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Francia e riforma del lavoro: almeno i francesi lottano

Almeno i francesi lottano.

“Parigi alzati, sollevati”, intonavano i cori di un corteo alla cui testa campeggiava lo striscione "per il ritiro per i nuovi diritti": il ritiro della Loi travail, una legge che prevede un aumento del massimo delle ore lavorative settimanali, di quelle giornaliere, la drastica riduzione degli emolumenti per gli straordinari e i licenziamenti economici, anche in casi diversi dal fallimento e dalla obsolescenza dei macchinari.

Sono ormai tre mesi di lotta: non molla il Governo francese, che fronteggia i lavoratori con una fermezza voluta ed imposta dalla UE.

Ancora una volta la UE, in Francia come in Italia come in Belgio, e prima ancora in Grecia, per omogeneizzare una politica del lavoro, fondata sul massacro dei diritti sociali.

Non a caso Loi travail, jobs act e riforma del lavoro belga si assomigliano. Ma se il capitale si muove unito, incomincia ad unificarsi anche il movimento operaio, per istinto più che per organizzazione.

Non mollano i lavoratori, mentre la protesta ha varcato i confini francesi, per estendersi nel vicino Belgio, dove si assiste ad una serie di manifestazioni e di scioperi che non si vedeva dal 1986, contro la legge sul lavoro presentata dal governo Belga.

E noi? Silenzio. Silenzio dei media.

 

 

Della protesta dei lavoratori francesi, poco si sa in Italia, se ne è parlato: certo se ne è parlato, ma a bassa voce. La resistenza, la forza, la passione di questi ragazzi in lotta, le analogie tra le leggi del lavoro francese, italiano e belga sono rimaste avvolte nella nebbia.

 

La paura del contagio, dell'avvio in tutta Europa di una stagione di lotte, si è impadronita dei governi e delle forze padronali europee ,e tra queste l'Italia.

Silenzio dei lavoratori, degli studenti e dei precari. Hanno subito e tollerato tutto, senza fiatare.

Hanno subito e tollerato la legge Fornero, l'abolizione dell'articolo 18, l'allungamento della età pensionabile, senza distinzione tra lavori usuranti e non usuranti.

Silenzio, maledetto silenzio, della sinistra e del sindacato.

Hanno subito e sopportato l’umiliazione di un governo che non li riceve. Hanno subito, tollerato e quasi condiviso il sistema pensionistico contributivo come strumento perequativo, che perpetua, in pensione, le disuguaglianza del rapporto di lavoro.

E’ vero, c’èra l’emergenza finanziaria. Prima il Paese e poi il partito, diceva Bersani. Il voto favorevole alle riforme, alle leggi del governo Monti, dei partiti della sinistra, e il silenzio del sindacato hanno rappresentato e rappresentano, un passo indietro del movimento operaio, l’annientamento di anni di lotta della sinistra, che è difficile far rivivere anche con la lotta dei lavoratori francesi, di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze.

Ma il licenziamento senza motivazioni, con motivazioni false ed infondate, non ha ragione di vita, né un anno né un mese, né un giorno. E cosi anche la guerra tra poveri, l’uguaglianza al ribasso di queste pseudo riforme del lavoro.

La rivolta francese è un'occasione da non perdere.E allora: articolo 18 per tutti, 35 ore per tutti, lavoratori e precari e studenti.

Sono questi i nuovi diritti, non solo dei francesi, ma degli italiani e dei belgi, non solo dei lavoratori, ma di studenti e precari. 

Sono questi i nuovi diritti che devono accomunare i cittadini europei e dar vita ad un movimento di lotta europeo. Ma ci vuole unità, unità di lavoratori studenti e precari, unità di francesi belgi, italiani, ungheresi, unità di tutte le forze massacrate dalla Troika.

Se il capitale è europeo, anche la lotta deve essere europea.

 

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