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Essenza del berlusconismo, storia di un (quasi) ventennio

Finalmente è finita. La pagliacciata berlusconiana passa alla Storia. Lo fa in maniera pietosa e penosa. Il berlusconismo muore per manifesta, conclamata ed inappellabile inettitudine.

Le menzogne propagandistiche sparate nella testa della gente per circa un ventennio sono state smascherate dalle analisi e dai comportamenti degli investitori finanziari, che hanno unanimemente giudicato il governo Berlusconi incapace di garantire la solvibilità dello Stato Italiano.

Toccherà a Mario Monti scongiurare la bancarotta, rimettere i conti in ordine e, sperabilmente, raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. Io credo che ci riuscirà.

Adesso che è finito, bisogna esprimere un giudizio storicamente fondato sul quasi-ventennio berlusconiano.

Si è trattato di un moderno esperimento reazionario, che ha tentato di reprimere la voglia di pulizia e di onestà affiorata all'inizio degli anni Novanta, dopo il dissolvimento dell'impero sovietico (dicembre 1991). Circa 20 anni fa, la società italiana iniziò a non poterne più degli intrecci corruttivi e del malaffare che aveva dovuto sopportare per fronteggiare il nemico comunista.

Le inchieste giudiziarie che decapitarono la prima Repubblica, i referendum elettorali e il fenomeno leghista furono tentativi di risposta a questa domanda di trasparenza, di moralità e di efficienza. Tutto fu stroncato dalla nascita di Forza Italia, voluta da Silvio Berlusconi nel 1994 ed ideata da Dell'Utri - su cui grava una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa - nel corso del 1993. La potenza di fuoco accumulata nella comunicazione televisiva doveva, da quel momento, servire alla tutela degli interessi illeciti, criminali ed inconfessabili, che iniziavano ad essere messi in discussione.

Si completava così l'emersione degli ambienti reazionari italiani, che, da circa un decennio, avevano abbandonato le velleità golpiste di generali frustrati e terroristi invasati, perché erano riusciti ad impossessarsi della bomba atomica televisiva. Un malinteso garantismo ed una distorta concezione della libertà individuale avrebbero, infine, fatto da mastice mitologico del nuovo partito.

Le somiglianze con il fascismo sono evidentissime. Anche il fascismo fu un esperimento reazionario che tentò di stroncare l'evoluzione democratica del Regno d'Italia. Nel 1913, in Italia, ci furono le prime elezioni a suffragio universale maschile e nel 1921 il Partito Socialista ed il Partito Popolare diventarono i primi due partiti italiani. La democratizzazione dello Stato Italiano era quindi ben avviata all'inizio degli anni venti. A stroncarla ci pensò la reazione fascista, ideata ed attuata da un ex-socialista (Mussolini) che mise a disposizione dei ceti parassitari dell'epoca il suo talento propagandistico e la sua formazione marxista. Il collante mitologico fu l'aggressivo nazionalismo in cui venne adulterato il sentimento d'appartenenza nazionale, che aveva animato l'unificazione politica degli italiani nel XIX secolo.

Constatate le analogie tra le genesi dei due esperimenti reazionari italiani, bisogna chiedersi come mai essi abbiano attecchito in Italia prima che altrove. La spiegazione sembra essere antropologica e culturale. L'Italia è stata per secoli terra di conquista di eserciti stranieri; il servilismo è diventato, nel corso dei secoli, un carattere biologico che le genti italiche hanno dovuto sviluppare per poter sopravvivere alle dominazioni subite. In Italia, poi, è stato culturalmente egemone il cattolicesimo, che esige la sottomissione delle coscienze all'autorità papale. Probabilmente, sono questi due retaggi storici a far amare poco la libertà a molti italiani e a renderli oggetto di seduzione da parte dell'Uomo Forte di turno.

Alcuni segnali di speranza vengono dalle differenze storicamente emerse nel contrasto e nel trapasso dei due regimi.

Nel 1924 gli oppositori del fascismo fecero la scelta suicida di abbandonare il Parlamento dopo l'assassinio di Matteotti, spianando così la strada alla dittatura. Gli oppositori di Berlusconi non hanno commesso questo tragico errore, ma non sono riusciti a sostenere compattamente e durevolmente l'unico uomo, Romano Prodi, che lo ha battuto per ben due volte.

Le istituzioni repubblicane, contrariamente a quelle del Regno d'Italia, hanno retto dinanzi alla debordante onda d'urto reazionaria. La magistratura è rimasta indipendente; la corte costituzionale ha cassato diverse leggi immonde approvate dalla maggioranza parlamentare di centro-destra; il Presidente della Repubblica, diversamente dal re golpista Vittorio Emanuele III, non ha dovuto ordire congiure di palazzo per seppellire il regime morente.

Se il fascismo, nel luglio del 1943, evaporò dopo lo sbarco in Sicilia degli anglo-americani (ai quali l'Italia aveva dichiarato guerra), il berlusconismo svanisce sotto la pressione delle istituzioni comunitarie, alle quali l'Italia ha liberamente aderito negli scorsi decenni.

Non ci resta, dunque, che benedire, preservare e rafforzare tutto ciò che ha evitato il ripetersi della catastrofe fascista e ha prodotto nel carattere degli italiani qualche fragile anticorpo all'atavica tentazione di rinunciare alla loro libertà.

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