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Festival Cinemambiente: non li vedrete in televisione

Ci sono cose che in televisione si vedono molto difficilmente. Non solo nella iper-censurata televisione italiana, che risponde soltanto a logiche di appartenenza politica, a parte pochissimi eccezioni, ma anche nelle televisioni di tutto il mondo, perché ci sono verità che dispiacciono a troppe persone. Così capita che alcuni documentari bellissimi e molto interessanti abbiano una notorietà molto inferiore a quella che meriterebbero.

Come The Corporation, un documentario del 2004 che analizza il comportamento delle grandi imprese multinazionali, e conclude che il loro modo di agire, totale disprezzo della vita umana, fini assolutamente egoistici da raggiungere con qualsiasi mezzo lecito o illecito, assomiglia a quello degli psicopatici più pericolosi. Un buon punto d’inizio per capire la reale natura del capitalismo moderno. O Why We Fight, perchè combattiamo, un documentario che racconta il crescente potere dell’industria delle armi negli Stati Uniti e come sia necessario avere sempre una guerra da combattere per permettere a questa industria di mantenere i suoi profitti. Guerra che non si fa per la libertà, la democrazia e nemmeno per il petrolio, ma semplicemente per la guerra in sè. O Standard Operating Procedure e Un Taxi per il Lato Oscuro, che parlano delle torture commesse in Iraq e Afghanistan dai soldati americani su persone rivelatesi poi in molti casi innocenti. 

The End of America, sull’erosione delle libertà civili nella più importante democrazia del mondo. War Made Easy, sul mondo in cui la guerra è stata venduta nel corso degli anni al pubblico americano. The Future of Food, sul controllo delle risorse agricole da parte delle grandi multinazionali. The Century of the Self, un documentario inglese che spiega come la politica usi la psicologia per appellarsi all’emotività e controllare le reazioni del pubblico. Oppure Earthlings, che denuncia le terribili sofferenze a cui sono sottoposti gli animali nei settori industriali che li sfruttano, dalla carne alla vivisezione. A Crude Awakening, sulla prossima fine del petrolio. Rething Afghanistan, l’unico documentario che mostra la realtà della guerra e le vittime civili dei bombardamenti Nato. Blue Gold, che spiega come le multinazionali stanno cercando di privatizzare tutta l’acqua potabile del pianeta. Crude, che ha denunciato la devastazione dell’Amazzonia ecuadoriana da parte della Chevron. 


O i documentari presentati dall’8 al 13 ottobre al festival Cinemambiente di Torino, come il recente L’Era degli Stupidi, Addicted to Plastic, che parla della nostra dipendenza dalla plastica che ormai ha invaso anche l’Oceano PacificoMeat the Truth, sui danni ambientali creati dall’industria della carne, e tanti documentari italiani che possiamo scommettere non andranno in prima serata su Rai Uno: 600.000 fibre in un respiro, sui morti dell’amianto della fabbrica di Casale Monferrato, CamminaMare Liguria, sugli scempi e le speculazioni della costa ligure, La bambina deve prendere aria, sull’emergenza rifiuti in provincia di Caserta, a cui si riferisce anche Una montagna di Balle, sul disastro ecologico della Campania. Un problema che non è solo del Sud, come dimostra Valledora - la terra del rifiuto, sulle discariche, le scorie nucleari e gli inceneritori tra Biella e Vercelli.

E poi c’è Oil, inchiesta sulla raffineria Saras in provincia di Cagliari, un documentario ostacolato dai legali della famiglia Moratti. Qualcosa in Italia va in onda sulla meritevole Rai Tre, come Inventori di Malattie, un documentario che spiega come le industrie farmaceutiche vendano i loro prodotti cercando di convincere la gente che ne ha bisogno, anche se sta benissimo o i farmaci non hanno un vero beneficio reale. O Diario da Gaza, sull’operazione Piombo Fuso condotta dagli israeliani nella Striscia. 

Se nel mondo ci fosse davvero libertà di stampa simili documentari verrebbero mostrati in televisione in prima serata e forse potrebbero cambiare un pò le cose. Invece il mondo è nelle mani di un’oligarchia affaristica e politica che ha troppi interessi da difendere e troppe menzogne da nascondere, quindi certe cose vanno in orari innocui e televisioni di nicchia, oppure si trovano in rete. Ma dimostrano che non c’è solo Michael Moore, ma tanti altri registi che cercano di dire la verità, nonostante tutte le censure.

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