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Il Pdl e la politica dell’auto-ribaltone

Dopo aver inveito per anni contro ogni prospettiva di governo tecnico e contro ogni esecutivo di espressione non direttamente riconducibile al risultato elettorale, Silvio Berlusconi ed il suo partito si ritrovano a sostenete “obtorto collo” il più tecnico dei governi, quello di Mario Monti.

I casi sono due. O non erano giuste le valutazioni del partito del Cavaliere sull’efficacia delle maggioranze variabili pronte a sorgere in Parlamento nei momenti di emergenza. Oppure è sbagliata la posizione espressa venerdì scorso, a Montecitorio dal segretario del Pdl Angelino Alfano che ha avallato ufficialmente il sostegno al governo del professore. Altre opzioni sono difficilmente percorribili.

Questa contraddizione, e la discrepanza tra ciò che si è sempre detto e ciò che realmente si è fatto, sta gravando sul Pdl.

Come fa infatti un partito che rileva nel voto l’unica legittimazione per governare, sostenere adesso un governo composto da personalità che con campagne elettorali, programmi pre-voto ed urne non si sono mai cimentati?

Da qui nascono, i dubbi, i tentennamenti, le insofferenze del Padre Nobile (Silvio Berlusconi) del neo segretario (Angelino Alfano) della classe dirigente (Cicchitto, Quagliariello, La Russa, Meloni, etc...) del secondo partito italiano (il Pd). 

Costretti a sostenente l’attuale governo per non andare ad elezioni anticipate, si ritrovano ad essere parte di una maggioranza in cui non si riconoscono, frutto di quelle che un tempo sarebbero state definite “alchimie di palazzo”. Così sorgono i paletti, le recriminazioni, i divieti, i vincoli che quotidianamente il partito di via dell’umiltà mette all’esecutivo appena varato.

Così coesistono il sì aperto a Monti ma allo stesso tempo anche il no a molti punti del suo programma che si profila giorno dopo giorno. No alla patrimoniale, no alla reintroduzione dell’ Ici, no a provvedimenti che riformino massicciamente la previdenza ed il fisco. No alla riforma della legge elettorale. No ai sottosegretari politici. E allora perché gli si è accordata la fiducia in Parlamento?

Il Popolo della Libertà in questo momento vive una crisi di identità mai vista prima. Silvio Berlusconi pur di avere un attimo di tregua e per calmare i mercati che stavano falcidiando anche le sue aziende ha dovuto ricredersi sulle convinzioni che lo avevano animato sin dalla sua discesa in campo. Avallando un governo che non sente più di tanto suo. Questo sta provocando degli scompensi sia al centro sia nella periferia del partito.

E’ difficile nel 2011 ripensare, rapidamente, la propria strategia politica dopo che dal 1994 si è detto l’esatto contrario.

Una cosa è chiara: la convenienza del momento ha demolito le convinzioni e i principi sostenuti fino a pochi mesi fa da un’intera classe dirigente. La politica del auto-ribaltone ha preso inizio.

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