazione teatrale?

M.C.P.: Questo laboratorio, unico nel suo genere in tutta Italia, nasce nell’ambito del corso sul teatro cinese dell’Università “L’Orientale”. Ci occupiamo in particolare del teatro sperimentale, influenzato dall’Occidente e quindi più comprensibile e adattabile ad un pubblico di cultura diversa.

A.L.: Quali sono i criteri di scelta del testo e come si colloca il laboratorio all’interno del suo insegnamento didattico?

M.C.P.: La scelta del testo dipende soprattutto dagli elementi di confronto con la realtà occidentale. Ogni anno i partecipanti al laboratorio, prevalentemente donne, aumenta, portandoci a scartare le opere con un numero ridotto di personaggi. Oltre al lavoro di traduzione del testo, cerchiamo di rendere viva la lingua, passando dall’aspetto letterario a quello prettamente pratico e attivo.

A.L.: Come rispondono i ragazzi a questo tipo di approccio didattico?

M.C.P.: Tradotto il testo, gli studenti hanno la possibilità di farne la critica ed esporre le loro idee in un ambito esterno e libero rispetto all’istituzione universitaria, creando così aggregazione sociale e collaborazione.

A.L.: Lei crede quindi che il laboratorio sia essenziale per la formazione degli studenti?

M.C.P.: Molti studenti timidi che non si esprimevano a lezione sono emersi, quasi trasformati. Interpretando un ruolo riescono ad essere anche “altro” e ad esprimere ciò che di solito rivelano con molte difficoltà.

A.L.: Prevede un ampliamento del progetto?

M.C.P.:. Si è raccolto un materiale prezioso mai tradotto in nessun’altra lingua grazie ad alcuni ragazzi che, dopo aver partecipato al laboratorio, hanno sviluppato varie tesi sulla traduzione dei testi. Abbiamo presentato un progetto per la pubblicazione di due antologie di questi testi. Il patrimonio del laboratorio fornirà così una documentazione scientifica fruibile da tutti.

A.L.: Qual è l’atteggiamento dell’università riguardo questa sperimentazione?

M.C.P.: L’Università ha accolto positivamente l’esperimento ma diventa essenziale la comunicazione con le comunità cinesi per reperire altri fondi poiché l’università, nonostante il contributo economico, non possiede risorse sufficienti e spesso finanzia sperimentazioni di tipo più tradizionale. Per fortuna il rettore attuale, la Prof.ssa Lida Viganoni, appoggia questo nostro lavoro di ricerca.

A.L.: Lorenzo Montanini, da anni ormai dirige questo laboratorio. Quali sono le difficoltà per una sperimentazione di questo tipo nelle università italiane?

L.M.: Spesso si pensa che l’intrattenimento non possa essere unito all’istruzione, quando invece le due cose sono assolutamente legate, soprattutto nelle facoltà umanistiche. Il nostro approccio all’opera infatti è ampio poiché in scena spesso i ragazzi cantano, suonano, ballano. Si tratta quindi di un lavoro artistico totale.

A.L.: Come si sviluppa il lavoro di adattamento del testo cinese?

L.M.: Si tratta di un lavoro di ricerca degli elementi comuni cercando però di evidenziare anche le differenze tra la cultura cinese e quella occidentale. La sfida sta proprio nel tentativo di comunicare dei concetti che per noi occidentali spesso risultano incomprensibili.

A.L.: Qual è la difficoltà principale di questo adattamento?

L.M.: La difficoltà sta nel concedersi una certa libertà rispetto al testo pur mantenendo l’intenzione originaria dell’autore e una coerenza di fondo.

A.L.: Ci parli di Chu Ci e del Detective che la insegue.

L.M.: Spesso nei testi cinesi tragedia e commedia convivono. La maga Chu Ci e il Detective rappresentano esattamente queste due tensioni opposte: Chu Ci incarna tutto ciò che è illusorio, irreale e inesistente. E’ vaghezza, perdita del dettaglio. Al contrario, il Detective è indagine pura sul reale. I due personaggi non s’incontrano mai se non nel finale in cui il Detective fallisce nel suo intento poiché Chu Ci è un personaggio così indefinito che diventa impossibile acciuffarlo.

A.L.: Come viene riportata questa opposizione nella messa in scena?

L.M.: Su richiesta esplicita dell’autore, in scena coesistono elementi teatrali di finzione con quelli del reale. Con i camerini in scena, il processo di trasformazione non viene tenuto segreto. Il pubblico assiste alla preparazione degli attori. Manca forse l’elemento di sorpresa, ma la finzione teatrale è così potente da lasciare lo spettatore nell’attesa impaziente di ciò che seguirà.

A.L.: Anche gli effetti sonori e i cambiamenti di scenografia sono riprodotti a vista.

L.M.: Reale e fantastico vengono presentati a momenti alterni in scena e su due piani diversi. Gli oggetti appesi sulle teste dei personaggi rappresentano il peso della realtà. Quando il dialogo affronta problemi reali, tutti gli elementi sulle loro teste vengono giù. Quando si scivola nella dimensione fantastica e grottesca invece, tutto torna su. I problemi incombono sulle loro teste ma i personaggi sono liberi di muoversi.

A.L.: I quattro morti che non riposano in pace sono una morta di AIDS, una cieca, un calciatore fallito e una escort. La scelta del testo, data la realtà italiana attuale, non sembra casuale.

L.M.: La scena finale del funerale della escort è chiaramente qualcosa di fantastico, di irreale e improbabile. Eppure è tutto così incredibilmente vicino alla nostra realtà, che negli occhi e nella testa di un pubblico italiano i due elementi si fondono.

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