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Equilibrio tra profitto e lavoro: dignità e futuro

I primi giorni di agosto, l’ufficio studi di Mediobanca ha pubblicato l’indagine annuale su 2030 principali società italiane, le quali rappresentano il 50% del fatturato delle imprese manifatturiere con più di venti addetti.

Nello studio – nel quale vengono elaborati dati aggregati sui conti economici, sugli stati patrimoniali e su altre principali grandezze quali investimenti, aumenti di capitale, dividendi, esportazioni e forza lavoro – sono analizzati anche i dati delle principali società che operano nei settori dei servizi pubblici, trasporti e distribuzione.

Lo studio prende in considerazione l’intervallo di tempo compreso fra il 2001 e il 2010, inoltre per 980 società vengono fornite le statistiche storiche dal 1968 ad oggi.

La pubblicazione mostra che il fatturato a fine 2010 è pari a +8,2% rispetto al -16,2% del 2009. Fatto 100 il fatturato del 2007, l’indice del 2010 ha chiuso a quota 96; questo dato rappresenta la media tra il 94 dell’industria e il 105 del terziario.

Le tendenze per l’anno in corso – riguardo le società quotate in borsa prese in oggetto – secondo Mediobanca sono incoraggianti, addirittura si prevede il totale recupero delle vendite pre-crisi e l’innalzamento dei profitti industriali a nove decimi circa dei consuntivi del 2007.

Riguardo la tassazione invece, ovvero il rapporto percentuale fra imposte effettivamente pagate dalle 2030 imprese e il loro utile lordo pre-tasse, lo studio conferma una diminuzione di quattro punti percentuali, dal 29,6% al 25,6%. L’aliquota fiscale effettiva delle medie imprese invece, risulta pari al 34,6%, rispetto al 22,3% delle grandi aziende e al 18,8% delle società quotate.

Riguardo il lavoro, l’indagine sostiene che pur essendoci stata una ripresa dei livelli commerciali, gli effetti positivi sull’occupazione sono stati disattesi. Nel 2010 le 2030 società hanno ridimensionato gli organici del 2% circa, nell’ultimo triennio la flessione cumulata è stata di oltre 70 mila lavoratori, ovvero il 5,1% della forza nel 2007.

Il fenomeno ha continuato ad interessare sia l’industria che il terziario con una particolare criticità nelle imprese a controllo estero (7,1% in meno) e in quelle pubbliche (6,9% in meno). La flessione nel settore privato, si attesta intorno al -2,3%. Diretta conseguenza della diminuzione degli occupati è l’aumento della produttività del lavoro, non dovuta ad investimenti, i quali sono diminuiti del 18% rispetto al 2007.

Dunque, il quadro delineato da Mediobanca, seppur considerando un campione parziale di imprese italiane, concretizza ancora di più l’eterno problema del nostro Paese, ovvero la redistribuzione del reddito dal basso verso l’alto, dove dagli otto ai dieci punti di Pil sono passati dai salari ai profitti. Eterno problema che è stato ulteriormente esasperato dalla manovra di due settimane fa, dove il risanamento coincide con l’annientamento del lavoro e con il taglio del welfare state, salvaguardando ancora una volta le oligarchie finanziarie, che sono poi le vere responsabili – unite ad una politica commissariata dall’Europa del denaro – del “caos” in cui versiamo.

È ora di pensare ad una idea di società differente, alimentare le tante passioni e le tante idee che la nostra società è capace di generare, è necessario puntare su interventi economici che abbiano il coraggio di pareggiare i conti, di far pagare a tutti il risanamento di un Paese spaesato ed arrabbiato, un Paese al quale è stato precluso un futuro, investito da una logica finanziaria che pensa esclusivamente e asetticamente ad arricchirsi, a scapito del lavoro.

La salvaguardia delle istituzioni democratiche, tramite le quali è possibile aspirare ad una rinascita nazionale, si ottiene attraverso quel “salutare” conflitto che deve nascere fra la società, per se stessi e per il futuro dell’Italia.

Abbiamo il coraggio di metterci in gioco tutti? Se sì, è il momento di farlo, sul serio.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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