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E’ partita la caccia alle terre dell’Africa

Tecnicamente si chiama "land grabbing", accaparramento incontrollato delle terre. Per i più critici è semplicemente la svendita del Continente nero sotto forma di "neo-colonialismo".

Terminologie a parte, lo sfruttamento delle risorse naturali dell'Africa è un fenomeno che dura nei secoli ma che negli ultimi anni è in costante crescita. 
I protagonisti sono i governi locali, non molto sensibili alle esigenze delle comunità rurali, i colossi internazionali ed i Governi stranieri di mezzo mondo. In cima al podio Cina, Corea del Sud, India ed i paesi ricchi del Golfo
 
Si calcola che dal 2001 ad oggi circa 227 milioni di ettari di terra (pari all'intera Europa nord-occidentale) siano stati venduti, affittati o permangono sotto negoziato.
 
In pericolo ci sono le comunità più povere che perdono case e mezzi senza ricevere un adeguato sistema di ricompense. E' quanto emerge da un recente rapporto di Oxfam Italia, dal titolo "La nuova corsa all'oro", elaborato insieme ad altre Ong riunite nella Land Matrix Partnership
 
Spiega la portavoce Elisa Bacciotti in un'intervista rilasciata al Sole 24 Ore"Non si tratta spesso di land grabbing, ma dietro le acquisizioni si cela spesso un fenomeno. La scarsa trasparenza e la segretezza che circonda le compravendite di terra rendono difficile calcolare i numeri"
 
Secondo i dati di Oxfam Italia, su 1.100 accordi relativi all'acquisizione di 67 milioni di ettari, il 50% è avvenuto in Africa (più del 70% a fini agricoli). Il trend è aumentato a partire dal 2008, con rincari vertiginosi delle commodities alimentari. 
 
Sempre Elisa Bacciotti spiega che questi fattori provocano "una crescente insicurezza alimentare di alcuni Stati, una domanda crescente per i bio-carburanti, uniti alla necessità di effettuare investimenti sicuri in una risorsa dal sicuro aumento di valore come la terra e al cambiamento climatico che riduce la quantità e la qualità di terreni coltivabili"
 
Ma quali sono le risorse che producono le potenze straniere? Per esempio il Qatar dispone di ingenti fondi derivanti dalla vendita di gas, ma sulla sua superificie possiede solo l'1% di terreni fertili. L'acquisto di 40 mila ettari in Kenya destinati ai cereali e di lande in Sudan per grano e riso, seguono un disegno preciso. 
 
L'Arabia Saudita, per conservare le sue scarse risorse idriche, ha scelto di affittare mezzo milione di ettari di terre in Tanzania. Durata del contratto: 99 anni
 
Il nuovo Sudan del Sud è stato subito preso di mira dal "land grabbing": tra il 2007 ed il 2010 società straniere, Governi e privati si sono impossessati di 2,6 milioni di ettari di terreno da destinare ad agricoltura, biofuel e legname. Un'area grande quanto il Rwanda, il 10% di un paese dove la malnutrizione raggiunge vette drammatiche. 
 
Anche l'Etiopia, coinvolta nella recente grave crisi alimentare del Corno d'Africa, sta utilizzando alcune delle sue terre più fertili per concessione ad investitori stranieri e per produrre cereali da esportazione. 
 
Il valore finanziario è fondamentale, come precisa Lorenzo Cotuladell'International Institute for environment and development:"Crescita demografica e cambiamenti nei consumi a livello globale tenderanno a far aumentare i prezzi delle agricultural commodities e quindi le aspettative di guadagno del settore agricolo". La Cina ne è consapevole. 
 
Nel 2008 ha comprato 107 mila ettari di terra in Zimbawe e ha trasferito 10.000 lavoratori in Mozambico per incrementare la produzione di riso

Commenti all'articolo

  • Di Sandro kensan (---.---.---.200) 29 settembre 2011 16:31
    Sandro kensan

    Io sono rimasto impressionato dall?Italia che ha numerose centrali ecologiche a biomassa e che usa per ogni una più del 50% di olio di palma. Mi sono chiesto da dove provenisse l’olio di palma e la risposta è da questi paesi africani che invece di produrre cibo per i biafra, producono olio da palme e lo esportano perché è più conveniente e anche perché i biafra sono qui oggi ma domani non ci saranno più.

    Il bello è che le nostre centrali ecologiche a biomassa sono incentivate dall’Italia e dall’unione europea con i soldi delle nostre tasse e l’incentivo è molto altro altrimenti non converrebbe. Quindi siamo noi cittadini a dare i soldi per comprare l’olio di palma che viene piantato sui terreni africani al posto della manioca che sfamerebbe i biafra.

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