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Delitto Silipo: un mistero mai svelato

Sabato 19 dicembre è stato presentato nel dopolavoro ferroviario, il libro di Bruno Gemelli: “Lo strano delitto”. L’iniziativa è stata organizzata dall’Università popolare meditarrenea, presieduta da Maurizio Mesoraca. Uno scambio d’auguri natalazi, all’insegna dell’intellettualità, a cui hanno partecipato oltre lo scrittore, il giornalista Virgilio Squillace che ha moderato l’incontro e Francesco Rende del liceo Scaramuzza di Cosenza, che ha eseguito brani di Beethoven, facendosi apprezzare per il suo virtuosismo musicale.

“Lo strano delitto” è un’indagine che tenta di fare luce su un fatto avvenuto 47 anni fa, che riguarda l’omicidio di Luigi Silipo , su cui rimane un fitto mistero.Il delitto maturato nell’ambito di un sud, dove i contrasti tra economia e politica erano piuttosto accentuati, è strettamente connesso all’attività dirigenziale di un uomo che la Storia sembra aver cancellato.

Non è un caso se il mistero è tutt’oggi fitto ed il caso destinato a rimanere un tragico fatto, alla stregua di altri avvenimenti mai disvelati, come l’uccisione di Tullio De Mauro, di Siano, di Rostagno. La causa del mistero è che il fascicolo riguardante Silipo è sparito ed il giornalista ha dovuto ricostruire la sua indagine attraverso articoli di giornali, scaternando carte in biblioteca e soprattutto cercando di squarciare quel velo di omertà che ancora avvolge questa triste vicenda. A distanza di tanto tempo non un testimone che si sia fatto vivo per raccontare ed un muro invalicabile è quello della famiglia che non intende proferir parola del suo famigliare.

Era il primo aprile del 1965. A mezzanotte Silipo uomo alquanto abitudinario, sta rincasando nella sua abitazione, nei pressi di piazza Maddalena, dopo aver partecipato ad una riunione del Partito presenziata da Alfredo Reichlin, Franco Calamandrei e Giovanni Di Stefano; quando un sicario si avvicina e scarica sette colpi calibro 7,65 sull’ignaro dirigente, tra cui uno in testa, che fa presagire un’esecuzione a freddo tipo mafioso e così Silipo il dirigente sindacale, auterovole membro del Partito comunista centrale, che aveva fatto in poco tempo una folgorante carriera, si porta nella tomba la sua attività di politico di sinistra, per scomparire e smaterializzarsi per sempre.

Silipo nel 1941 era un ufficiale militare dell’esercito, un anno dopo passò nell’arma dei carabinieri e da qui spostato nei servizi segreti. Esecuzione mafiosa, la sua o legata per l'appunto all’attività dei servizi segreti ? Fatto sta che le indagini non furono unidirezionali ma abbracciarono varie piste, tra cui quella passionale o legata ad ambienti omosessuali. Seppure vennero mandati ispettori ministeriali da parte dell’allora ministro Taviani e tre giorni dopo il delitto non venne allestita nessuna camera ardente, si continuò a brancolare nel buio e dopo il 1965 il caso venne archiviato con buona pace di quanti volevano metterci una pietra sopra.

Eppure Silipo appartenente ad una famiglia della borghesia napoletana, aveva uno stile di vita molto abitudinario: rientrava a casa che condivideva con i suoi famigliari, tutte le sere alla stessa ora, per seguire le notizie del telegiornale per cui la sua vita privata non era velata da ombre. Gli anni in cui opera e si muove Silipo, sono quelli di Togliatti, di Miceli, di Alicata, di Reichlin che partecipò alla Resistenza con le Brigate Garibaldi, deputato nazionale fin dal 1968, nel 1992 ministro dell’economia nel governo ombra del partito comunista italiano, favorevole alla trasformazione del partito da PCI in partito democratico della sinistra, che collaborò gomito a gomito con Enrico Berlinguer. Reichlin è tutt’ora vivo ma le bocche continuano a rimanere cucite, nessuno sa, nessuno osa ricordare, se non seppellire, insabbiare.

Seppure l’attività sindacale del Silipo riguardasse le raccoglitrici di Bergamotto, per uno sciopero che si protraeva da più di un mese, per cui Silipo aveva ricevuto lettere anonime, e da una denuncia del dirigente sindacale che aveva portato alla luce una commistione tra politica e malaffare, non ci pare che dopo la sua morte ci sia stato un movimento di opinione pubblica tale da far sì che le indagini proseguissero; soltanto nel 1966 furono riaperte dopo che Luca De Luca, senatore e compagno di partito della vittima dichiarò che il movente fosse da ricercare in ambito politico. Fuochi e fulmini si scatenarono dopo quella dichiarazione e Luca De Luca venne espulso dal partito per indegnità politica e morale.

Una cosa è certa quel caso ancora oggi potrebbe far luce su come la Calabria continui a rimanere fuori da sviluppi annunciati che si perdono nel sottobosco di appetiti mai sopiti. Come Gelli, Silipo si porta dietro le sue verità, i segreti di un’Italia che non riesce ad aprire gli armadi per rottamare i suoi scheletri.

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