I partiti mai arrivati e la democrazia plurale

Qual è il prezzo che
rischiamo di pagare, tutti e indistintamente, all’indomani della recente crisi
politica?
E’ l’ulteriore divario, l’abisso che si fa più profondo, tra rappresentanti e rappresentati. Lo scollamento e l’estraneità tra politica e tessuto sociale.
La classe politica, intesa come élite del privilegio, rischia di apparire sempre più aliena, alimentando l’area dell’astensionismo, i fermenti antagonisti o il neo-qualunquismo disfattista.
E allora, a fronte di quest’incessante diluvio, perché non ripensare alla politica, alla sua vera natura, alla cura degli interessi collettivi?
Qual è la società e la politica (sociale ed economica) che vogliamo?
E, certo, una politica capace di farsi interprete delle idealità, delle passioni, dei desideri e dei bisogni d’una società realmente inclusiva. Una società al cui interno prevalga il concetto di persona umana, in tutta la sua dignità: non uomini, non donne, non omosessuali, non lesbiche o quant’altro, ma persone con pari opportunità.
Una società non discriminatoria, che riconosca i diritti di ciascuno e di tutti, laddove l’estensione di questi diritti (di civile convivenza) nulla sottrae a nessun altro.
Identità plurali, interpretate da una politica, cui non si concede una semplice delega in bianco, ma la si rende autentica rappresentanza.
Se è vero – come riportato nell’art. 2 della nostra Costituzione – che: “
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”; allora da qui occorre ripartire.
L’arte di governare la società non può, pertanto, continuare a manifestarsi indifferente. Né ciascuno di noi può o deve sentirsi escluso.
“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Questo l’articolo 49 della Costituzione.
I partiti, sin qui mai arrivati, siano capaci di rappresentare con adeguatezza il loro tempo, favoriscano la partecipazione attiva. Abbandonino la loro disaffezione alla democrazia orizzontale e al pluralismo, smettano di auto-celebrarsi e di sopravvivere per cooptazione.
E’ tempo di mettersi in ascolto…
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