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Dopo Berlusconi e Minzolini crolla anche Signorini. La fine di un impero?

Mala tempora currunt. Dopo la detronizzazione forzata di Silvio Berlusconi, la dipartita dal tg1 di Augusto Minzolini tocca ad Alfonso Signorini registrare il proprio tramonto. Il suo show Kalispera! In onda in prima serata venerdì scorso è stato un clamoroso flop. Il direttore di Chi ha infatti deliziato davanti alla TV solamente 2.341.000 spettatori. Numero ben lontano dalle medie a cui può aspirare la rete ammiraglia Mediaset. 

Sono lontani (ma nemmeno troppo) i tempi in cui il volto buono e tollerante del berlusconismo incantava l’opinone pubblica a suon di gossip. Fu lui il cantore della storia della novella Maria Goretti in arte Ruba Rubacuori finita tra le grinfie dei giudici “comunisti” e salvata dal Cavaliere di Arcore. Verità poi trasportata, votata e quindi accolta anche dal parlamento Italiano.

C’è stata un epoca in cui il programma dell’esecutivo italiano era rintracciabile tra le pagine del settimanale Chi, in cui Signorini vestiva non solo il ruolo di direttore ma anche di Ministro della Propaganda con licenza di spargere miele su tutti gli aspetti impresentabili del berlusconismo governante.

Frotte di cittadini accorrevano al desco o meglio alla poltrona di Alfonso per conoscere l’unica verità o la contro-verità sui fatti italiani. Contro le calunnie che si mormoravano in giro. 

Per tre anni Silvio Berlusconi e forse l’intera destra italiana avevano scelto il viso dell’anti-superuomo di dannunziana memoria per contrastare gli attacchi della stampa nemica come Repubblica. Se Sallusti, Feltri e Belpietro facevano il lavoro sporco muovendo le truppe d’assalto, Signorini portava avanti la sua indispensabile opera dalle retrovie. Come una crocerossina rassicurante, che entrava senza troppo rumore nelle case degli italiani disorientati.

Se tutto il mondo parlava di crisi economica, questa non metteva piede nel salotto buono di Kalispera! Se tutto il mondo straparlava di scandali sessuali Kalispera! li spiegava confezionandoli con un non so che di irresistibile, e di glamour tipico dello showbiz. Se la realtà ci sottoponeva quesiti insormontabili Alfonso li decodificava con la calma serafica delle sue immagini, tranquillizzando (e sedando) il grande pubblico.

Qualcosa però nel meraviglioso mondo di Alfonso, Silvio e Piersilvio si è inceppato. Berlusconi non è riuscito a resistere all’urto della sfiducia dei mercati che poi era (in parte) sfiducia sulla sua persona. E’ crollato, e cadendo si sta portando giù tutta la rete di nani e ballerine a cui era legato (e da cui era sostenuto). Il vecchio schema panem et circenses dopo 2000 anni non funziona più. Il pane costa troppo ed il circo fa cilecca.

La cruda realtà del governo Monti, gli psicodrammi dell’Europa, la crisi finanziaria hanno fatto irruzione prepotentemente sulla scena, sul dibattito della politica e della società intera.

La lotta contro il pessimismo, unico nemico fortemente combattuto dal precedente governo è stata persa. Adesso gli operatori del settore ne fanno le spese sulla propria pelle catodica. Un sentimento di precarietà, paura ed insicurezza invade tutti e si espande a macchia d’olio. Entra nelle case degli italiani, si piazza davanti alla Tv e non vuole vedere le superficiali ricette di quel che resta dei carrozzoni Rai e Mediaset.

Dostoevsky pensava che la bellezza potesse salvare il mondo; Signori credeva che lo potesse fare il gossip in prima serata ma il suo messaggio era debole ed ha fallito. Gli italiani se ne sono accorti ed hanno cambiato canale.

La fine dei regimi spesso viene sancito dal crollo delle statue e delle immagine dei dittatori. E’ succeso così con Saddam e Gheddafi. In Italia il crollo di un ciclo politico passa per la rimozione dei direttori di rete, dei telegiornali, per la girandola di cambi alla conduzione di giornali e trasmissioni. Ieri è toccato a Minzolini, oggi a Signorini e domani forse sarà il turno di Vespa. Fino al prossimo regime. Fino al prossimo cambio di sistema che più sulla forza di singoli uomini si basa sulla forza del messaggio che alcuni gruppi di potere politico (e mediatico) danno in pasto di volta in volta al popolo-elettore.

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