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Draghi sarebbe stato un premier migliore di Monti

L’ipotesi di un Mario Draghi presidente del consiglio fu avanzata già nei primi mesi del 2011, quando alcuni osservatori, più consapevoli della crisi economica che attraversava l’Italia, nonostante le rassicurazioni di cui, colpevolmente, si fecero portatori sia Berlusconi che il suo ministro dell’Economia Tremonti, ritenevano già allora che fosse necessario dare vita a un nuovo governo, guidato da un tecnico.

E fu proposto che il candidato ideale come nuovo premier fosse proprio Draghi, allora governatore della Banca d’Italia. Del resto, diversi anni prima, diventò presidente del Consiglio un altro governatore di Bankitalia, il mai dimenticato Carlo Azeglio Ciampi, successivamente nominato presidente della Repubblica.

Quando Draghi fu nominato presidente della Bce, in sostituzione di Trichet, quell’ipotesi cadde, ovviamente, e, sembra che, anche per questo motivo, Berlusconi apprezzò quella nomina perché un suo possibile antagonista fu escluso dal novero dei candidati alla sua sostituzione.

In seguito Berlusconi diede le dimissioni da premier e Napolitano incaricò Mario Monti per succedergli come nuovo presidente del Consiglio.

Perché ritengo che se fosse diventato premier Draghi avrebbe fatto molto meglio di Monti?

Soprattutto perché Draghi era ed è un keynesiano, quindi più disponibile, in periodi di elevata disoccupazione, a rilevare la necessità di politiche espansive, e comunque non contraddistinte da un eccessivo rigore fiscale, per favorire la crescita economica e la riduzione della disoccupazione. Invece Mario Monti può essere definito un neoliberista, più incline a perseguire il pareggio del bilancio pubblico e a mettere in secondo piano l’obiettivo di una forte crescita dell’occupazione.

A tale proposito è bene ricordare che Mario Draghi nel 1970 conseguì la laurea in Economia presso l’Università La Sapienza di Roma, e ha avuto come relatore il professor Federico Caffè. In seguito continuò gli studi presso il Massachusetts Institute of Technology con Franco Modigliani e Robert Solow.

Fu un allievo di Caffè e questi, come del resto Modigliani e Solow, due fra gli economisti più importanti a livello mondiale che ci sono stati negli ultimi decenni, era un convinto keynesiano.

Del resto alcune dichiarazioni che Draghi ha rilasciato, in occasioni molto importanti, avvalorano la mia tesi che, se fosse diventato premier, egli avrebbe ottenuto risultati migliori e avrebbe perseguito obiettivi più importanti, in politica economica soprattutto, rispetto a quanto ha dimostrato di saper fare fino ad ora Mario Monti.

Nell’audizione presso la commissione Affari Economici, che risale a pochi giorni or sono, ha rilasciato dichiarazioni molto significative. Così si può leggere in un comunicato emesso dall’agenzia Agi:

“Il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi ha detto che dopo l’approvazione del patto di bilancio (fiscal compact) ‘adesso dobbiamo avere un patto per la crescita’ (growth compact), parlando in un’audizione al Parlamento europeo a Bruxelles…

‘Il consolidamento fiscale attuato solamente sulla base dell’aumento delle tasse è sicuramente recessivo,’ ha detto Draghi durante un’audizione al Parlamento europeo a Bruxelles, aggiungendo che è invece necessario portare avanti una riduzione delle spese.

‘In condizioni di urgenza ed estrema tensione si aumentano le tasse perchè è più facile aumentare le tasse che ridurre le spese,’ ha ammesso Draghi, mettendo in guardia però dal rischio di effetti recessivi sull’economia…

L’inflazione è bassa e ‘restera’ bassa’: secondo Draghi, la politica monetaria dell’istituto centrale non e’ quindi da considerare ‘troppo restrittiva’. “Al momento giusto – ha detto durante il dialogo monetario all’Europarlamento – la liquidità immessa arriverà all’economia reale”.

In un articolo comparso sul corriere, furono riportate alcune affermazioni che Draghi fece a proposito di una manifestazione tenutasi a Roma alcuni mesi or sono e a cui partecipò un notevole numero di giovani:

“‘Hanno ragione’. ‘I giovani, hanno ragione a prendersela con la finanza come capro espiatorio’.

Mario Draghi governatore della Banca d’Italia e prossimo presidente della Bce, commenta così la manifestazione di Roma contro le banche degli Indignati. I ‘Draghi ribelli’ si fanno chiamare e la definizione non dispiace al governatore.

‘La notizia oggi non è a Parigi, ma a Roma’, dice prima di partecipare ai lavori del vertice dei ministri finanziari e dei governatori del G20 sulle strategie da attuare per arginare crisi che si svolgono nella capitale francese.

‘Siamo arrabbiati noi contro la crisi, figuriamoci loro che hanno venti, trenta anni. Hanno aspettato, aspettano tanto. Per noi non è stato così’, aggiunge il governatore che sulle difficoltà dei giovani a trovare un lavoro ha dedicato gli interventi più recenti….”.

Di un articolo di Nicoletta Cottone, sull’ultimo discorso pronunciato da Draghi come governatore della Banca d’Italia, possono essere riportate alcune parti anch’esse emblematiche riguardo alle valutazioni di Draghi realtivamente alla crisi economica italiana:

“Tornare alla crescita, sconfiggendo gli interessi corporativi che opprimono il Paese. Riconducendo il bilancio pubblico al pareggio, ricomponendo la spesa pubblica a vantaggio della crescita, riducendo il fisco che grava sui tanti lavoratori e imprenditori onesti con i proventi della lotta all’evasione fiscale.

Queste le linee guida del Governatore della Banca d’Italia uscente, Mario Draghi, nelle ultime Considerazioni finali all’Assemblea ordinaria dei Partecipanti, il tradizionale discorso rivolto a banchieri, imprenditori, autorità e istituzioni…

Per il Governatore andrebbero ridotte ‘in misura significativa’ le aliquote fiscali elevate che gravano sui redditi dei lavoratori e sulle imprese. Come? ‘Compensando il minor gettito con ulteriori recuperi di evasione fiscale, in aggiunta a quelli, veramente apprezzabili, che l’Amministrazione ha recentemente conseguito’…

La spesa pubblica deve contrarsi. ‘Senza sacrificare la spesa in conto capitale – ha spiegato Draghi – oltre quando già previsto nello scenario tendenziale e senza aumentare le entrate, la spesa primaria corrente dovrà però ancora contrarsi, di oltre il 5% in termini reali nel triennio 2012-2014, tornando in rapporto al Pil, sul livello iniziale del decennio’…

‘Più e meglio preparate, le donne trovano più difficilmente lavoro e guadagnano di meno. Per Draghi la scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro è un ‘fattore cruciale di debolezza del sistema’…

Eppure in Italia l’occupazione femminile è ferma al 46%, venti punti in meno di quella maschile, è più bassa che in quasi tutti i Paesi europei soprattutto nelle posizioni più elevate e per le donne con figli; e le retribuzioni sono, a parità di istruzione ed esperienza, inferiori del 10% a quella maschili’…

‘La concorrenza stenta a propagarsi al settore dei servizi – ha sottolineato Draghi – specie quelli di pubblica utilità. Non si auspicano privatizzazioni senza controllo ma un sistema di concorrenza regolata, in cui il cliente, il cittadino, sia più protetto.

La sfida della crescita non può essere affrontata solo dalle imprese e dai lavoratori direttamente esposti alla competizione internazionale, mentre rendite e vantaggi monopolistici in altri settori deprimono l’occupazione e minano la competitività complessiva del paese’…”.

Quanto ho scritto fino ad ora nel post dimostra chiaramente, a mio avviso, la validità della tesi sostenuta all’inizio: Draghi, se fosse stato premier, avrebbe attuato una politica economica senza dubbio diversa da quella che ha contraddistinto l’azione di governo di Monti, non caratterizzata da un eccessivo rigore fiscale e molto più attenta a promuovere la crescita economica e la riduzione della disoccupazione, in primo luogo quella giovanile.

 

Commenti all'articolo

  • Di Nicola Spinella (---.---.---.134) 28 aprile 2012 15:42
    Nicola Spinella

    Può essere... chissà: ma perché non andare ad elezioni? gli strumenti ci sono tutti. Forse mancano le teste , ma la democrazia non è l’imposizione di un premier per volontà bancaria.


    • Di Renzo Riva (---.---.---.29) 5 maggio 2012 03:56
      Renzo Riva

      No! Sbagli.
      Per volontà di un golpista presidente della repubblica che ha stracciato quella carta costituzionale di cui dovrebbe essere il garante e che pur non essendo responsabile per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni potrebbe rispondere, come stabilisce l’art. 90 della costituzione di alto tradimento o per attentato alla Costituzione, per cui potrebbe essere messo sotto accusa dal Parlamento.
      Cosa impossibile con l’attuale parlamento che invece utilizzano Monti come foglia di fico per coprire le loro vergognose politiche parassitarie,passate e recenti, di cui lo stesso Napolitano è il garante istituzionale.

      .
      Con questo l’Italia ha conosciuto il suo secondo "golpe" e nessuno da ad avvedersene.
      .

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