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Ecco il primo licenziamento per motivi economici

È passato appena un mese e mezzo da quel 18 luglio in cui la Riforma del Lavoro è diventata legge. Un mese e mezzo, e ora arriva (senza le vacanze sarebbe successo prima) il primo caso di licenziamento per “motivi economici” destinato a fare scuola e costituire precedente. È quello che afferma Giorgio Serao, della segreteria nazionale Fistel, il ramo Cisl delle telecomunicazioni. “Sì, è il primo caso di licenziamento per motivi economici”, ci spiega Serao. “Ma siamo fortemente critici sulla decisione dell’azienda e puntiamo a farne un caso pilota in cui ottenere l’opzione al reintegro”.

Il primo licenziato sarebbe una giovane donna assunta nel 2010. Per l’azienda l’attività della dipendente potrà essere distribuita tra gli altri lavoratori, per via delle difficoltà economiche. L’azienda è la cinese Huawei, e secondo Serao avrebbe dei precedenti: “È una società che pensa di trattare così i lavoratori, con poca etica”. Continua: “Come ho letto la segnalazione mi ha veramente infastidito, perché la Huawei è un’azienda molto ricca”. Per il sindacalista la società avrebbe precedenti di relazioni sindacali difficili, per la cessione di un ramo d’azienda Fastweb, con 110 lavoratori.

Ora bisogna ottenere il reintegro. La Riforma del Lavoro, infatti, prevede che per i casi di licenziamento per motivi economici – ovvero per quelle aziende in crisi che decidono di licenziare – il lavoratore abbia diritto a una indennità risarcitoria dalle 16 alle 24 mensilità. Ma in alcuni casi il giudice può decidere per il reintegro, opzione che prima della Riforma veniva applicata in automatico. “Cercheremo la procedura d’urgenza”, dice Serao.

Seguiremo la vicenda da vicino, nei prossimi giorni, su L’Isola.

di Michele Azzu | @micheleazzu

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.192) 6 settembre 2012 02:39

    Dovremo fare la fine dei cinesi.
    Lavorare non per una ma per due ciotole di riso al giorno.
    ALCOA insegna.

    Il carbone del SULCIS nessuno lo vuole: troppo zolfo ed è molto più caro rispetto a quello importato di migliore qualità.
    Ci si preoccupa di 500 minatori che farebbero una vita salubre in superficie e molto migliore dei "forzati" di Taranto.
    Nessuno si preoccupa delle 60.000 società individuali: agricole ed artigiane che produrranno al minimo 200’000 disoccupati.
    Mi pare ci sia una sproporzione,
    Mandi,
    Renzo Riva
  • Di (---.---.---.213) 6 settembre 2012 11:28

    Ma dov’erano i lavoratori, i sindacati e tutti gli altri quando hanno approvato questa disposizione? Come mai allora non ha reagito nessuno? Forse non sapevano che poi quel provvedimento avrebbe prodotto le sue conseguenze? E questo non è che l’inizio. A meno che, ma mi sembra improbabile, di colpo la gente si svegli dal torpore nel quale l’ha fatta piombare l’astuta azione dei malfattori chiamati a governarla. Questo però pone un altro quesito: chi si fa rappresentare da incalliti mascalzoni?

  • Di (---.---.---.4) 9 settembre 2012 21:07

    Invece di fissarvi sui cavilli dovreste farvi una domanda: Se un’azienda é in crisi, perché ha troppi stipendi da pagare e pochi ordini da evadere deve poter licenziare si o no?


    Se la risposta é SI dobbiamo pensare a come aiutare i lavoratori licenziati (ammortizzatori sociali, corsi di aggiornamento professionale etc. etc.). Naturalmente tutto a spese della collettività

    Se la risposta é NO dobbiamo pensare a come aiutare le aziende. Perché se poi chiudono i lavoratori vanno tutti a spasso. E naturalmente anche in questo caso ricordiamoci che sarà tutto a spese della collettività. In economia non ci sono pasti gratis.

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