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Da 8 e mezzo a Nine

8 1/2 è forse uno dei capolavori più visionari di Fellini. Già riproposto a Broadway nel musical “Nine” dal 1982 ora viene riportato su grande schermo da Rob Marshall (Oscar per Chicago) con la complicità di uno stuolo di attori pluripremiati.
Il soggetto è stato tenuto in vita in tutti i modi conosciuti dall’umanità: Mario Fratti e il suo immenso talento adattarono il Musical, Kopit ci scrisse un libro e adesso Marshall punta alle masse del nuovo millennio riproponendolo in stile kolossal musical-teatrante.

Siamo ormai abituati all’interscambio e all’ispirazione, al riadattare e al rimisurare del cinema odierno, d’altraparte si è sempre fatto anche se in misura inferiore, questa volta però l’intento attrattivo risulta quantomeno evidente, un esempio? La lista dei protagonisti ingaggiati che sembra una fila di celebrità in coda alle Poste, sia d’oltreoceano che del suolo italico: Daniel Day-Lewis sarà Guido Contini (fu Mastroianni), Marillon Cotillard la moglie, Penelope Cruz, Nicole Kidman e Judi Dench saranno rispettivamente Carla, Claudia e Liliane La Fleur mentre Stacy Ferguson (forse qualcuno la conosce meglio con il nome di Fergie) ha avuto il ruolo che fu dell’infinita Eddra Gale, quello di Saraghina. Per la sezione italiani in un film c’è da segnalare ovviamente la partecipazione di Sophia Loren nel ruolo della madre spiritica di Guido, Ricky Tognazzi che sarà il produttore, Giuseppe Cederna il banchiere e per finire un paio di esemplari del cinema italiano giovane attualmente disoccupato: Martina Stella e Elio Germano.

 

Quando 8 e mezzo vide la luce lanciò molte carriere e ne confermò altrettante, raccontò la realtà e la psicologia di chi deve sempre misurarsi con la creatività. Guido Anselmi era un Federico Fellini con il blocco dell’artista, con la mancanza improvvisa d’ispirazione, che scavando nella propria vita, nei ricordi, negli affetti e lasciandosi ispirare da muse a volte improbabili a volte necessarie riusciva a trovare la chiave giusta per raccontarsi ancora una volta, per fare della sua vita il cinema, dei morti i vivi e dell’arte un linguaggio personale. Forse è giusto così, forse il nuovo cinema ha bisogno davvero di ispirarsi ai grandi maestri tentando di avvicinarsi il più possibile alla loro capacità di comunicare, utilizzando un metodo nuovo di rielaborazione per intrattenere chi ormai è bombardato dagli stimoli e di cercare il senso fra le immagini non ha più molta voglia.

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L’amletico quesito che continua a pulsare nella testa di chi ha amato, soprattutto da spettatore, la difficoltà della messa in scena, il sudore e il continuo peregrinare degli artisti di quel tempo nel cercare l’ispirazione perfetta rimane: La creazione deve sempre dipendere dal lavoro intenso di un genio precedente? Oppure l’intellettuale in 8 1/2 aveva ragione quando rispondeva a Guido: “No, mi creda, non abbia né nostalgia né rimorsi, distruggere è meglio che creare quando non si creano le poche cose necessarie.”

 

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