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Il cammino di Hollande non inizia in discesa

Hollande ha vinto le elezioni presidenziali, ma i sondaggi mostrano che ciò potrebbe non essere sufficiente a garantirgli il totale consenso dei francesi. Per lui il lavoro duro inizia adesso.

Secondo un sondaggio effettuato durante le operazioni di voto (quindi prima di conoscerne l'esito) e pubblicato sul quotidiano francese "20 minutes", il secondo turno delle elezioni presidenziali ha evidenziato luci e ombre per Hollande. La vittoria del socialista contro Sarkozy sembra infatti figlia dei cattivi rapporti tra il partito del presidente uscente e il FN di Marine Le Pen, piuttosto che di una maggiore capacità di attrarre gli elettori da parte del nuovo capo dello Stato.

Il sondaggio mostra infatti che l'8% di coloro che al primo turno avevano votato Hollande non hanno ripetuto la loro scelta al secondo turno, contro il 2% del rivale, cioè tra la prima e la seconda votazione molti dei suoi elettori ci hanno ripensato o non sono stati più così convinti. Il supporto maggiore alla vittoria del socialista l'ha data la forza di estrema sinistra di Mélenchon, che, dichiarandosi apertamente a favore del futuro presidente, gli ha garantito il 76% dei suoi voti.

In favore di Sarkozy invece hanno votato gli astenuti del precedente turno (18% contro il 12% dell'avversario), e anche i centristi di Bayrou (41% contro il 26%), sebbene egli abbia apertamente dichiarato di votare Hollande.

La differenza l'ha fatta Marine Le Pen: i suoi elettori hanno votato principalmente per Sarkozy, ma in molti (35%) hanno seguito il suo esempio di astenersi, e sono proprio quelli i voti mancati che hanno fatto pendere la bilancia verso il socialista.

L'analisi di questi dati mostra come tra il primo e il secondo turno Sarkozy sia stato più convincente di Hollande, anche di fronte all'ostilità degli altri candidati sconfitti. Soprattutto dimostra che la sinistra francese non detiene al momento la maggioranza nel paese.

Per non creare confusione, è opportuno ricordare che in Francia le elezioni presidenziali servono per eleggere il presidente, che a sua volta nomina il governo. Per il Parlamento ci sono però le elezioni legislative di giugno, e non è impossibile pensare che esso possa essere di colore diverso dal governo.

Già dal suo insediamento ufficiale della prossima settimana, Hollande si troverà di fronte al problema delle alleanze; quella con la sinistra estrema sembra scontata e inevitabile, ma bisognerà convincere anche il centro moderato-democratico. Questo in soldoni significa che dovrà dare qualche ruolo di governo a entrambi, pena l'ostilità del prossimo Parlamento. Basterà? Dipende da quanto il partito di Sarkozy saprà metabolizzare la sconfitta e l'uscita di scena del leader e da quanto Marine Le Pen saprà ancora fare presa sull'elettorato scontento. La battaglia si preannuncia molto tattica.

Nel frattempo, un altro sondaggio corre in aiuto al neo-presidente: la maggioranza dei francesi, da destra a sinistra, vorrebbe che il presidente disponesse di una maggioranza in Parlamento. E' un buon punto di partenza, sta al socialista non disperdere queste buone proposizioni dei suoi connazionali, che sembrano prediligere la stabilità di governo piuttosto che l'ideologia.

I punti caldi su cui i francesi gli domandano di lavorare con priorità sono la riduzione della spesa pubblica (28%), la riduzione della disoccupazione (24%), l'aumento del potere d'acquisto (22%) e la gestione dei flussi migratori (15%). Il primo e il quarto di questi punti erano i cavalli di battaglia di Sarkozy in campagna elettorale, e Hollande dovrà giocoforza appropriarsene se vorrà mantenere i consensi.

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