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Galileo e Archimede, il perché dell’infinito

 

L'infinito è uno dei problemi più complessi della scienza al punto da essere stato definito il Santo Graal della matematica, e non pochi si sono persi sulla strada della sua ricerca, alcuni di coloro che riuscirono ad avvicinarsi di più persero la ragione come Cantor.

Pur essendo un concetto che potrebbe sembrare astratto ad unico appannaggio degli scienziati, un diletto intellettuale per menti matematiche, costituisce un passaggio obbligatorio per lo sviluppo di molti rami della scienza, e di conseguenza è molto importante da un punto di vista pratico: ci serve nella vita quotidiana, perché ci serve la matematica.

L’infinito, fin dalla notte dei tempi, ha due direzioni nelle quali creare problemi agli scienziati, filosofi e teologi: verso il macro, il grande, si arriva quindi alla questione dell’universo infinito, e nella direzione del piccolo, che in matematica significa la divisibilità della retta o meglio di una grandezza, per usare la terminologia della matematica classica, dove una grandezza può essere qualsiasi elemento geometrico, in Archimede lo è anche il tempo, per cui all’epoca parlare della divisibilità di una grandezza non era dovutamente la stessa cosa che parlare della divisibilità di una retta.

Come detto, non si tratta di vezzi accademici, o della curiosità di alcuni matematici dell’antichità, che si chiesero come dividere un segmento. La questione della divisione di una grandezza è legata ai fondamenti della matematica, nacque con i pitagorici e si impose come grave necessità nel momento in cui si giunse alla razionalizzazione della geometria, per cui alcuni matematici e filosofi come Parmenide, Zenone e Democrito intesero le figure geometriche come composte da una quantità infinità di elementi, quindi non solo avevano bisogno dell’infinito per potere lavorare, ma di una matematica dell’infinito, che permettesse di gestire i rapporti tra figure geometriche, per questo motivo Eudosso e Archimede, che furono tra il risolutori del problema, vengono definiti i padri del calcolo infinitesimale.

Il difficile problema dell’infinita divisibilità della retta, noto anche come il Continuo, impegnò alcune delle più eccellenti menti matematiche della storia, trovò una soluzione definitiva, a tutt’oggi valida, nella cosiddetta teoria delle proporzioni, nota anche come assioma di Archimede, che nella sua versione eudossiana costituisce la base della moderna definizione di numero.

Facciamo una breve e molto sommaria escursione nella teoria delle proporzioni, così capiremo anche perché a Galileo (il miglior allievo di Archimede) pur non essendo un matematico si interessò dell’infinito.

La teoria delle proporzioni non raggiunse una conclusione unitaria, ma sfaccettata. Il nucleo originale, di cui l’assioma di Archimede costituisce un ulteriore raffinamento, in base alla testimonianza dello stesso Archimede, sembra doversi attribuire ad Eudosso di Cnido, allievo del pitagorico Archita di Taranto, ed afferma:

Date due grandezze disuguali non nulle, la minore sommata a se stessa un numero sufficiente di volte, finirà col superare la maggiore

Di maggiore successo fu la versione di Euclide più generale e quindi di facile applicazione, conservata in Elementi V.5, un capolavoro sia filosofico che logico/scientifico del pensiero occidentale.

La teoria delle proporzioni nelle sue diverse sfaccettature è spesso usata nei teoremi archimedei ed è anche alla base delle leggi sul moto uniforme, che aprono lo studio Sulle Spirali, dove la stessa spirale è una curva che ruota sul proprio asse secondo una determinata proporzione estendendosi all’infinito ed era praticamente impossibile concepire o elaborare le leggi sul moto senza una teoria che regolasse i rapporti tra due o più grandezze (rette) e la loro divisibilità. Fu quindi la maturità raggiunta dalla matematica del suo tempo che permise ad Archimede di concepire e portare a termine uno studio così complesso come quello sulle spirali, nel quale la teoria delle proporzioni e l’infinito giocano un ruolo fondamentale.

Similmente Galileo, si interessò alla teoria delle proporzioni per elaborare le leggi sul moto, solo che qui subentra, come ha notato Frajese, una piccola variante tra maestro e allievo, sembra infatti che Archimede, nel caso specifico delle leggi sul moto, abbia fatto ricorso non al suo assioma, bensì alla più antica versione eudossiana, mentre Galileo usò quella euclidea. 

Lo sforzo scientifico maggiore in questo caso fu però di Galileo, che essendo ancora legato ad una concezione platonica della matematica, aveva difficoltà a comprendere a fondo la teoria delle proporzioni, ciò nonostante riuscì a sviluppare le leggi sul moto e calcolare i movimenti planetari e creare il suo capolavoro: il sistema eliocentrico.

Con questo speriamo di essere riusciti a dare uno stralcio del perché lo studio sull’infinito è stato così importante nella storia dell’uomo, e del perché se noi oggi riusciamo a calcolare il movimento, il che significa fare muovere gli oggetti e noi stessi, lo dobbiamo agli scienziati che più di 2500 anni fa, hanno gettato le basi della nostra scienza, e lo hanno fatto così bene che regge tutt’ora in modo mirabile; se non si arrivò prima ad ottenere i risultati che abbiamo oggi, è perché purtroppo ben presto comparvero filosofie come lo scetticismo che tolsero credibilità al procedimento scientifico, guerre e sete di potere fecero il resto. Il sapere umano nonostante tutto è un fiore estremamente delicato, ancora oggi, nonostante internet. Dalla morte di Archimede nel 212 a.C a Galileo erano molti secoli e gli scritti del siracusano erano stati letti dai massimi studiosi di tutti i secoli, eppure si dovette attendere l’arrivo di Galileo affinché ne capisse la reale portata e la scienza antica potesse rinascere.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.210) 8 marzo 2013 12:32

    Io sono un matematico, e resto stupito del cumulo di errori storici che trovo in quest’articolo, decisamente anti-scientifico.
    La problematica dell’infinito non ha rappresentato affatto un percorso corale e unitario come qui viene rappresentato, ma è stata terreno di scontri che, in termini ben diversi, continuano tutt’ora.

    Stupisce che l’autrice citi Frajese trascurando che proprio lui sostenne come il concetto di infinito nella geometria greca fosse quello di un infinito potenziale, totalmente diverso dall’infinito "attuale" del calcolo differenziale: la retta era considerata come un segmento prolungabile. Poi Semerano ci ha illuminato sui nostri fraitendimenti relativi allo " apeiron " greco.

     I paradossi di Achille e la tartaruga e la "morte per punizione divina" del pitagorico che dimostrò la non commensurabilità della diagonale con il lato del quadrato sono chiarissime testimonianze dell’ acceso dibattito già allora esistente fra "aristotelici" e sofisti, fra continuisti e atomisti.

    Il raffinato ragionamento della ruota di Aristotele ci testimonia come il dibattito fosse vivissimo ancora nella scolastica, mentre il "programma di Hilbert" per il ventesimo secolo e la sua distruzione da parte di Godel ci testimonia come tutta la problematica sia stata poi sottovalutata nel positivismo e si sia dovuti tornare a rivalutare la relatività della scienza in forme quasi identiche a quelle predicate dai sofisti: il suo teorema non è altro che la traduzione in termini matematici moderni del sofisma dello " Io mento" del cretese, mentre l’analisi non-standard ci riporta proprio al segmento prolungabile ricordatoci da Frajese.

    GeriSteve

  • Di (---.---.---.89) 8 marzo 2013 23:01

    Riguardo al commento di GeriSteve.

    Beh, se con scientifico si intende la tradizione scientifica, certo scrivo articoli antiscientifici, non scrivo cose che sono già state scritte centinaia di volte e se GeriSteve avesse la gentilezza di elencarmi i miei errori ad uno ad uno gliene sarei grata, altrimenti mi sembra una semplice vigliaccata.

    Mi spiace che leggendo il mio articolo si possa pensare che voglia dare alla storia dell’infinito una visione unitaria, so benissimo che non era e non è così. Ho accennato all’infinito in relazione ai rapporti tra Galileo e Archimede, per tracciare i rapporti tra i due scienziati che mi sembrano molto interessanti; per trattare l’infinito in quanto tale ci vuole più di un post e forse anche più di un libro. Nessuno mette in dubbio le controversie dell’epoca,  e forse definirle controversie o dispute è anche limitativo.

    La mia citazione di Frajese riguarda lo specifico caso dell’uso della teoria delle proporzioni da parte di Galileo nella costruzione delle leggi sul moto, che c’entra il fatto che Frajese fosse un sostenitore dell’infinito potenziale e attuale? Qui si tratta di particolari tecnicismi legati alla costruzione di due teoremi. Questa mi sembra la solita brutta abitudine di generalizzare forzando i contenuti stessi, trasformando un brevissimo e specifico passaggio in un consenso o meno all’intera opera, questo modo di agire e pensare è  sbagliato e metodologicamente scorretto.  

    Per quanto riguarda Semeraro non ho trovato i suoi scritti molto illuminanti riguardo all’apeiron, un po’ superficiali e c’erano alcuni passaggi che non mi sembravano fondati, c’ è di meglio, comunque… se ci accontenta.

    Mi piace la citazione di Gödel (anche se vorrei sapere cosa c’entra in questo contesto) uno dei miei autori preferiti. Non capisco il perché della citazione della ruota di Aristotele (peraltro di dubbia attribuzione), nessuno mette in dubbio che ci furono discussioni all’epoca, però come hanno fatto da decenni notare molto studiosi, quello degli aristotelici fu più che altro un monologo, perché al lato pratico non ebbero alcun influsso sui testi matematici contemporanei e di poco successivi, fatta eccezione per Euclide ( e anche lì non sempre) e questo è più che dimostrabile e dimostrato, anche se a qualche nostalgico aristotelico non va a genio. Poi vorrei sapere se GeriSteve è realmente un matematico, perché invece di interessarsi ai teoremi, parla di sofisti, che hanno a vedere i sofisti con il metodo dimostrativo matematico che è la base della discussione scientifica sul Continuo?

    Nel mio articolo si parla di teoremi ben precisi espressione di metodi dimostrativi ben definiti, metodi e linguaggi scientifici che come unici avevano valore probativo in ambito matematico per espressa dichiarazione degli stessi matematici dell’epoca, processi dimostrativi che non si trovano né in Aristotele né tantomeno nei sofisti, ciò che si trova in Aristotele, in confronto ai testi matematici non solo contemporanei, ma anche precedenti… non è all’altezza dei tempi, sembra ripetere quanto detto dai pitagorici senza ben averlo capito. Per tornare a Gödel ed al suo amico Einstein, le loro teorie scientifiche hanno tutt’altre radici filosofiche e scientifiche che l’aristotelismo o il sofismo, e proprio per questo si distinsero e si distinguono tutt’oggi dalla mediocrità che le circonda, come diversi filosofi e scienziati hanno sottolineato queste sembrano ricondurre piuttosto al razionalismo prearistotelico di Parmenide, e non riesco ad immaginare niente di più inconciliabile che il sofismo e Gödel o peggio ancora: Aristotele col suo piccolo universo chiuso e geocentrico e Einstein.

    In conclusione suggerirei a GeriSteve di non limitarsi a leggere la storia degli studi affidandosi alle interpretazioni altrui dei fatti, ma di leggersi i testi matematici e filosofici in originale (intendo i teoremi matematici in lingua originale) forse capirebbe meglio di cosa sto parlando.  Nei miei articoli parto dal teorema in quanto tale, ciò che mi interessa sono teoremi e procedimenti matematici affini, gli unici dai quali si possono trarre informazioni attendibili e utili, vale a dire lavorare in modo scientifico; le interpretazioni di interpretazioni di commentatori che non hanno mai nemmeno avuto la bontà di aprire l’opera originale, e si vede da quello che scrivono, sono sovrainterpretazioni che non mi interessano, perché queste veramente sono antiscientifiche, anche se le si vuole mascherare da tradizione scientifica.

    Se proprio a geriSteve piace la storia degli studi forse è il caso di leggersi anche qualcosa in lingua straniera, non dico quella più recente, basterebbe già quanto scrissero gli studiosi di matematica antica contemporanei e connazionali di Cantor e Gödel per dargli un’idea più concreta di ciò che furono le questioni che animarono la matematica antica (non la filosofia), poi volendo ci sono anche i testi contemporanei, i fisici quantistici per esempio scrivono cose alquanto interessanti su Zenone e la sua tartaruga. Dico questo, perché la sua breve esposizione finale non mi è sembrata tanto in linea con lo stato della ricerca attuale.

    Posso capire che sia rassicurante adagiarsi sulle certezze della tradizione, ma… come tutti ben sappiamo, nel momento in cui diventa tradizione non è più scienza.

  • Di Geri Steve (---.---.---.210) 11 marzo 2013 20:17

    Leggo quando il post non è più pubblicato, e io non ho interesse ad una polemica con lei.

     

    Posso soltanto ribadirle che secondo me c’è un errore storico (non errore matematico) ogni volta che nel suo post lei parla di infinito senza specificare a quale concezione di "infinito" ci si riferisce, visto che queste concezioni sono state diverse e spesso contrapposte.

    La mia è un’affermazione che si può contestare (ma lei non lo fa: dice che lo sapeva), mentre la sua "vigliaccata" non c’entra niente, è del tutto gratuita, offensiva e ingiustificata.


    Se. parlando di atomismo / continuo lei non capisce cosa c’entri la ruota di Aristotele, se lei non capisce cosa c’entri il teorema di Godel con il contrasto aristotelici / sofisti (e cosa c’entra gliel’avevo pure scritto: basta sostituire la menzogna con l’inesistenza di una dimostrazione), se Semerano lei lo confonde con i mobili Semeraro... non vedo cosa ci possa essere di interessante a discutere con lei.

     

    Visto che lei si permette perfino di darmi consigli e di dubitare che io sia un matematico, posso dirle che, quando mi sono laureato, a darmi la lode fu Wolf Gross, con cui avevo studiato due diverse versioni del teorema di Godel. Ma io sto andando fuori tema: il problema non è sapere, è capire.

     

    GeriSteve

  • Di (---.---.---.141) 14 marzo 2013 23:30

    Risposta a GeriSteve

    Mi scuso con GeriSteve, ma da come argomentava mi era veramente sembrato un umanista che per darsi credibilità affermava di essere un matematico, anche perché sembrava non concepire o non accettare la diffusa prassi di studiare la matematica antica partendo unicamente dai dati, vale a dire dai testi matematici senza sovrapposizioni filosofiche. Capita di sbagliarsi ….

    Resta, purtroppo per lui,  però il fatto che esordisce scrivendo “resto stupito del cumulo di errori storici che trovo in quest’articolo, decisamente anti-scientifico”, cumulo di errori che non specifica nel dettaglio, a meno che il cumulo di errori non si riduca al non avere specificato le differenze tra le varie concezioni di infinito, perché quello non è un cumulo: è uno. E poi non vuole entrare in polemica con me? E si offende quando Le viene fatto notare? È un lanciare il sasso, contro chi non ha fatto niente, e ritirare la mano.

    Poteva benissimo esprimere il suo disappunto o meglio “stupore” in modo civile come si usa fare normalmente, chiedendo spiegazioni gentilmente.

    Parliamo allora di quelli che a suo vago dire sembrano essere i miei errori:

    -  Non ho detto che l’argomento infinito è stato molto controverso e delle dispute in atto, e… quando ho parlato delle difficoltà create dall’infinito agli studiosi nell’introduzione a cosa mi riferivo?

    -  Non ho specificato di che infinito si tratta? Bene, allora facciamo le dovute distinzioni. Innanzitutto vorrei ricordare che il mio articolo non riguarda l’infinito in quanto tale, un tantino vasto come tema, ma alcuni particolari rapporti nel modo di affrontarlo tra Archimede e Galileo, per spiegare i quali ho fatto un breve riassunto, molto classico e tradizionale, dello sviluppo della teoria delle proporzioni nella matematica greca (non filosofia che si avvale di tutt’altre metodologie dimostrative).

    -  Cominciamo con  la teoria delle proporzioni di Eudosso, avrei dovuto specificare che si tratta di infinito potenziale? Difficile da affermare con certezza scientifica, dato che noi non possediamo il testo originale di Eudosso e che piccole varianti in quest’ambito possono fare grandi differenze.

    Inoltre come già detto nella mia prima replica, gli influssi platonici o aristotelici non sono facili da tracciare e per questo sono stati a più riprese duramente contestati e hanno portato di riflesso ad un problema ancora più complesso: Aristotele conosceva la teoria delle proporzioni? Qui la questione diventa scottante, e veramente difficile perché si tratta di analizzare fin nel più intimo i testi aristotelici sull’argomento.   Per il momento si sono delineati due grandi fronti: il primo composto principalmente da matematici e astronomi, che vorrebbero solo la testa del grande filosofo, arrivando ad accusarlo insieme a Platone di essere stato il primo antiscienziato della storia d’Occidente. Il secondo gruppo formato in prevalenza da filosofi e filologi che tenta di salvare la reputazione del grande filosofo, con una certa difficoltà, perché Aristotele pur di salvare l’idea di universo finito ammette la possibilità di una divisione della retta, escludendo però la somma perché questa avrebbe portato a qualcosa di più grande dell’universo finito (Aristotele Fis. III, 7, 207b, 15-21 ), mentre la teoria delle proporzioni di Eudosso ed anche l’assioma di Archimede prevedo appunto la somma. In quest’ambito ricade anche la famosissima frase di Aristotele secondo cui i matematici per lavorare non avrebbero bisogno dell’infinito ( Fis. III,6, 207b 27-34 ), concetto ripreso in ambito teologico da S.Tommaso d’Aquino e per poco non gli costò gli onori degli altari, perché all’epoca sul trono di S.Pietro sedeva Giovanni XXI, un papa scienziato deciso avversario delle teorie aristotelico-avveroiste.

    Forse dato che all’epoca non era ancora ben delineata la separazione tra filosofia e teologia, fisica e metafisica, avrei dovuto specificare anche a quale concezione teologica o metafisica mi riferisco ogni volta che parlo di infinito o continuo.

    <?xml:namespace prefix o ns "urn:schemas-microsoft-com:office:office" /><o:p><font size="3" face="Calibri">&nbsp;</font></o:p></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 0pt 36pt;" class="MsoListParagraphCxSpMiddle"><font size="3" face="Calibri">Per Archimede si ripropongono problematiche
    simili
    è difficile dire se abbia mai conosciuto l’opera di Aristotelenon lo
    cita mai
    come unico filosofo menziona Democritogrande antagonista di
    Aristotele inoltre la matematica di Archimede tutto è tranne che platonica o
    aristotelica
    Si hanno persino difficoltà con Euclidenon cita nemmeno lui,
    tanto che alcuni storici della matematica sono arrivati a sostenere che non lo
    abbia conosciuto
    e che teoremi “euclidei” che usa abbiano come fonte altre
    raccolte matematiche simili agli Elementi
    questo perché in Archimede mancano i
    teoremi più peculiari di Euclide come V
    ,4 e V,5. Posizioni esagerate e non
    veritiere
    V,5 e V,4 vengono usatiraramente e nelle opere più tardele più
    originali e geniali
    . </font></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 0pt 36pt;" class="MsoListParagraphCxSpMiddle"><o:p><font size="3" face="Calibri">&nbsp;</font></o:p></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 0pt 36pt;" class="MsoListParagraphCxSpMiddle"><font size="3" face="Calibri">In sintesia mio avviso sarebbe stato un
    errore storico attribuire ad Archimede “concezioni” riferibili all’ infinito
    aristotelico alle quali sembra essere del tutto estraneo
    per quanto riguarda
    Democrito forse va un po’ meglio
    se non fosse che l’opera di Democrito è
    andata quasi interamente perduta
    quindi diventa difficile fare confronti
    attendibili
    in aggiunta Archimede stesso afferma che le dimostrazioni di
    Democrito non erano matematicamente comprovate
    .</font></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 0pt 36pt;" class="MsoListParagraphCxSpMiddle"><font face="Calibri"><font size="3"><span style="mso-spacerun: yes;">&nbsp;</span>Quello
    di Archimede come tutti ben sanno è un modo unico di affrontare l’infinito
    , <span style="mso-spacerun: yes;">&nbsp;</span>e vorrei sottolineare che quelli sopracitati
    sono dati noti da sempre
    . </font></font></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 0pt 36pt;" class="MsoListParagraphCxSpMiddle"><o:p><font size="3" face="Calibri">&nbsp;</font></o:p></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 0pt 36pt;" class="MsoListParagraphCxSpMiddle"><font size="3" face="Calibri">Per quanto riguarda Galileola
    storiografia sembra piuttosto unanime nell’affermare che con Galileo si ha il
    superamento dell’infinito in atto e in potenza
    vorrei citare Galileo stesso onde
    evitare equivoci a tal proposito
    :</font></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 0pt 36pt;" class="MsoListParagraphCxSpMiddle"><font size="3" face="Calibri">“…<i>che questo sia in atto o in potenza
    fate come più vi piace
    .</i> . </font></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 0pt 36pt;" class="MsoListParagraphCxSpMiddle"><font size="3" face="Calibri">Avrei dovuto sottolineare di più che la
    questione era discussa
    Che c’erano dispute in attoMi sembra cosa nota che
    Galileo discusse con Santa Romana Inquisizione con esisti poco costruttivi e
    che per prudenza “
    <i>Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove
    scienze
    </i“ l’opera contenente gli studi sull’infinito uscì <span style="mso-spacerun: yes;">&nbsp;</span>poco prima della sua morte e anche questa è
    cosa nota
    non posso specificare ogni particolarealtrimenti invece di un post
    diventa un’enciclopedia
    .</font></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 0pt 36pt;" class="MsoListParagraphCxSpMiddle"><o:p><font size="3" face="Calibri">&nbsp;</font></o:p></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 0pt 36pt;" class="MsoListParagraphCxSpMiddle"><font size="3" face="Calibri">Quindi ribadiscodove sono questi errori
    storici tali da fare gridare all’antiscienficità in modo così offensivo
    Neanche
    avessi scritto che Euclide era cugino di Napoleone e cognato di Giulio Cesare
    .</font></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 0pt 36pt;" class="MsoListParagraphCxSpMiddle"><font size="3" face="Calibri">Avrei dovuto specificare di che infinito si
    tratta
    A mio avviso sein questo contestolo avessi fattosarei stata poco
    corretta
    perché si sarebbe trattato di forzature e attribuzioni senza
    fondamento scientifico
    non comprovabili e decisamente fuori argomento.</font></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 0pt 36pt;" class="MsoListParagraphCxSpMiddle"><o:p><font size="3" face="Calibri">&nbsp;</font></o:p></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 10pt 36pt;" class="MsoListParagraphCxSpLast"><font size="3" face="Calibri">Nell’insieme </font><span style='line-height: 115%; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 9pt;'>GeriSteve</span><font size="3"><font face="Calibri"mi dà
    l’impressione di uno che è rimasto deluso dal non avere trovato il solito
    articolo che è abituato a leggere
    e ha attaccato senza avere nemmeno
    riflettuto bene
    , <span style="mso-spacerun: yes;">&nbsp;</span>scambiando sobrietà per
    ignoranza e ostinandosi a volerla ritenere tale
    . <span style="mso-spacerun: yes;">&nbsp;</span><span style="mso-spacerun: yes;">&nbsp;</span></font></font></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 10pt;" class="MsoNormal"><font size="3" face="Calibri">In una cosa sono d’accordol’importante è capire.</font></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font><p style="margin: 0cm 0cm 10pt;" class="MsoNormal"><font size="3" face="Calibri">P.SMi dispiace che per lei un errore di battitura o
    scrittura sia di tale gravità da dovere da dovere troncare ogni discussione
    ,
    per fortuna la maggior parte della gente non la pensa come Leialtrimenti
    opere come la Relatività di Einstein sarebbero state cestinate perché piene
    zeppe di errori dato che Einstein era dislessico
    quindi incapace di scrive,
    resta il fatto che Semerano non è un gran ché.</font></p><font size="3" face="Times New Roman">

    </
    font>

  • Di (---.---.---.82) 19 marzo 2013 02:17

    Che Geri Steve sia superficiale è un fatto. Lo si nota dai suoi infiniti commenti spesso senza senso, ma solo frutto di un saccente tuttologo.

    Poi il fatto che avrebbe avuto la lode da Wolf Gross gli fa credere di avere sempre ragione.
    L’importante è crederci.

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