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I dati sull’inquinamento si "calmano" ma le città restano ad elevato rischio

Se qualcuno vi ha detto che l’ondata di calore che ha investito l’Italia, questa estate, e le relative intense piogge che si sono verificate al centronord l’anno scorso, con trombe d’aria e fenomeni inusuali - a fronte di una marcata siccità di quest’anno - siano casi del tutto episodici e destinati a non ripetersi se non nel giro di qualche decennio, bè, ha sottovalutato il fenomeno.

Secondo un recentissimo studio della Nasa, il clima terrestre tenderà a salire notevolmente la sua temperatura e con costanza e le alluvioni ed i tornadi saranno fenomeni che si ripeteranno con frequenza nei prossimi anni. 

Molte sono le domande circa il clima della Terra ed il nostro destino. Tutte le domande riportano ad un solo elemento fondamentale e critico, da qualche anno a questa parte: l'acqua. Siccità e inondazioni rendono la preoccupazione costante e la gente vuole sapere quanta acqua abbiamo, come si muove e che fine fa.

A quasi mezzo secolo dalla prima conferenza nazionale sulle acque, la Presidenza del Consiglio organizza il prossimo 22 marzo la Conferenza nazionale "Acque d'Italia", un incontro per fare il punto sullo stato del patrimonio idrico nazionale che si terrà a Roma, nell'aula dei gruppi della Camera.

 "Il team di esperti dell'Istat e dell'Ispra - spiega Erasmo D'Angelis, coordinatore di #italiasicura - presenterà il più aggiornato e completo rapporto sul nuovo bilancio idrologico e idrico nazionale. Sapremo quanta risorsa abbiamo e in quali aree del Paese, quanta ne utilizziamo nei vari settori, lo stato ecologico delle acque in relazione alla depurazione.

La Conferenza ha, quindi, l'obiettivo di fornire un quadro conoscitivo chiaro con il fabbisogno di infrastrutture e le azioni di tutela per far fronte agli effetti dei cambiamenti climatici che colpiscono con i due estremi: siccità e alluvioni".

 All'incontro sono attesi, tra gli altri, gli interventi del premier Paolo Gentiloni e dei ministri dell'Ambiente Gian Luca Galletti, delle infrastrutture Graziano Delrio, dell'Agricoltura Maurizio Martina e del mezzogiorno Claudio De Vincenti

Uno studio della NASA ha fornito, qualche tempo fa, stime sul bilancio del ciclo globale dell'acqua per il primo decennio del 21 ° secolo, tastando il polso del pianeta e dello scenario di riferimento per disegnare i contorni futuri.

I risultati, pubblicati a luglio scorso, on-line, sul Journal of Climate, mostrano che ogni anno il calore del sole evapora 449.500 chilometri cubici di acqua dagli oceani di tutto il mondo. Per riferimento, i Grandi Laghi negli Stati Uniti detengono circa22.700 km cubi di acqua. Sulla terra, 70.600 km cubi di acqua evapora dal suolo e piante. L'umidità viene raccolta sotto forma di vapore acqueo nell'atmosfera e i venti la soffiano in altre parti del mondo, dove si condensa in nuvole, pioggia e neve.

Gli scienziati hanno anche calcolato che 403.500 km cubi di precipitazioni sono cadute sopra l'oceano ogni anno, una stima circa il 5% superiore alla precedente stima standard e 116.500 km cubi di precipitazioni sono cadute sulla terra. Delle precipitazioni cadute sulla terra, 45.900 km cubici attraversano torrenti e fiumi che poi sfociano negli oceani e 70.600 km cubici evaporano in atmosfera. Per confronto, ogni anno, tutti gli esseri umani sulla Terra consumano collettivamente per l'agricoltura, l'industria e la fornitura di acqua 9.100 km cubici di acqua, sufficienti per riempire 3 milioni di stadi di calcio, meno dell'8% delle precipitazioni totali della terra.

 

Gli scienziati hanno combinato i dati da 10 fonti che hanno fatto uso di osservazioni provenienti da più di 25 satelliti per descrivere i diversi aspetti del ciclo dell'acqua: precipitazioni ed evaporazione sulla terra e degli oceani, vapore acqueo atmosferico e il suo movimento, deflusso dei fiumi, e stoccaggio di acqua, tra cui le acque sotterranee, umidità e manto nevoso del suolo.

 

La Terra è un sistema chiuso, il che significa che l'acqua che evapora dalla superficie deve essere contabilizzato nel vapore acqueo atmosferico, che deve quindi essere preso in considerazione quando si condensa in pioggia o neve, e così via.

E 'come se il ciclo dell'acqua fosse un puzzle e ogni set di dati per le precipitazioni sia un singolo pezzo di puzzle che deve adattarsi con tutti gli altri pezzi. Tuttavia, a differenza del puzzle tradizionale, qui ogni pezzo ha una certa quantità di spazio di manovra, ossia la sua gamma di possibili risposte.

Per quanto riguarda la qualità dell’aria, invece, sembra che i dati siano incoraggianti.

Malgrado non si possa dire di aver raggiunto una situazione anche lontanamente soddisfacente, dal 1990 ad oggi le emissioni dei cinque principali inquinanti sono complessivamente diminuite: biossido di zolfo (-93%), monossido di carbonio (-69%), ossidi di azoto (-61%), composti organici volatili non metanici (-57%) e polveri sottili PM2.5 (-31%).

I valori sono quelli riportati nel rapporto sugli effetti dell’inquinamento dell’aria presentato ieri all’ENEA, che ha curato il coordinamento e la pubblicazione dei contenuti scientifici elaborati dai maggior esperti nazionali in materia.

Ma se si guarda al contributo dei singoli settori si scopre come quello residenziale abbia registrato un netto incremento: più 46% nelle emissioni di PM2.5 rispetto ai valori del 1990, principalmente per l’aumento dell’uso di biomassa in impianti di riscaldamento a bassa efficienza.

 

“In Italia resta ancora alto l’impatto negativo dell’inquinamento atmosferico sulla salute e gli ecosistemi – ha detto Gabriele Zanini, responsabile della divisione ‘Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali’ dell’ENEA – nonostante le riduzioni delle concentrazioni osservate negli ultimi due decenni. Oltre ad essere a rischio biodiversità e produttività agricola, sono in aumento tra la popolazione malattie respiratorie e cardiovascolari. Da solo il particolato fine causa circa 30mila decessi ogni anno, come risulta da un recente studio a cui abbiamo partecipato. In termini di mesi di vita persi, l’inquinamento accorcia la vita di ciascun italiano di 10 mesi in media: 14 per chi vive al nord, 6,6 al centro e 5,7 al sud e nelle isole”.

 

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