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Quali modelli democratici da seguire

“Vedi, nel mondo ci sono due categorie di persone, amico mio: quelli con la pistola carica e quelli che scavano. Tu scavi.” (Dal film “Il buono, il brutto e il cattivo” di Sergio Leone).

La classe media italiana è di fronte a un dilemma. Nessuno vuole diventare povero ma i pochissimi che riescono ad affacciarsi alla soglia di qualche villa appartenente alla classe dirigente, vengono tollerati o come palafrenieri del potere oppure come faccendieri da spedire in galera, se le cose si mettono male, quando gli inevitabili imbrogli strettamente correlati ai loro business di alto bordo vengono a galla. In tali condizioni, gli equilibri tipici di una democrazia moderna saltano automaticamente.

Non è più solo un problema di divario fra ricchi e poveri. Non si tratta solo di rivedere o correggere le forme e l’attuazione del contratto sociale. Non riguarda solo il bilanciamento dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Sono i modelli di fondo della democrazia, quelli che dovrebbero ispirare i cittadini al raggiungimento di una società più equa e più umana, che diventano impraticabili. Le grandi corporation dettano legge e le marionette della politica seguono il copione prestabilito e preconfezionato da altri. In tale ambito e con tali premesse, se ne vedono di tutti i colori. Giornali e giornalisti che si servono della polizia per spiare i familiari e gli amici delle vittime del terrorismo o della malavita. Professionisti affermati o presunti tali che pagano appartamenti di lusso ai ministri, che però non sono al corrente della questione. Fondazioni no profit, create a scopi umanitari che si prestano ad operazioni ai limiti della legalità o apertamente illegali, con la copertura del Parlamento. Veline che occupano posti chiave nelle amministrazioni pubbliche. Gli esempi di questo tipo sono troppi. Uno in particolare merita comunque di essere citato, nonostante la nausea.

Fino a poche decine di anni fa, la guerra era considerata l’ultima opzione e i governi tentavano l’impossibile per evitarla. Oggi la guerra è vista come una fonte di reddito, per i pochi che la dichiarano, la tengono in piedi e la fanno gestire da altri. Vincere non rientra fra le priorità più stringenti. La guerra è infatti vinta in partenza, dalla ristretta cerchia di quelli che si gestiscono gli appalti relativi. Pare appunto che la quantità di denaro “investito” dagli Stati Uniti d’America per gli impianti di condizionamento dell’aria, utilizzati dalle truppe impiegate in Afghanistan negli ultimi 10 anni sia superiore all’intero budget della NASA, per lo stesso periodo. La guerra lampo non piace più a nessuno.

Oggi, la guerra è bella quando è lunga. Anche per via di tale situazione, diciamo così, globalizzata, i cittadini italiani si sono convinti che sia indispensabile, in una società confezionata su misura per gruppi di potere, essere più uguali degli altri. Evitare di restare in attesa di veder riconosciuti i propri diritti e farli valere per altre vie. Ottenere quella agevolazione che sarebbe stata rifiutata al vicino di casa. Ignorare le regole, bypassando burocrazia e istituzioni. Se la società medioevale era strutturata in corporazioni, la democrazia italiana si sta riorganizzando per bande. Non tutti sono malviventi si intende. Ma tutti vogliono proteggere qualche privilegio a spese della collettività. Che si parli di quote del latte per gli allevatori o di remunerazione per qualche categoria di lavoratori o di una bocciofila che chiede al comune di tagliare l’erba del giardinetto pubblico antistante la sede del circolo, ognuno sa di non poter contare solo sulle proprie forze o sulla capacità di persuasione degli argomenti a propria disposizione, per ottenere qualcosa che gli spetterebbe di diritto o che gli occorre o che vuole, in ogni caso. Per ottenere ciò che si vuole, è necessario entrare a far parte di una banda. Il partito, la parrocchia, un club, un sindacato, una cosca mafiosa, un dopolavoro e così via dicendo non servirebbero a nulla, se non fossero anche in grado di esercitare delle pressioni di natura politica, economica, sociale o personale allo scopo di arraffare e occasionalmente estorcere qualche privilegio o qualche favore, a vantaggio dei propri adepti. Al governo toccherebbe il compito di rimettere in sesto i conti pubblici, garantendo pari opportunita` e pari diritti ai cittadini. Per fare ciò, si dovrebbero tagliare privilegi a destra e a sinistra. Purtroppo, il taglio di quei privilegi corrisponderebbe anche ad una perdita secca di voti. Avete visto mai un governo o una coalizione di partiti dediti assiduamente a lavorare in modo da perdere le prossime elezioni? Semplicemente non esiste. Non si è mai visto. E` pura fantapolitica. Ecco perché i governi non sono minimamente preoccupati della gestione della cosa pubblica o di risolvere i problemi della società. Meno che mai, quelli di fondo o di lungo periodo. D’altra parte, è un cane che si morde la coda, oramai. Infatti, chi non desidera salire su un carro politico o corporativo o settario, resterà a piedi. Chi non accetti di sottomettersi alla protezione di una lobby di potere o della chiesa cattolica o di un gruppo finanziario o di una organizzazione a delinquere non avrà la garanzia di un qualsivoglia lasciapassare per l’università. Non sarà capace di trovare un lavoro o non farà carriera. Non potrà sistemare il figlio al ministero e non riuscirà mai ad ottenere che l’ufficio tecnico del comune gli conceda l’autorizzazione a edificare dentro un meraviglioso parco nazionale. Malaffare e business sembrano procedere di pari passo. Ancora non coincidono. Ma si muovono su rotte convergenti, con il beneplacito e con l’approvazione di larghe fasce della popolazione, che vedono tale sistema come un modello da desiderare e da perseguire. Se così non fosse, l’Italia non si ritroverebbe al 76esimo posto (settantaseiesimo posto) al mondo per concorrenza commerciale e imprenditoriale.

Quando queste bande, questi gruppi di potere non si accontenteranno più della scalata ad una banca o di qualche remunerativa operazione finanziaria facilitata da “insider trading” o del ritorno generato dai loro investimenti illeciti, saranno costretti ad armarsi e a combattersi allo scoperto. Chi avrà denaro in eccesso potrà comprare sempre dei mercenari disposti a combattere al posto suo. Chi invece si ritroverà a tasche vuote, dovrà scendere in piazza, con il mitra in mano, come succede alla gente in Messico, da anni. Quali altri modelli di riferimento si potranno seguire per ottenere il successo nella società e nella vita? Continuando per questa strada, basterà riguardarsi qualche vecchio film sulla Chicago del 1930, per sapere finalmente quali opzioni ci restano e quali siano i modelli di sviluppo del business e di confronto sociale a cui ispirarsi. Una nota di speranza ci arriva dalle donne italiane. “Se non ora, quando?” rappresenta un modello diverso di aggregazione e di interazione fra persone libere, che meritano tutto il nostro rispetto, la nostra gratitudine e la nostra ammirazione. Ci auguriamo solo che non diano origine ad un nuovo partito politico.

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