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Il boom del lavoro accessorio

Sono stati diffusi in questi giorni dall'Inps i dati relativi ai contratti di lavoro registrati nei primi otto mesi del 2015. I Contratti a tempo indeterminato nel settore privato sono stati 1 milione e 164 mila. Quasi 300 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2014. Un risultato molto buono ottenuto grazie alla ripresa economica ed agli sgravi contributivi previsti dalla legge di stabilità 2014 per le assunzioni a tempo indeterminato. L'Inps ha comunicato di avere praticamente esaurito i fondi previsti per le agevolazioni. Il Governo ha annunciato per i prossimi anni la progressiva riduzione degli incentivi con un dimezzamento già nel 2016.

Sono forse sfuggiti, in questi giorni, altri dati pubblicati dall'Inps relativi al lavoro accessorio cioè retribuito con i voucher o buoni lavoro. Nel 2014 il numero dei lavoratori retribuiti con i buoni ha superato il milione, per la precisione 1.016.703.

Il lavoro accessorio, è stato introdotto in via sperimentale nel 2008. Inizialmente limitato ad alcune tipologie di attività (manutenzione del verde, baby sitting,ripetizioni scolastiche ecc.) e categorie di persone (Studenti e pensionati in primis) fu pensato come strumento per fare emergere alcune sacche di lavoro nero, garantendo ai lavoratori l'assicurazione sugli infortuni ed un minimo versamento previdenziale. Il lavoro accessorio è stato subito un successo tra le imprese. Nel corso degli anni il legislatore è intervenuto in diverse occasioni con un progressivo ampliamento dei settori e delle tipologie di prestatori ammessi. Le principali riforme sono state quelle del 2012 (Legge Fornero) e del giugno 2015 (D.lgs n. 81) che hanno pressochè liberalizzato il lavoro accessorio, oggi utilizzabile in tutti i settori produttivi (Con alcune limitazioni in agricoltura), e che può essere svolto da studenti, pensionati, lavoratori dipendenti pubblici e privati, percettori di integrazioni al reddito o altri sussidi.

Il risultato di questo percorso è strabiliante: dal 2008 ad oggi sono stati venduti oltre 212 milioni di voucher. La vendita dei voucher è cresciuta all'incredibile tasso del 70% nel periodo che va dal 2012 al 2014 e addirittura del 75% nel primo semestre 2015 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Risultati decisamente al di sopra delle previsioni, anche ministeriali.

Come interpretare questi dati? Si tratta di un fenomeno positivo o il segno più evidente del grado estremo di precarietà del lavoro raggiunto in questi anni di crisi? Difficile dare una risposta: se si tratta di lavoro nero emerso il risultato è decisamente confortante. Altri però fanno notare che in realtà l'utilizzo dei voucher ha semplicemente sostituito altre tipologie contrattuali, togliendo coperture previdenziali e diritti ai lavoratori. In effetti i dati ci dicono che la maggior parte dei voucher sono stati venduti nelle aree del paese più sviluppate: il nord est con 82 milioni di voucher venduti (38,7%) di cui 29,9 milioni in Veneto, la Lombardia, che da sola ne ha assorbiti 37,5 milioni e quindi l'Emilia Romagna con 26,3 milioni. Nelle regioni del Centro sud l'incidenza sul lavoro nero è stato evidentemente più limitato.

Per quanto riguarda i settori di attività il commercio è quello dove si regista il maggior numero di acquisti dei voucher (18%) seguito dai servizi (13,7%) e dal turismo (13%).  

 

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