• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Una promessa elettorale in cambio del tuo voto

Una promessa elettorale in cambio del tuo voto

Promettere l’impossibile per vincere le elezioni. Gli italiani sono a un bivio: abbracciare le illusioni o affrontare la realtà?

Durante ogni campagna elettorale, e probabilmente già ben prima che molti di noi nascessero, si assiste alla fiera delle promesse, degli impegni, dei contratti con gli italiani, dei proclami. Molte di queste promesse sono talmente plateali e evidentemente irrealizzabili, che viene da sorridere domandandosi: “Ma davvero qualcuno abboccherebbe?”.

Poi, puntualmente, a scrutinio terminato c’è la sorpresa: non solo qualcuno, ma milioni di persone sono abboccate.

Cos’è una promessa? Sono parole, sorrisi e rassicurazioni, belle speranze e illusioni. Una promessa politica è un impegno scritto sulla sabbia, qualcosa la cui non realizzazione non è mai dimostrabile, di lei si può dire tutto e il contrario di tutto. Mentre tra due persone mantenere una promessa è una questione di onore e lealtà, in politica non è così, non può essere così, laddove onore e realtà sono virtù piazzate molto in basso nella classifica dei valori.

La promessa politica nasconde uno scambio di favori molto sbilanciato: l’elettore ci mette un voto, qualcosa di tangibile, il candidato ci mette qualche parolina dolce, niente più. Il politico che ha fatto la promessa incassa il voto, e l’elettore...

Allora: perché accontentarsi di promesse per elargire un voto? Non si potrebbe pretendere qualcosa di più concreto, di più serio? Sì, si può, si deve, ma dipende solo da noi elettori: quando impareremo a tapparci le orecchie davanti alle promesse e ad ascoltare piuttosto le proposte concrete, saremo noi a imporre che la campagna elettorale sia fatta da idee piuttosto che da fumo.

Chi governa deve:

  1. cercare di risolvere i problemi (o, se non è possibile, limitarli, ridurli)
  2. cercare di migliorare le cose (o, se la situazione non lo permette, limitare quanto più possibile il peggioramento)

Per fare questo, deve dire in maniera chiara ed esplicita come intende fare. Ecco, siamo arrivati al punto: non basta la promessa che le cose andranno meglio, ma bisogna che si dica come si intende agire per farle andare meglio. In soldoni: un programma elettorale completo, non ambiguo, comprensibile e, soprattutto, realistico.

Se si va sui siti dei vari partiti o movimenti politici, quasi tutti (ma non tutti) hanno un programma elettorale più o meno valido, ma la discussione si incentra spesso su altro. Il programma elettorale è qualcosa di dettagliato, profondo, tecnico, impone riflessione, perché ogni azione ha delle conseguenze e per valutare una proposta bisogna analizzarne mille sfaccettature. Bisogna essere esperti di economia, finanza, politica per poter valutare al meglio il singolo punto di un programma, e spesso neanche i più grandi economisti hanno certezze. Ci si può però fare un’opinione, capire se l’obiettivo è giusto, se la strada punta più o meno in quella direzione, ma queste valutazioni costano fatica, perché bisogna soffermarsi e ragionare.

L’era della televisione e dell’informazione globale ha avuto il gran pregio di estendere a tutti la conoscenza, ma anche il gran difetto di servire minestre già pronte, notizie confezionate, superficiali, facili da capire senza sforzo. L’effetto è sotto gli occhi: molte, tantissime, troppe persone si fermano sulla superficie del problema, perché fa fatica andare più in dettaglio, e questo fa il facile gioco degli imbonitori capaci di promettere qualsiasi cosa, perché la promessa è immediata, facile da capire, colpisce al cuore, dà speranza, ma purtroppo è anche terribilmente superficiale e illusoria.

La conclusione a cui si arriva è che spesso siamo prede delle voci più suadenti, della realtà più seduttiva. Se vogliamo uscirne vivi, dobbiamo tornare a imparare quello che i nostri padri e i nostri nonni sapevano fin dal primo giorno di vita: per ottenere dei risultati serve fatica e impegno. Questo è applicabile a tutto: per ottenere l’informazione serve fatica e impegno; bisogna cercarla, valutarla, confrontarla con altre, entrare in profondità e ragionarci sopra. La notizia facile e immediata è finta realtà, nasconde qualcosa, come una promessa.

Dobbiamo essere tutti consapevoli che costerà fatica e impegno anche risollevarsi da questa situazione economica disastrata. Sono decenni che si fa carne di porco dell’economia italiana, che si succhia la linfa vitale di questa nazione, che si sottraggono risorse faticosamente conquistate dal duro lavoro di tanti, a favore dei soliti pochi volponi. In una situazione così desolante, frutto di tanti anni di pessima gestione, pensiamo forse di risolvere tutto con una legge fatta bene, una riforma del lavoro, un accordo con un altro Stato, una tassa spostata da una parte all’altra? È davvero così facile cancellare decenni di macchie con un solo colpo di spugna? Solo un novello mago Merlino con la sua bacchetta magica potrebbe provare a sistemare tutti i problemi soltanto con poche azzeccate leggi. Non è così che funziona nel mondo reale, e chi dice il contrario mente sapendo di mentire.

Per combattere la disoccupazione, ad esempio, bisogna che gli amministratori si battano per ogni singolo posto di lavoro, definendo con i piccoli e medi imprenditori le strategie e le forme di finanziamento necessarie; non possiamo accettare l’illusione che con una riforma diamo lavoro a un milione di persone, quando i soldi da investire non ci sono. Un milione di posti di lavoro si ottiene strappandone uno alla volta dalle braccia della disoccupazione, e con un’azione metodica che sommi 1+1+1+1+... fino ad arrivare al milione, e poi proseguire oltre. Stesso discorso vale per ogni singolo problema, dalla corruzione al degrado e così via: la soluzione a tutto ciò si ottiene sommando piccoli successi ottenuti con fatica, impegnandosi e non abbassando mai la guardia.

Il 24 e 25 febbraio saremo chiamati a fare una scelta: possiamo optare per la promessa più suadente e vivere di illusioni, oppure rinunciare a esprimerci e lasciare l’onere agli altri, oppure votare per le persone che sembrano più disposte a impegnarsi, che propongono idee concrete e realistiche e che chiedono a noi stessi impegno per realizzarle. Sta a ciascuno scegliere la strada che ritiene migliore.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.180) 7 febbraio 2013 09:30

    Egregio dott. Agomeri condivido in tutto e per tutto il Vostro articolo ma la, triste, sensazione è che voi stiate predicando nel buio. Una frase ricorrente che sentivo, sento oggi e continuerò a sentire in futuro è: L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro degli altri. Bene prima questa frase mi faceva sorridere ma oggi, che sono cresciuto, mi riempie di tristezza. Sapere che ci sono persone che ancora sorridono ed applaudono a colui che si autoproclama irresistibile mi fa temere sempre di più che il nostro, povero, popolo non abbia alcuna voglia di impegnarsi e di faticare ma preferisce sperare nei miracoli delle televendite ...

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares