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Il 2 giugno diciamolo: "Viva Noi"

"Dal due giugno 1946 lo stato siamo noi; ognuno di noi , con i suoi pregi e difetti, vizi e virtù, contribuisce a definire quello che è la Repubblica oltre a partecipare, con il voto, alla gestione della Res Publica".

Forse paghiamo ancora, come popolo, l’ubriacatura retorica del fascismo; forse portiamo ancora i segni dell’umiliazione che fu, comunque, la sconfitta dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale. Forse il problema è ancora più antico e deriva da un unità nazionale conquistata a fatica, contro il volere di molti ed in particolare della Chiesa.

Resta che la nostra Repubblica non è riuscita a fare delle proprie celebrazioni degli eventi sentiti, a livello popolare, quanto le sono le festività analoghe in altri paesi.

Penso in particolare agli Stati Uniti dove il giorno del ringraziamento o il quattro luglio sono tra le pietre angolari di quella religione laica che è , in quel paese, il culto della propria storia.

Non abbiamo motivo (o forse siamo semplicemente troppo maturi) per credere che vi sia un disegno provvidenziale dietro la nascita della nostra Repubblica e la storia ha provveduto a curarci dall’orribile volgarizzazione delle parole di Decatur, “My country, right or wrong”, tanto care agli orecchianti di storia americana, che citate fuori contesto e senza anteporgli la premessa “may she always be in the right”, sembrano anteporre l’amor di Patria a qualunque altra considerazione.

Sventolare bandiere, insomma, è cosa che noi italiani non facciamo troppo volentieri neppure in quest' anno di celebrazioni e se abbiamo fede in Dio è una cosa che non sentiamo il bisogno di scrivere sulle nostre banconote

Questo sano laicismo, questo segno della nostra superiore civiltà e della complessità della nostra storia, non dovrebbe impedirci di celebrare degnamente la nascita delle Repubblica.

Il due giugno 1946 si è affermato, una volta per tutte, che non esistono autorità superiori a quella di cui è investito ognuno di noi; che noi cittadini italiani siamo signori delle nostre vite e del nostro paese senza dover piegare il ginocchio o chinare la testa di fronte a nessuno.

Quel giorno gli italiani, abolendo la monarchia, sono diventati tutti nobili.

Dal due giugno 1946 lo stato siamo noi; ognuno di noi , con i suoi pregi e difetti, vizi e virtù, contribuisce a definire quello che è la Repubblica oltre a partecipare, con il voto, alla gestione della Res Publica.


Non vi è alcuna ragione, dettata dal presente o dal passato, per celebrare questa data in tono minore: i nostri padri ci hanno affidato le chiavi del nostro futuro (questo è il significato ultimo della democrazia) e se dei problemi ci sono ancora ci hanno anche dato i mezzi per risolverli. Tutto quel che dobbiamo fare, se riteniamo che il Paese stia prendendo una direzione sbagliata, è impegnarci un po’ di più, ognuno per quel che può fare, per raddrizzare la rotta.

Quello stesso giorno in cui scelsero la Repubblica gli italiani elessero i propri costituenti; per la prima volta votarono tutti, uomini e donne, e fecero un ottimo lavoro.

La Costituzione che ci è stata tramandata è un vero e proprio progetto per la costruzione di un paese ideale; un documento improntato agli ideali più alti che, se seguito, avrebbe condotto e ancora condurrebbe l'Italia ad essere un faro di civiltà nel mondo.

Le forze e gli uomini politici che la disprezzano o non la conoscono affatto o, semplicemente, non hanno nulla né di alto né di nobile: sono gli ultimi plebei rimasti in un popolo che, sessantaquattro anni fa, ha rifiutato di essere plebe.

Recuperiamo il senso della nostra storia, fatta di momenti non sempre esaltanti, magari, ma che è quella di un popolo che non sente il bisogno di rifugiarsi nel mito e nella menzogna e festeggiamo le scelte dei nostri padri che, dopo aver visto gli orrori dei fascismi, compresero i propri errori, lottarono per farne ammenda e decisero che mai più si sarebbe permesso a qualcuno di decidere sulle teste degli italiani.

Lottarono, rischiarono la vita, per tutti, anche per coloro che adesso fanno mostra di disprezzare la loro bandiera e storcono il naso ai loro ideali.

I Bossi di questo mondo sono il più bel monumento alla loro opera: hanno dato vita ad una Repubblica tanto vera e tanto democratica da garantire un posto in Parlamento anche a chi la deride e disprezza: questo è qualcosa che si possono permettere solo le grandi democrazie. Questo è la dimostrazione lampante che la Repubblica è viva, forte e non teme proprio nessuno.

Il due giugno 1946 è nata un’Italia che aveva e ha tutto per essere grandissima: sta a noi dimostrarcene all’altezza.

Lasciamo ad altri le loro bandiere e i loro fuochi d’artificio, ma oggi, magari a pranzo con le nostre famiglie, diciamolo dal profondo del cuore un : Viva la Repubblica Italiana.

Facendolo, se abbiamo compreso cosa sia la Repubblica, stiamo semplicemente dicendo: Viva Noi.

Una volta l’anno si potrà pur fare.

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