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Dulbecco: figlio di una nazione dal destino incerto

Pubblichiamo un intervento di Gabriele Pitingolo, giovane ricercatore scientifico del Centro di Biotecnologie A.O.R.N. dell'ospedale Cardarelli di Napoli. 

"L'ingegno e la tenacia dei pioneristici studi del professor Dulbecco sulla lotta contro i tumori e sul genoma umano, nel valergli l'alto riconoscimento del Premio Nobel, testimoniano il potenziale di innovazione della ricerca scientifica e costituiscono uno stimolo affinché il nostro Paese sappia, con coerenza, continuare su questa strada e valorizzare appieno le proprie migliori risorse intellettuali". 

Queste parole molto incisive sono state pronunciate dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dopo la morte dello scienziato a Jolla negli USA. 

Con la sua scomparsa, la comunità scientifica mondiale perde uno dei suoi più autorevoli testimoni. 

Curioso, rigoroso, ottimista, aperto ai giovani e all'integrazione fra saperi diversi, era riuscito, soprattutto attraverso il progetto Genoma, ad avvicinare e a chiarire alla gente il ruolo e la funzione sociale del lavoro dello scienziato. Per tutti i giovani scienziati, italiani e non, il prof. Dulbecco ha da sempre rappresentato un punto di riferimento, un esempio da seguire, grazie alla sua grande esperienza scientifica e professionale, nonchè la grande sensibilità umana. 

"Le ultime sue apparizioni in Italia non furono positive, rimase un po'amareggiato. L'esperienza fatta nel nostro paese lo aveva davvero deluso", racconta Paolo Vezzoni, ricercatore del Cnr che insieme a Dulbecco ha condiviso l'esordio del Progetto Genoma.

"Era dalla scorsa estate che non stava molto bene. L'ultima volta che l'ho sentito è stato in occasione delle feste natalizie. Ci siamo scambiati i saluti, ma non abbiamo fatto altri commenti", ha aggiunto Vezzoni, secondo il quale quando Dulbecco decise di tornare negli Stati Uniti "lo fece con l'amaro in bocca e, nel corso degli anni, la delusione nei confronti dell'Italia è rimasta costante anche se ad attenuarla hanno contribuito alcuni progetti di ricerca sulle cellule staminali che la Fondazione Cariplo aveva deciso di assegnare sotto la sua guida"

L'amarezza di Dulbecco nei confronti del nostro Paese era legata soprattutto alla decisione, da parte del Cnr di abbandonare il Progetto Genoma: un progetto che lo stesso Dulbecco aveva sostenuto e incoraggiato sia in Italia che all'estero. 

La triste notizia della morte del Prof. Dulbecco giunge in un momento critico della storia italiana, sotto l’aspetto economico e sociale, in particolare perché per lo scienziato nato a Catanzaro ''la ricerca scientifica è stata una testimonianza d'amore verso l'umanità, una delle più alte forme di solidarietà.”; e come non ricordare la partecipazione ad una edizione del Festival di Sanremo, durante la quale dichiarò di voler devolvere l’intero importo della sua partecipazione alla fondazione per la ricerca sul cancro. 

PRESENTE E FUTURO DELLA RICERCA SCIENTIFICA IN ITALIA 

Abbiamo accennato alla delusione di un giovane Dulbecco per la sua esperienza lavorativa in Italia e gli scontri con un contesto nazionale che tanto si discosta dal sistema americano, per ciò che concerne ricerca e sviluppo. 

Per realizzare una crescita di sistema, un paese ha bisogno di incrementare le risorse destinate alla R&S e per questo di introdurre una serie di incentivi

Urge l'adozione di una politica di sostegno alla ricerca che consenta alle "imprese innovative" di potere disporre di capitali adeguati in termini di tempestività ed efficienza, e al Paese stesso di aumentare la propria competitività sul piano industriale. 

L'analisi del campione evidenzia come le imprese biotech ed in generale i dipartimenti del settore ricerca sperimentale clinica ed industriale abbiano tre canali di finanziamento preferenziali: circa il 56% delle imprese ha dichiarato di ricorrere al debito, il 50% ai grant (che comprendono finanziamenti pubblici, nazionali e regionali, e i fondi europei e internazionali) e il 37% a fondi di Venture Capital e di Private Equity. 

Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un brusco calo degli stanziamenti di fondi pubblici per la ricerca scientifica, erogati a livello nazionale. 

Nel 2009 Francia, Germania e Regno Unito insieme hanno contribuito per il 54% al totale degli stanziamenti dell'Unione Europea, e la quota della sola Germania è pari al 24%: più del doppio di quella dell'Italia (11%). 

Certo la situazione non è estremamente drammatica, basta pensare che se si esamina la graduatoria internazionale fornita da Scimago, l’Italia si colloca all’ottavo posto, preceduta da USA, Regno Unito, Germania, Cina, Francia, Giappone e Canada: tutte nazioni il cui Prodotto Interno Lordo, fatta eccezione il Canada, supera quello dell’Italia. 

In altre parole, la posizione dell’Italia nella graduatoria delle superpotenze scientifiche è molto buona e certamente assai migliore di quanto percepito dall’opinione pubblica. 

Ben diverso è il discorso sulla efficienza della ricerca, dove spesso il grande impegno economico impiegato dalla nazione, viene invalidato dagli ingenti sprechi di denaro che la complessa burocrazia italiana comporta; ciò nonostante se restringiamo l’attenzione alla spesa in ricerca e sviluppo delle università, i dati OCSE collocano l’Italia all’ottavo posto. 

Pertanto, siamo ottavi sia nella spesa che nelle citazioni, un risultato del tutto ragionevole, questo è indice di un enorme potenziale nazionale per la ricerca scientifica. 

A questo punto dobbiamo porci una domanda fondamentale: fino a quando saremo competitivi?

I tagli indiscriminati ai finanziamenti e agli stipendi penalizzano ed avviliscono proprio chi fa il suo dovere o persino più del suo dovere, come i ricercatori universitari che da anni, senza averne l’obbligo, tengono insegnamenti a titolo gratuito o con compensi meramente simbolici. 

Inoltre, il Disegno di Legge Gelmini, introduce una precarizzazione estrema dell’accesso alla carriera accademica

C’è il fondato timore che i tagli e la riforma avranno due effetti principali: un ulteriore e decisivo incentivo alla fuga dei cervelli e la retrocessione dell’Italia nelle classifiche mondiali della ricerca; una fuga che ha visto coinvolto anche un giovane Dulbecco, figlio di una nazione dal destino incerto.

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