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Il nuovo motto degli aquilani orgogliosi: grazie per i prossimi trent’anni

“…quella notte sono morto anch’io, quei venti secondi hanno dilaniato la mia vita. Quei venti secondi mi hanno dato la consapevolezza di una precarietà assoluta…”.

Sicuramente, il senso della tragedia che ognuno di noi ha vissuto la notte del 6 aprile, l’ha sintetizzata per tutti l’amico Giustino Parisse nel saluto rivolto al Presidente del Consiglio il giorno 16 aprile, giorno delle consegne delle prime case ad Onna. Egli usciva fuori dalle frasi rituali ed affermava (ma in cuor suo gridava) “…quella notte sono morto anch’io, quei venti secondi hanno dilaniato la mia vita. Quei venti secondi mi hanno dato la consapevolezza di una precarietà assoluta…”.

E’ la condizione tragica che gli aquilani vivono ormai da sei mesi. Nessuno può ridarci ciò che avevamo costruito con tante fatiche, con tanti sacrifici. Con venti secondi è andato perso il lavoro di generazioni. Ritrovare la visione ottimistica delle cose e della vita è molto difficile. Ci si avvicina al senso del reale con difficoltà. Ed è all’interno di questa difficoltà interiore, culturale, prima che politica, economica o sociale, che diventa stridente una versione ottimistica della situazione aquilana. Il 6 aprile era piena primavera e la natura sbocciava con la sua forza, come quella del terremoto. Il giorno dopo mi ero rifugiato in campagna ed osservavo la bellezza del prato di margherite fiorite. I colori si sovrapponevano come un arcobaleno, giallo, bianco, viola… Era un’immagine che in altri tempi non avrei mai colta nella sua bellezza, ma stranamente mi soffermai ad osservarle e ad amarle. Esternai questo mio pensiero a mia moglie e lei con risolutezza mi disse: “…ma la natura è anche cattiva…”, riferendosi al terremoto. La pronta risposta di mia moglie mi riportò ad un senso della realtà che in quel momento non volevo accettare. Dopo il terremoto avevo bisogno di cogliere aspetti positivi, belli. Eppure avevo lasciato una casa semidistrutta, amici di cui non sapevo che fine avevano fatta, compagni con i quali abbiamo fatte tante battaglie insieme e dei quali non sapevo se erano vivi o morti. Mia moglie, sicuramente aveva ragione ma volevo in ogni modo conservare il ricordo di quel prato fiorito.
 
Questo contrasto tra situazione reale e tensione al positivo o all’ottimismo lo si ravvisa quasi giornalmente. L’ottimismo estremizzato, forzato, è contrastante con la realtà e diventa disarmante, paralizzante, anche per la coscienza critica. Oggi più che mai è necessario ritrovare la ragione dell’ottimismo. Chi ha fatto militanza politica con l’idea di conoscere e trasformare la realtà, eliminandone la componente tragica e negativa, chi ha lottato e lotta con la visione di “un altro mondo è possibile” è consapevole del fatto che nessuno ti regala niente: un mondo migliore ce lo dobbiamo conquistare. In fondo la politica è l’aspetto principale, l’arte che permette di cogliere l’unità e/o la sintesi tra le diverse discipline filosofiche, sociali, economiche, letterarie e poetiche e la realtà che si esprime attraverso le tragedie che si svolgono sulla scena mondiale (guerra, malattie, disoccupazione…).
 
La battuta o meglio la dichiarazione di Berlusconi di essere il migliore Presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni sembra una banalità, come quella del Presidente operaio, in realtà essa serve a liquidare un’idea della modernità, essa serve a decostruire le categorie di storia e di ragione, a superare una visione democratica dei rapporti sociali e ad imporne una visione aristocratica dove una persona assume su di se il massimo del potere.
 
In questi anni la lotta politica è stata ridotta ad uno scontro interpersonale dove i diversi “leaders” si sono cimentati in uno scontro il più delle volte verbale, accettando i principi di fondo delle politiche neoliberiste. La crisi politica attuale non ha le radici nel dopoguerra, nella Carta costituzionale, nella prima Repubblica, ma nella personalizzazione estrema della politica introdotta dal sistema maggioritario.

L’azione politica della sinistra viene delegittimata con un’operazione di manipolazione dell’opinione pubblica dove le radici morali, le vocazioni ad una società più giusta ed egualitaria vengono ridotte ad una cosa volgare come l’invidia, un sentimento lontano da chi fa politica da sinistra e da comunista, ma radicato nel tessuto culturale e sociale.
 
L’Aquila, la nostra Città è ormai un laboratorio politico a livello nazionale e la sinistra trova difficoltà a capirne i processi di fondo, il lavorio sottile di una destra che pratica un terreno di “cooptazione sociale” ad un progetto calato dall’alto. Avere un tetto dove poter alloggiare per ricostruire la nostra Città è un diritto ma esso viene trasformato in qualcosa di diverso. Gli aquilani che predicano il loro orgoglio saranno costretti a dire grazie per tutta la vita a Berlusconi, a Bertolaso e non so a quanti. E’ la conclusione della tragedia:. “Grazie” sarà il motto degli aquilani per i prossimi trent’anni. In fondo i nostri concittadini vengono “ospitati” o “sistemati” in case che, di fatto, stanno stravolgendo il nostro territorio. Se si vuole ricostruire la Città le vie da percorre erano e sono ben altre, sia dal punto di vista urbanistico che economico.
 
Abbiamo già espresso la nostra contrarietà al coinvolgimento della destra nel governo della Città, ma sembra che il Sindaco intenda andare avanti senza alcun confronto con la maggioranza che l’ha eletto. Abbiamo più volte richiesto una riunione della maggioranza politica che governa la Città ma invano, le scelte politiche passano all’interno di altri canali. Abbiamo espresso il nostro giudizio critico sull’assetto organizzativo della dirigenza comunale e ciò che prevedevamo è già incominciato alla grande: la notte dei lunghi coltelli tra dirigenti è già iniziata ed essa comporterà un ulteriore immobilismo dell’apparato comunale. Il sindaco vuole ampliare la maggioranza alla destra, ma dopo aver letto le dichiarazioni dell’MpA ribadiamo che la cosiddetta giunta istituzionale è una svendita al ribasso. In fondo la destra già governa il Comune tramite i trasversalismi dei dirigenti e di altri funzionari. Abbiamo chiesto il rispetto della normativa vigente per dipendenti condannati o rinviati a giudizio ma sembra che al Comune l’emergenza giustifichi tutto. Abbiamo chiesto di ridistribuire il lavoro di controllo e rapporto con le imprese che stanno provvedendo al puntellamento del centro storico tra tutti i dipendenti del settore Opere Pubbliche ma si continua a dare tanto potere incontrollato a persone che non lo meritano affatto, dopo il disastro della metropolitana.
 
Se il Sindaco vuole solo fare il notaio della situazione lo dica chiaramente. Lo aspettano altri seimila SMS pervenuti per il caso Tancredi.
 

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