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Il nostro tempo

Cosa ci manca? Un’auto nuova? Un amante? Una semplice ricetta per essere felici!

Cosa ci manca?
Facciamoci questa domanda e vediamo cosa rispondere.

Chi ha una grave malattia naturalmente pone al salute al primo posto. Chi non ha il lavoro non può chiedere che quello, chi è indigente non può che sperare in un cambiamento delle sue condizioni economiche. Ma al di fuori di questi casi particolare in cui la domanda è scontata, cosa è che manca veramente alla maggior parte delle persone, quelle con la famiglia, il lavoro, l’abitazione?
Manca forse una nuova auto? Una casa più grande? Un telefonino di ultima generazione da far vedere agli amici, un’amante da vantare, un laptop o un iPod o un HD o un SUV?

Pensateci bene, niente di tutto questo, quello che ci manca di più è semplicemente il tempo!

Il tempo per pensare, il tempo per riflettere, per leggere un libro, per giocare con i nostri figli, per ascoltarli quando ci parlano, per coccolarli quando ne hanno bisogno, per seguirli quando prendono un brutto cammino, per dare loro l’esempio quando c’è la necessità di farlo. Per farli diventare cittadini e per diventarlo noi stessi sfuggendo alle logiche dell’arrivismo, del carrierismo, della competizione che non conosce nessuno, dell’egoismo che ci trasforma, dell’esibizionismo becero e stupido, dell’apparenza senza contenuto, del vuoto delle nostre menti televisivizzate.

Massimo Fini afferma in un suo acuto editoriale che marxismo e liberismo, destra e sinistra quindi, nelle sue varie declinazioni, sono categorie vecchie e molto simili tra loro in quanto entrambe (partendo da punti di vista diversi e con scopi diversi) convergono però verso lo stesso fine. Il lavoro e il capitale cioè come fattori determinanti la produzione di una tale quantità di beni di consumo da essere in grado di rendere felici tutti gli uomini. I beni, “la roba” insomma, come panacea di tutti i mali e fonte di felicità per tutti.

Fini ritiene invece che le esigenze più profonde, più intime dell’uomo contemporaneo, il problema maggiore e più sentito dell’uomo occidentale non sia quello economico bensì quello esistenziale.

Fini suggerisce come unico, indispensabile e urgente rimedio a questa condizione la sostituzione di un modello occidentale tutto teso al famoso “sviluppo sostenibile” con quello della “decrescita”, perché oggi lo sviluppo è già divenuto ormai da tempo insostenibile.



E’ un concetto che comincia farsi largo in una gran parte dell’opinione pubblica mondiale che riconosce nella decrescita l’unico mezzo oggi disponibile per salvare l’umanità.

Non certo quello ricercato affannosamente di scoprire nuove fonti di energia da sfruttare nel futuro per produrre di più, ma quello contrario di produrre di meno, di consumare di meno, diventare quindi più poveri senza tuttavia dover peggiorare necessariamente la nostra qualità e tenore di vita.

Anzi per vivere meglio perché basterebbe distribuire meglio la ricchezza, le enormi risorse concentrate oggi nelle mani di poche persone, di pochi gruppi industriali, di poche imprese sovranazionali la cui massima preoccupazione non è quella di migliorare il mondo ma solo quella di mantenere, e possibilmente aumentare, la loro ricchezza e la loro capacità di influenzare la politica mondiale, spesso come vediamo completamente asservita ai loro interessi.

Distribuire meglio la ricchezza renderebbe tutti più uguali, ridurrebbe la competizione fra le singole persone e i singoli stati, migliorerebbe le condizioni di vita di molti popoli oggi emarginati, impedirebbe molte guerre di conquista che sotto il falso nome di lotta al terrorismo o di esportazione della democrazia nascondono l’ipocrisia dell’unico vero obbiettivo che è quello del possesso delle ricchezze e delle risorse del territorio invaso. Ricchezze che hanno sempre il solito nome: territorio, gas naturale, petrolio, droga, interessi nazionali.

In questo nuovo mondo meno ossessivo, meno competitivo, meno schizofrenico, più giusto e solidale l’uomo potrebbe avere veramente più tempo per vivere la propria vita, rallentando, limitando, moderando la sua corsa per sfuggire all’”ossessivo, compulsivo, paranoico” modello di sviluppo occidentale basato sul modello “produci-consuma-crepa”.

I guai di cosa comporta questa vita senza tregua, senza respiro dell’uomo moderno sono sotto gli occhi di tutti. Si pensi all’aumento dei casi di suicidio, delle sindromi ansioso-depressive, degli attacchi di panico, dei casi di omicidio-suicidio, degli episodi di violenza domestica, di quelli di intolleranza verso i diversi, siano questi neri, extracomunitari, mussulmani, ebrei, meridionali, handicappati. Si pensi all’aggressività che vediamo nella vita di ogni giorno, nella maleducazione imperante, nel menefreghismo, nel furbismo (una parola nuova per un nuovo atteggiamento che non era contemplato nel vocabolario fino a poco tempo fa), nella vanteria, nella millanteria, nella prepotenza.

Solo se rallentiamo possiamo salvarci e salvare i nostri figli.
Solo se rallentiamo abbiamo la possibilità di salvare anche il nostro povero mondo.

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