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Finito il "Governo dei peggiori"

E così è finito il "governo dei peggiori". Il terzo esecutivo di Silvio Berlusconi che passerà alla storia per le innumerevoli leggi ad personam, per aver infangato il nome dell’Italia, per aver moltiplicato i conflitti di interesse, per averci condotto inermi nei meandri di una gravissima crisi economica

Il Governo che ha rubato il futuro a milioni di italiani, che ha badato agli interessi di pochi dimenticandosi della maggioranza, che ha sovvertito le regole del vivere comune e dell’onestà pubblica, ha smesso di esistere. Era ora. E forse è accaduto troppo tardi. 

Ed adesso? Che fare? Il Capo dello Stato sta cercando di mettere ordine tra le macerie di questi ultimi tre anni di Berlusconismo, che hanno devastato prassi, norme e procedure costituzionali.

Il compito è arduo. Ma dalla risoluzione di questa crisi passa la speranza di veder risorgere una nuova Italia che avendo archiviato la disastrosa Seconda Repubblica possa rinascere. Con nuovi obiettivi e nuove istituzioni. Senza dimenticare la rifondazione di una nuova classe dirigente. Piu’ sobria, seria e perché no, preparata e professionale.

Se la politica è capace di produrre soltanto i casi umani che abbiamo visto fino ad adesso, ben vengano i professori, i dottori e pure i tecnici. In questo scenario l’unica soluzione per rassicurare i mercati, riorganizzare gli schieramenti, e sciogliere i veri nodi che legano l’agonizzante asse economia-stato è un governo di unità nazionale (di decantazione, di tregua, il nome non conta, la sostanza non cambia) che sappia parlare al paese con una voce di verità.

Senza derive populiste o demagogiche. Senza facili soluzioni o trionfalismi. Senza ricette superficiali. Un governo autorevole, tra noi come in Europa che indichi quei provvedimenti ormai non più procrastinabili che il nostro paese aspetta da decenni.

Berlusconi, i suoi sodali, gli intellettuali di palazzo continueranno a dire che la soluzione migliore sarebbe il voto. Ma non è vero. Il nostro è un sistema Parlamentare. Ed ogni soluzione che esprime il Parlamento è legittima e deve essere portata avanti. Viviamo in un regime democratico paradossale in cui coloro che riescono a vincere le elezioni (Prodi, Berlusconi) non sono capaci di governare perché non sono forti abbastanza da assumersi l’onere di decisioni impopolari.

L’assioma è semplice: chi prende voti non governa, al massimo cura il suo orticello. Chi non prende voti forse governa. Forse riforma. E’ tempo che qualcuno, veramente capace, senza l’assillo del consenso a tutti i costi(sostenuto dai partiti che siedono in Parlamento in virtù del voto) cerchi di far ripartire la macchina dello Stato. I prossimi giorni sanciranno se questa formula funziona. Almeno per alcuni mesi. E poi avanti con l’ennisima elezione – giudizio universale.

Da qui due proposte semplici ma che potrebbero rivoluzionare la vita pubblica italiana come la regola dei tre punti in caso di vittoria sconvolse la seria A nella metà degli anni novanta. La prima: mettiamo in Costituzione, il divieto per il Capo dello Stato di nominare Presidente del Consiglio colui che ha condotto in prima persona la campagna elettorale per il proprio schieramento politico, mettendo quindi una separazione netta tra chi fa propaganda politica e chi effettivamente è disposto a governare.

Chi ha detto che il Berlusconi macina voti della campagna elettorale sia il miglior politico capace di assumersi la responsabilità del governo del paese? Nessuno, anzi lo smentiscono i fatti. La seconda: tutte le cariche pubbliche italiane (partendo dalla Presidenza della Repubblica, passando per i Ministri, i presidenti di Regione e soprattutto la Presidenza del Consiglio) possono essere occupate per una sola volta dalla stessa persona.

Sarebbe l’inizio di una nuova era. Basta con gli uomini soli al comando. Basta con la retorica del carisma. Basta con l’ansia dei primi cento giorni, e da fine legislatura. Ed in mezzo il nulla. Ci vogliono persone capaci di dimostrare le loro capacità una sola (ed unica) volta. Sedendo al posto giusto e nel momento giusto.

Si costringerebbero le forze politiche a produrre classe dirigente e non uomini buoni per tutte le stagioni. Estate, autunno ed inverno compreso. Berlusconi fino a ieri era la persona sbagliata nel posto sbagliato. E ne paghiamo le conseguenze. Amaramente. E’ giusto che da oggi si riparta, con nuove regole e archiviando l’antico, soprattutto il Berlusconismo. 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.179) 15 novembre 2011 12:58

    Video-mito >

    Nel 1994 Berlusconi promise, in video, di fare “un nuovo miracolo economico”. Confidava, in privato, che “se non andava in politica lo mandavano in galera e lo facevano fallire”.
    Interrotta bruscamente la prima esperienza di governo il suo vero banco di prova è iniziato con l’incarico del 2001.
    Ha trovato un Pil da 1200 miliardi ed un Debito da 1300 miliardi.
    Come suo patrimonio dichiarava 11,2 milioni di euro.

    Passati 10 anni, dopo i 2 governi “più longevi” della storia repubblicana il Pil è aumentato di circa 360 miliardi mentre il nostro Debito è cresciuto di oltre 600 miliardi. Con il 2011 la pressione fiscale è salita fin sopra il 43%.
    Ora Berlusconi dichiara un patrimonio da 40,9 milioni (+365%).

    A giugno affermava che l’attività del governo “ha del miracoloso”, tanto da meritare un monumento. Prima di essere “tradito” ribadiva che in Europa “nessun governo ha fatto tanto e con così brillanti risultati”.
    Anche se i Commissari UE avvertono che per il pareggio del bilancio nel 2013 servirà un’ulteriore manovra da 25 miliardi Berlusconi ripete che con la sua discesa in campo “ha cambiato il Paese”.
    Visto che le sue dimissioni sono state un “gesto responsabile e generoso” è sempre “pronto a staccare la spina”.
    La storia insegna che la Febbre del Tribuno non rinuncia mai fino a …

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