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Dialoghi con Gian Francesco Malipiero (Venezia, 18 marzo 1882 - Treviso, 1 agosto 1973)

In quattro concerti il sublime Quartetto di Venezia ha eseguito in ambienti e città diverse l’integrale dei quartetti per archi del compositore veneziano.

Nell’ambito delle celebrazioni dedicate al 50esimo anniversario della morte di Gian Francesco Malipiero, Asolo Musica – Associazione amici della Musica, con gli Amici della Musica di Padova, ha ideato un programma, ponendosi come obiettivo la diffusione della conoscenza del grande compositore, la sua produzione musicale, la ricerca musicologica e la sua attività didattica.

Nel progetto, dedicato alla memoria del musicologo Mario Messinis (Venezia, 7 marzo 1932 – 8 settembre 2020), le esperienze artistiche di Malipiero sono riferite, emblematicamente, ai luoghi della sua vicenda umana e creativa.

L’esecuzione integrale dei concerti è stata distribuita nell’ordine ad Asolo, Padova, Venezia e Treviso ed affidata al Quartetto di Venezia (d’ora in poi QdiVE), che dal 2017 è quartetto in residenza alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia, nell’isola di San Giorgio, dove Asolo Musica sta curando annualmente una interessante stagione concertistica.

Nota aggiuntiva. A gennaio l’etichetta Dynamic ha ripubblicato le registrazioni del 1996 in un doppio, colorato CD : l’edizione completa degli otto quartetti. La formazione è la stessa dell’odierna, con la sola eccezione del violista : allora Luca Morassutti, oggi Mario Paladin.

Per ogni appuntamento, oltre a due Quartetti di Malipiero, l’ensemble veneziano ha eseguito alternativamente lavori di Ottorino Respighi (Bologna, 9 luglio 1879 – Roma, 18 aprile 1936) e di Alfredo Casella (Torino, 25 luglio 1883 – Roma, 5 marzo 1947), due compositori della “Generazione dell’Ottanta”, a cui appartiene anche Malipiero, attorno ai quali la Fondazione Cini ha costituito due importanti Fondi.

Ho assistito ai concerti allo Squero (il terzo del ciclo) e nella chiesa di San Teonisto (il quarto) di Treviso, riaperta e restituita alla città nell’ottobre del 2017. Era stata acquistata da Luciano Benetton, che successivamente l’ha donata alla Fondazione Benetton Studi e Ricerche.

La “Generazione dell’Ottanta” (tra gli altri, Pizzetti, Respighi e Casella) non è ben vista da Istituzioni e critica, per una militanza ideologica e un fiancheggiamento politico nel ventennio fascista.

Musicalmente, Malipiero e colleghi hanno voluto riportare in auge la tradizione strumentale italiana soffocata dal fenomeno del melodramma.

Rispetto agli altri, però, Malipiero fu quello che riuscì meglio a conciliare in maniera personale l’apertura verso l’Europa e il perseguimento di una linea creativa originale e incisiva.

Allo Squero, il programma del concerto prevedeva l’esecuzione del Quartetto n.3 (1921), che ha come sottotitolo Cantari alla madrigalesca, intendendo in tal modo la ripresa di antiche forme vocalistiche della polifonia italiana classica. L’uso degli strumenti ad arco ha il compito di far sentire la poesia del madrigale.

Il QdiVE ha saputo interpretare con il consueto gusto ed eleganza una partitura non facile, dimostrando un affiatamento e una purezza sonora che determinano l’alto indice di gradimento di cui sempre godono nelle sale da concerto.

Queste considerazioni sono state confermate anche dall’esecuzione del Quartetto n.6 (1947), sottotitolato L’arca di Noè, svelando così l’amore del compositore per gli animali e l’intenzione di salvarli, assieme alle sue cose importanti, da un eventuale naufragio, visto i tempi difficili in cui fu scritto (l’immediato dopoguerra).

Allo stesso modo degli altri, anche questo Quartetto è scritto in un movimento unico, anche se ci sono mutamenti ritmici, che potrebbero dividerlo in più parti.

Conclusione affidata al Quartetto dorico (1924) di Ottorino Respighi, dedicato al Quartetto d’archi Léner, di origine ungherese, fondato a Budapest nel 1918, che si sviluppa in un lungo unico movimento. Ha un andamento maestoso, se non proprio marziale, e reca in sé la possibilità di trovare un utilizzo cinematografico per pellicole che hanno un intenso contenuto di suspense.

Applausi sostenuti, che non volevano finire, hanno indotto il quartetto ad eseguire un breve bis, l’adattamento per quartetto d’archi de L’Italiana, che apre la terza Suite orchestrale di Antiche danze per liuto (1932), sempre di Respighi.

Il ciclo dedicato a Malipiero si è concluso nella chiesa di San Teonisto, che ha felicemente sorpreso per un’inaspettata ottima qualità acustica.

Il QdiVE ha eseguito dapprima il Quartetto n.5 (1941, pubblicato nel 1950), sottotitolato Dei Capricci. Si ispira ad un’opera precedente del compositore, I capricci di Callot (1940), il cui soggetto è tratto da un racconto di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (Konigsberg, 24 gennaio 1776 – Berlino, 25 giugno 1822), il quale, a sua volta, si è ispirato alla celebre serie di incisioni di Jacques Callot su maschere italiane e personaggi della Commedia dell’Arte (una raccolta di ritmi musicali, secondo la definizione di Malipiero.

Il Quartetto n.8 (1964), sottotitolato Per Elisabetta, che ha concluso il ciclo, è stato il più breve quanto a durata. L’autore ha inteso in tal modo ringraziare Elizabeth Sprague Coolidge (1864 -1953), pianista americana filantropa, che fu una delle maggiori finanziatrici del grande lavoro di Malipiero, iniziato nel 1916, per dare alle stampe l’edizione critica delle musiche di Claudio Monteverdi.

L’ultimo ascolto, Cinque pezzi per Quartetto d’archi, op.34 (1920) – Preludio, Ninna nanna, Valse ridicule, Notturno, Fox-trot – è una composizione di Alfredo Casella, che la definisce con queste parole nel libro I segreti della Giara (Firenze, 1941) : questo lavoro segna la fine di un periodo assai turbinoso della mia attività creatrice, fatto di assimilazioni, ed anche di influenze, quelle volute e queste subite mio malgrado. Oggi più che mai, mi rifiuto però ad ammettere che quel periodo sia stato meno che utilissimo e fecondo per la mia formazione definitiva. Dopo quattro anni di esperienze talvolta divergenti, la mia indipendenza di fronte allo stravinskismo e allo schoenberghismo era totale. E quei Cinque pezzi rappresentano appunto l'estrema fine dell'influenza stravinskiana e la scomparsa totale di ogni preoccupazione atonale.

Gioioso, l’ultimo pezzo, Fox-trot, che richiama una danza di successo, nata nell’America del Nord attorno al 1912, dal carattere sincopato, in tempo di 4/4, con un ritmo binario.

Anche nell’ambiente raccolto della chiesa restaurata, non sono mancati gli applausi.

Il bis di rito è stato il medesimo scelto per lo Squero, L’Italiana di Respighi.

Con il concerto veneziano, il QdiVE si congeda per il 2023 dal pubblico dello Squero, pronto a disegnare un ennesimo, stimolante programma per l’edizione 2024 .

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