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Il “capro espiatorio” del terremoto abruzzese

Nota dell’agenzia ANSA: Il Gup del Tribunale dell'Aquila, Giuseppe Romano Gargarella, dopo un'ora di camera di consiglio, ha rinviato a giudizio i sette componenti della commissione Grandi Rischi con l'accusa di omicidio colposo plurimo e lesioni in riferimento al terremoto avvenuto all'Aquila il 6 aprile 2009.

Il vostro cronista premette di avere una laurea in ingegneria civile con specializzazione strutture e questo gli consente di parlare con una certa cognizione di causa in generale del sapere scientifico contemporaneo ed in particolare della possibilità per l’uomo di porre un rimedio alle forze della tettonica terrestre.

Sul sapere scientifico per l’epistemologia contemporanea, è bene dircelo, «la scienza è una doxa, un sapere cioè le cui teorie non sono sistemi di proposizioni vere, ma sistemi di ipotesi, un sapere quindi non certo e definitivo, ma congetturale e fallibile» (Luigi Lentini). Dopo un percorso durato più di duemila anni e cominciato con i sofisti dell’antichità greca, l’uomo ha ormai rinunziato ad ogni pretesa di verità per ottenere la potenza sulle cose. Gli ultimi colpi inflitti dal pensiero contemporaneo alle scienze cosiddette esatte riguardano la geometria (con l’introduzione dei sistemi non euclidei) e l’aritmetica (con il sistema logico fregiano e la scoperta delle sue antinomie ad opera di Russell). Ormai, di assolutamente vero, non ci è rimasto più nulla. Da questo dovrebbe derivare un certo atteggiamento umile dell’uomo dinanzi alle possibilità del suo pensiero.

Passando, poi, alle possibilità umane di controllo delle forze della tettonica a placche del pianeta Terra, da cui peraltro dipende la stessa possibilità di vita su di esso perché genera il protettivo scudo del campo magnetico terrestre, ebbene è pura follia pensare che l’uomo possa prevedere e guidare vulcani, terremoti, maremoti e così via. Anche in questo una antinomia del reale: quello che consente la vita, contemporaneamente la toglie, e l’uomo può solamente cercare di porre rimedi mai assoluti. L’esempio dello tsunami giapponese e delle sue conseguenze sull’altamente tecnologica società nipponica e sulla sua centrale nucleare di Fukushima ne sono la prova provata. Per affrontare oceani e mareggiate, tornado ed uragani, vulcani e terremoti, eruzioni e maremoti, l’uomo deve per prima cosa fare un bagno di umiltà.

Deve anche evitare di trovare conforto in palliativi mentali, quali i cosiddetti capri espiatori, cui imputare quello che, invece, è tutto nei suoi limiti. Perché è meglio affrontare i problemi facendo conto con realismo sulle proprie concrete possibilità, che peraltro esistono e non sono di poco conto.

Non sta né in cielo né in terra perseguire la Commissione Grandi Rischi per aver fatto quello che era il suo dovere sulla scorta delle conoscenze della tettonica terrestre, ossia assicurare che nessun evento sismico poteva essere previsto: e questo non voleva affatto dire che gli abruzzesi non dovevano sempre e comunque essere preparati al meglio in vista di eventi sismici statisticamente prevedibili.

Questo rinvio a giudizio è piena demagogia, dannosa perché distrae dalle iniziative utili per contrastare i terremoti, tutte di tipo preventivo. Occorre costruire edifici nuovi antisismici (ed il fatto che lo siano non è assolutamente certezza di una loro stabilità dinanzi a qualsiasi sisma li colpisca !), mentre per gli edifici esistenti dovrebbe essere resa obbligatoria una sorta di attività di cautela comparativa, avente come obiettivo il possibile miglioramento delle caratteristiche di resistenza al sisma in funzione della singola struttura e delle sue condizioni al contorno (sarebbe ben difficile pensare di rendere anti-sismico il colosseo con ferro e calcestruzzo!).

Dunque norme ben strutturate (come quelle che già abbiamo e che vanno benissimo per il nuovo, molto meno per l’esistente) e assoluto rigore nel loro rispetto (su questo siamo relativamente attrezzati e vi è grande differenza di comportamenti fra Uffici del Genio Civile di zone già colpite da terremoti recenti e quelli di zone colpite da terremoti lontani del tempo e nel ricordo dell’uomo).

Su questo si può e si deve agire utilmente, e non rinviando a giudizio a sproposito soggetti che hanno agito nel pieno rispetto delle conoscenze scientifiche sui terremoti.

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