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Il Piano Carceri : bocciato

Il Piano Carceri : bocciato

Il Comitato di Sorveglianza ha approvato il Piano Carceri predisposto dal commissario straordinario dottor Franco Ionta. Esso prevede, con una spesa di 661 milioni di Euro:
 
a) La costruzione di undici nuove carceri da 450 posti cadauna;
b) La costruzione in strutture carcerarie esistenti di 20 padiglioni da 250 posti cadauno.

La bocciatura del Piano è immediata per manifesta insufficienza.
 
In primis la previsione numerica di nuovi posti è contenuta in limiti ridotti. Infatti nelle carceri italiane, oggi, a fronte di una capienza regolamentare di 44.218 posti, sono presenti 66.905 detenuti; i nuovi interventi preventivano 10.000 nuovi posti; dunque mancano ancora 12.687 posti, se la matematica non è un’opinione.
 
Inoltre i tempi. L’inaccettabile affollamento delle nostre strutture carcerarie dovrebbe proseguire inalterato nel tempo sino a che non saranno utilizzabili le nuove strutture. Non in possesso di previsioni sui tempi necessari per gli interventi contenuti dal Piano, si può pensare che il tempo medio necessario per quelli di tipo “a” (nuove carceri) sia di almeno un anno maggiore rispetto a quelli di tipo “b” (nuovi padiglioni in carceri già esistenti), e ciò sia per il problema degli espropri sia per quello degli allacci alle reti civiche sia per la mobilitazione delle imprese e la realizzazione dei cantieri. A questo vanno aggiunti i tempi eguali per entrambe le tipologie, ossia quelli per la progettazione, quelli per l’affidamento dei lavori e quelli per la loro esecuzione fino al collaudo. E nel frattempo? Lasciamo i detenuti liberi di suicidarsi?
 
Insomma, il Piano è insufficiente e richiede sostanziose misure integrative.
 
Per il primo punto (quello dell’insufficienza numerica dei posti previsti), l’unica via ragionevolmente perseguibile è quella dell’adozione di misure alternative alla carcerazione nei casi autorizzati dalla magistratura. Ad esempio i cosiddetti “collari elettronici”. Questo tipo di misura potrebbe essere strutturale, ossia potrebbe sostituire anche in appresso e correntemente la reclusione nei casi autorizzati dalla magistratura, massimamente se accompagnata da una attività retribuita svolta dal condannato nei servizi sociali o comunque di pubblica utilità.
 
Per il secondo punto (quello dei tempi necessari per la messa in esercizio delle nuove strutture) l’unica via ragionevolmente perseguibile è quella di una postergazione della pena, sempre nei casi autorizzati dalla magistratura. In sostanza, se sono necessari ad esempio tre anni per gli interventi di tipo “a”, nelle more i detenuti accedenti siano rilasciati con obbligo di firma presso gli uffici delle forze dell’ordine e con la prospettiva di scontare la pena trascorsi i tre anni, magari in misura ridotta per tenere conto del disagio suppletivo da loro sopportato per i tempi necessari all’adeguamento delle strutture carcerarie attuali.
 
Con queste integrazioni, il Piano Carceri supererebbe l’esame.

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