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Ebrei bianchi, ebrei neri

Un lettore del Corriere della Sera ha inviato una lettera in cui, sostanzialmente, afferma che l’ebraismo è solo una religione.

Potete leggerla qui. Giustamente Sergio Romano gli ha risposto che no, l’ebraismo è “al tempo stesso una identità accettata e custodita anche da chi non pratica precetti religiosi”.

Cioè una storia e una tradizione culturale che un certo numero di persone, credenti e non credenti, ritengono essere la propria storia, la propria tradizione, la propria cultura. Di cui fa ovviamente parte anche la loro religione.

In poche parole l’ebraismo ha una sua antropologia; ed anche, ma non solo, la sua teologia.

Non dovrebbe essere strano dirlo. Anzi, non dovrebbe essere nemmeno necessario dirlo, nel 2014, quasi 2015. Dal momento che l’antigiudaismo di stampo cristiano e l’antisemitismo razziale, cioè le due aberrazioni culturali che più si sono prodigate nell’alterare la realtà dell’ebraismo, dovrebbero essere state spazzate via dalla storia.

Mica vero.

Una forma persistente, un virus che sembra ineliminabile, di continua denigrazione della tradizione culturale ebraica, sembra scattare come una specie di riflesso condizionato non appena ritieni utile o interessante affrontare certi temi; che poi sono proprio i temi, generalmente alterazioni palesi e insostenibili o manipolazioni interessate di antica data, che fanno quella stessa denigrazione della cultura ebraica di cui sopra. 

Eppure dovrebbe essere interessante studiare e capire una cultura che si è sviluppata perlopiù all’interno dei confini della cristianità e che, unica in due millenni, ha pervicacemente sostenuto che la natura umana non è originariamente peccaminosa, come proponeva il cristianesimo violentando la verità degli esseri umani. E che, per la sua caparbia resistenza culturale, ha subìto quello che ha subìto, per secoli, fino alla persecuzione dei nazisti e dei loro entusiasti collaboratori (in genere ferventi cristiani).

Magari potrebbe essere utile riflettere su una cosa del genere. E sul fatto che le culture sono tante e diverse fra di loro. E che se è vero che gli esseri umani nascono tutti uguali, è anche vero che poi si sviluppano in modi diversi, culturalmente parlando, e che la diversità delle culture è ricchezza, non razzismo.

Ma basta scrivere un articolo - titolo “Gli ebrei si sposano solo fra di loro?” - per dimostrare dati alla mano che l’endogamia ebraica non esiste; cioè non esiste una pratica accusata di essere, non so perché, una forma di sostanziale razzismo (in realtà sarebbe come accusare di razzismo il proverbio “mogli e buoi dei paesi tuoi”, il che sarebbe davvero un po’ eccessivo).

Basta scrivere una cosa così semplice che immediatamente devi fare i conti con i commenti di gente che arriva a sostenere che quel mio articolo... “offende l’intelligenza umana”, nientemeno. O che gli "arabi" hanno geni (sic!) uguali a quelli ebraici. Eppure, è cosa arcinota, l’endogamia è ben più diffusa nel mondo islamico o in quello induista, tuttora impostato sul sistema delle caste (il che sembra essere parecchio peggio dello sposarsi all’interno del proprio gruppo etnico). 

La stessa cosa capita se ti chiedi, sfruttando Sergio Romano e la sua risposta, se “l’ebraismo è solo una religione”. Per tutta risposta ti trovi chi ti rifila subito una lezioncina di political correctness: le razze non esistono (grazie, fin qui ci eravamo arrivati anche noi e non da ieri). Ma che, non contento, aggiunge che l’ebraismo è, secondo lui, razzismo. Tout court e fine della discussione.

I teologi dicevano che il particolarismo giudaico era "ostinato e cocciuto" in quanto si opponeva all’universalismo della buona novella (in realtà una pessima novella perché dice che tutti nascono peccatori, chissà perché, e sono redimibili solo se si iscrivono a Santa Madre Chiesa; cioè se diventano "uguali" assoggettandosi alla cultura dominante).

La conseguenza è stata che, secondo l’antigiudaismo cattolico, i veri razzisti erano loro, gli ebrei, che non accettavano di "farsi uguali" convertendosi.

Oggi si dice che - dal momento che in Israele ci sono ebrei bianchi ed ebrei neri e che questi ultimi sono trattati (pare) peggio dei bianchi - sarebbe dimostrato che l’ebraismo (non Israele, ma proprio l’ebraismo) è razzista.

A me non pare che sia così. Dal momento che esistono davvero ebrei bianchi ed ebrei neri (sono quelli di origine etiopica, i falashà, o yemenita) si direbbe piuttosto che non ce ne sia tanto di razzismo, casomai. E che la cultura ebraica sia piuttosto inclusiva. Certo più che in Italia dove un “nero” (o un cinese o un arabo o un filippino o un sudamericano) è ancora guardato storto se si dichiara “italiano”.

Se poi in Israele gli ebrei neri sono trattati peggio di quelli bianchi, si può ipotizzare, al più, che in Israele ci siano degli idioti razzisti (il che non si può certo escludere) non che l’ebraismo - come cultura - sia razzista.

A meno che con il termine "razzismo" non si voglia colpevolizzare, come faceva la Chiesa, chi intende mantenere il proprio particolarismo culturale e religioso. Ma sarebbe una definizione di razzismo del tutto cervellotica, esattamente come era cervellotica (e violenta) l'accusa dei teologi cristiani.

In realtà, come ha scritto in un suo saggio il rabbino Di Segni, "la condizione ebraica non si esaurisce strettamente in una appartenenza religiosa; è piuttosto una appartenenza a una comunità nazionale o etnica che si riconosce in una storia comune".

Il problema quindi è, alla fine, uno solo: quanto la cultura occidentale in tutte le sue forme, ma proprio tutte, riesca a fare i conti con il suo latente antisemitismo. Che significa rapportarsi all’ebraismo per quello che è, e che va almeno conosciuto, prima di parlarne (di solito così male). E non usando, mutatis mutandis, le fantasticherie deliranti di cui è stato oggetto nei due millenni trascorsi; cioè roba ampiamente partorita dalla solita Santa Madre Chiesa nel corso del suo "amorevole" e plurimillenario apostolato.

Ma pare che si faccia parecchia confusione anche negli ambiti più dichiaratamente antirazzisti. Figuriamoci nel resto.

 

Foto: MTSOfan/Flickr

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.217) 29 ottobre 2014 20:31

    << la natura umana non è originariamente peccaminosa, come proponeva il cristianesimo violentando la verità degli esseri umani.>>
    ------------------------
    Vangelo di Matteo, 18 - 1 In quel momento, i discepoli si avvicinarono a Gesù, dicendo: «Chi è dunque il più grande nel regno dei cieli?» 2 Ed egli, chiamato a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: 3 «In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. 4 Chi pertanto si farà piccolo come questo bambino, sarà lui il più grande nel regno dei cieli.
    ------------------------
    Stando al suo fondatore, non mi pare che il cristianesimo affermi che la natura umana è originariamente peccaminosa.

    Il fatto che la chiesa cattolica lo abbia invece affermato, coartando peraltro l’antico testamento, ha una ragione evidente: la chiesa cattolica ha voluto imporsi come unico e insostituibile tramite per la salvezza attribuendosi il potere di togliere un peccato originale di cui solo essa, non il suo fondatore, afferma l’esistenza. 
    Questo ha a che fare con l’esercizio del potere, non con la religione.

    Del resto Gesù era ebreo, e pur avendo fondato una religione universalistica distaccandosi nettamente dalla componente particolaristica del giudaismo, è da questo che ha tratto la sua materia prima.

    Anche il giudaismo ha una componente universalistica. B’Tselem, nome di una nota organizzazione umanitaria israeliana, significa "a sua immagine": dalla definizione dell’uomo (qualunque uomo) tratta dalla genesi quale creatura di dio fatta a sua immagine.

    Ma questa intepretazione del passo biblico non è accettata da tutti gli ebrei. Alcuni di loro contestano che abbia un significato universalistico, che affermi la perfetta eguaglianza originaria di ogni essere umano agli occhi di dio.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.12) 30 ottobre 2014 00:27
      Fabio Della Pergola

      Indubbiamente mi riferisco al cristianesimo "vincente", quello della Grande Chiesa paolina che ha dedotto dalla Lettera ai Romani l’esistenza del peccato originale. Cioè di una realtà umana originariamente peccaminosa.

      So che altre tendenze minoritarie del cristianesimo, come alcuni movimenti pauperistici (anche i Valdesi, mi pare) rifiutano questa lettura, ma non sono loro, direi, ad aver impresso la forma della civiltà occidentale.

      Quanto al resto, non sarei molto convinto che Gesù abbia mai fondato alcuna religione, ammesso che sia esistito. Non mi pare che storici ed esegeti ne parlino in questo senso. Direi piuttosto che parlano di Paolo di Tarso come del fondatore del cristianesimo. Dando perlopiù l’interpretazione di cui sopra a Romani 5 etc.

      Sull’ebraismo ha ragione: ci sono componenti universalistiche nella sua antropologia più che nella teologia, ma non hanno mai rinunciato al particolarismo etnico della loro religione. Non è però una cultura dogmatica; da qui le opinioni diverse di cui lei parla.

  • Di (---.---.---.229) 27 novembre 2014 18:15

    Fabio lei guarda troppo quark. E. Lualdi.

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