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I Salesiani non ci stanno. L’ici (per loro) non è né giusta né equa

Il governo con un consiglio dei ministri lungo sei ore ha approvato tra vari altri provvedimenti un emendamento al decreto liberalizzazioni - in questi giorni al vaglio del Senato - che prevede di risolvere il trattamento fiscale di favore concesso dallo stato italiano ai beni ecclesiastici.

L’emendamento se fosse approvato così come è stato licenziato dal consiglio dei ministri prevede che vengano tassate tutte le proprietà appartenenti ad enti religiosi che svolgono attività commerciali. Ovviamente non pagheranno l’ici (oggi Imu) gli edifici destinati al culto o al no profit mentre saranno chiamati a versare il contributo gli ospedali, i convitti, e le scuole parificate o strutture simili (ad uso non esclusivamente religioso). Secondo stime non ufficiali dell’Agenzia delle entrate la mini rivoluzione in ambito rapporti Stato–Chiesa dovrebbe portare ad un introito annuale pari a due miliardi di euro. Non proprio un inezia soprattutto in tempi di crisi.

Il provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri ha trovato l'opposizione dei Salesiani (e prevedibilmente di altri congregazioni che ancora non si sono pronunciate apertamente) che in una nota hanno parlato di un imposizione dell’Ici-Imu “né giusta né equa” per le scuole parificate. Per l’Ordine fondato da don Bosco l'imposta non sarebbe 'né giusta, né equa', in quanto "contrasta con l'art.1, comma 1 della legge 62/2000", da cui si deduce che le scuole paritarie "hanno i medesimi doveri e diritti delle statali poiché svolgono un servizio pubblico e concorrono ai medesimi fini". Contrasta, inoltre, si rileva ancora nella nota diffusa a tutti gli allievi, docenti, ex allievi e famiglie delle scuole salesiane, con l'articolo 1, comma 8, della stessa legge, per quanto riguarda il fatto che a queste scuole "si applica il medesimo trattamento fiscale previsto per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, poiché' ne hanno i medesimi requisiti". Ed ancora, un'eventuale applicazione dell'imposta contrasterebbe con l'articolo 1, comma 3 del Decreto legislativo 76/2005, in quanto "non possono essere considerate commerciali quelle attività che erogano un servizio che ha rilievo pubblico, è destinato all'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e formazione, tende ad assicurare fondamentali diritti di cittadinanza, come il diritto allo studio e il diritto all'istruzione e alla formazione professionale". Infine, si rileva, "contrasta con l'articolo 118, comma 4 della Costituzione, che prevede che "stato, regioni, città metropolitane, province e comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà". "Si pone dunque in contrasto - evidenzia la nota dei Salesiani - con questo principio costituzionale ogni decisione legislativa che, anziché' favorire, abbia l'effetto di rendere ancora più difficili l'attuazione di attività educative che vengono svolte dal privato sociale, nell'interesse generale della collettività e non per fini di lucro e sono espressione del principio di sussidiarietà".

Peccato però che nelle scuole cattoliche si pagano rette altissime che dovrebbero bastare a sovvenzionare gli istituti. Se poi in molti siti internet di scuole salesiane si scrivano cose come questa che abbiamo ripreso dal sito del centro Don Bosco di Padova:

Le scuole paritarie non ricevono dallo Stato contributi o finanziamenti di alcun genere per cui devono provvedere in proprio alla retribuzione degli insegnanti, del personale ausiliario e a tutto ciò che la gestione di una scuola normalmente richiede. Questo fa sì che uno degli aspetti che - purtroppo - differenziano la scuola paritaria rispetto alla scuola statale sia la necessità per gli studenti di pagare una retta.

L’esenzione del pagamento dell’ICI non sarebbe un contributo che lo Stato Italiano fornisce indebitamente agli istituti paritari? Perché se la scuola privata deve avere gli stessi diritti e gli stessi doveri di quella pubblica gli istituti religiosi fanno pagare le rette ai propri studenti ed in più ricevono un’agevolazione sostanziale da parte del fisco in materia di immobili?

Nonostante il clima di discriminazione creato ad arte dai cattolici più intransigenti (e per la verità con forti interessi in ballo), la norma oltre ad essere sacrosanta sancisce un principio laico che dovrebbe diventare da qui in avanti il faro delle relazioni tra Stato italiano e confessioni religiose. Ogni culto infatti si può organizzare sul territorio fondando opere o enti che amministrano un capitale finanziario, esse devono però sottostare alle stesse regole e allo stesso regime fiscale imposto alle altre società “laiche” che operano sul mercato. Come infatti una clinica medica privata gestita da “laici” deve pagare le stesse tasse che paga un clinica privata condotta da “religiosi” così allo stesso modo una scuola paritaria gestita da cattolici deve pagare la stessa imposta sugli immobili che dovrebbe versare un istituto paritario fondato ed amministrato da protestanti, evangelici, ebrei o musulmani. In una società europea sempre più aperta e permeabile alla penetrazione di nuove culture e religioni è verosimile che nei prossimi anni sorgano istituti medici, educativi o ricreativi correlati a molteplici confessioni religiose, è giusto quindi che tutti essi abbiano lo stesso regime fiscale senza alcuna eccezione.

Nessuno vuole negare l’importanza che la chiesa cattolica ha svolto e svolge nella nostra società, è tempo però che essa si adegui alla voglia di equità ed uguaglianza presente tra i cittadini italiani ed europei.

Con l’emendamento approvato ieri dal consiglio dei ministri non si sancisce solo il principio cavouriano di “libera Chiesa in libero Stato” si fa un primo passo verso una regola civile e democratica che vuole “libere chiese in libera Europa”.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.75) 25 febbraio 2012 17:19

    Ottimo articolo: chiarissimo!

    Pero’ il titolo è sbagliato: i salesiani, come tanti altri cattolici sanno benissimo che l’ICI (o IMU) è equa, ed ’ proprio per questo che loro non vogliono che la chiesa cattolica la paghi, perchè vogliono ribadire che la loro chiesa deve conservare quel privilegio, altrimenti diventa "come le altre". Da molti secoli la chiesa cattolica incorona gli imperatori e da questi -o dagli stati- richiede privilegi.

    L’uguaglianza e la pari diginità per loro non sono valori: sono declassamento.

    E il problema è sia di principio che di contenuto: sanno bene che se si afferma il principio dell’uguaglianza poi vanno a rischio anche gli altri privilegi: gli insegnanti di religione cattolica pagati dallo stato nelle scuole statali, l’8 per mille, i magheggi dello IOR...

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