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Il Pd e le primarie di Genova: l’identità degli strateghi o quella della base?

Parliamo del Partito Democratico e dell'ennesima sconfitta alle primarie del centrosinistra. 

E' noto, infatti, che a Genova sono state vinte da Marco Doria, candidato indipendente sostenuto da Sel. Marta Vincenzi e Roberta Pinotti, entrambe candidate dal Pd, si sono dovute accontentare delle briciole.

Pierluigi Bersani ha così commentato l'esito delle votazioni: "Le primarie hanno una loro logica. Quando si accetta che alla gara partecipino più candidati del Pd, poi se ne devono accettare gli esiti". Peccato che sia lui il segretario e che, dunque, le due candidature PD siano state avallate e discusse, evidentemente con la convinzione di fare la più classica delle "furbate".

Lorenzo Basso, segretario regionale del PD, è arrivato a dimettersi dal suo mandato: "È necessario - ha scritto - che ognuno faccia la sua parte. Per questo ho deciso, anche se non mi è stato richiesto, di rimettere il mio mandato alla Direzione regionale". Poi ha aggiunto: "Da tempo i cittadini chiedono un nuovo modo di fare politica. Doria ha dimostrato di essere, per il suo stile - fatto di serietà e competenza - un esempio di sobrietà che, in un momento così difficile e pieno di incertezze, i cittadini apprezzano e che, anche a livello nazionale, gli italiani stanno finalmente riscoprendo. Siamo certi che Doria saprà dare ulteriore prova di questa serietà e indipendenza, mettendosi a disposizione per costruire un programma condiviso insieme al PD e alle altre forze che lo sostengono". Strano che dello stile di Doria, e delle richieste dei cittadini, si siano accorti solo adesso.

Marta Vincenzi, in un impeto di rabbia (durato, a dire il vero, una giornata intera) ha invece avuto per il suo avversario parole meno concilianti. Su Twitter dapprima ha scritto: "Il rischio di una città che muore e non vuole riconoscerlo è li'", poi ha rinforzato la dose: "Nel voto a Doria come voto anticasta. Nel tutti uguali. Viva i predicatori. Nel non riconoscere l'onesta fatica del riformismo vero".

 

 

Si decidano: questo benedetto Doria è un simbolo dell'anticasta - addirittura un pericolo per la città - oppure il nuovo che avanza, grazie a stile e contenuti innovativi?

Il Partito Democratico è evidentemente nel pieno di una bufera, non riuscendo ad esprimere una posizione unitaria neppure sull'esito delle primarie genovesi. Eppure, in un articolo pubblicato sul proprio sito Pierluigi Bersani ha fatto finta di nulla: "Dopo quattro anni siamo usciti dal problema identitario. Non abbiamo certo finito il nostro lavoro di costruzione né abbiamo corretto tutti i nostri difetti, ma non siamo più una ipotesi o un esperimento o un partito in cerca di Dna". Che tradotto vuol dire: la linea politica del Partito Democratico è ormai chiara ed è quella che si sta adottando in questi mesi: tra sconfitte alle primarie (oltre a Genova anche Cagliari, Milano e Napoli), ambiguità e il sostegno convinto al Governo Monti. Peggio che andar di notte. 

Ma è sufficiente andare sulla pagina Facebook di Pierluigi Bersani per accorgersi che l'identità del PD va bene solo ai suoi astuti strateghi. La "base" (come si usa chiamare i simpatizzanti di un partito) sembrerebbe pensarla molto diversamente praticamente su tutto. Chi candidare alle primarie; l'appoggio al governo Monti, le alleanze con il centro cattolico...

 

 

 

La lista sarebbe veramente molto lunga. Praticamente ogni post è una critica, quando non un'offesa, al principale partito del centrosinistra italiano. La domanda, dunque, è semplice: perché i vertici del partito continuano a ignorare le indicazioni che da mesi arrivano dagli elettori? Che senso ha elogiare la democrazia delle primarie ma ignorare i giudizi che arrivano dal web? E di quale identità parla Pierluigi Bersani nel suo articolo? Di quale Dna? 

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