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Crotone e il caso amianto

Da quando la parlamentare Patrizia Bugnano capogruppo di Italia dei valori al Senato, ha aperto una finestra sul “caso amianto" a Crotone, il problema ambientale non ha mai smesso di essere una priorità per il nostro territorio, da affrontare con urgenza e determinazione. Crotone purtroppo vive la notte più lunga della sua storia, che pure è millenaria ed ha conosciuto i fasti delle civiltà dell’Egeo. 

Chiuse le fabbriche, dispensatrici allo stesso tempo di salario, danni e disastri ambientali, oggi è rimasto da pagare il conto, salatissimo, da inquinamento di metalli pesanti e amianto. Il conto in specie aveva, ed ha ancora, una scadenza protratta in un tempo che nessuno sa quantificare, se è vero che pochi sono gli operai sopravvissuti e in grado di godersi la pensione, in luogo di un loculo vista mare al camposanto.

Per sessant'anni Pertusola e Ammonia (poi Montecatini, poi Montedison, poi Enichem) hanno operato nella totale assenza di controlli. S’è dovuto attendere gli anni ottanta affinché si cominciasse a riconoscere agli operai danni da malattie professionali e, in particolare, patologie neoplastiche dovute ad esposizione a sostanze cancerogene. Sicché asbestosi e mesotelioma pleurico hanno fatto la loro tragica comparsa anche nella “Stalingrado del Sud”. Ma non è finita, purtroppo. Il dottor Rocca, specialista riconosciuto e apprezzato di Medicina del Lavoro, intervenuto alla conferenza stampa di martedì scorso, presso la “Casa della Cultura”, dice che il periodo di latenza (in sonno) del mesotelioma è di 20-40 anni e non è escluso che il picco su Crotone per la diffusione di tale patologia avverrà intorno al 2033. Frattanto nell'arco di tempo compreso tra i primi anni novanta ed i primi del duemila, sono stati accertati e documentati, ascrivendone responsabilità all’ l'Enichem, quattro casi di mesotelioma pleurico: due casi indiretti (mogli di un lavoratori per aver lavato le tute dei mariti) e tre casi di asbestosi. Equivalenza di numeri nel caso di Pertusola, ovvero i casi accertati di mesotelioma sono tre.

La verità è però che non c'è ancora un registro tumori e per far sì che l'indagine arrivi nel centro di Lione, centro specialistico a livello europeo, i dati disponibili di Crotone debbono essere aggregati con quelli di Cosenza, poiché quelli del capoluogo pitagorico non potrebbero far testo da soli, per via del numero complessivo di abitanti. In altre parole, da noi si brancola nel buio e mentre le regioni Piemonte, Lombardia e Campania hanno deliberato di sottoporre a un regime di aiuti e sovvenzioni in favore dei malati di amianto, la Regione Calabria, a dire dei promotori dell’incontro con la stampa su problema amianto, lesinerebbe persino i soldi delle royalties per Crotone e del problema se ne laverebbe le mani per via di costi non sostenibili qualora si volesse tentare di risolverlo. Ma la salute non ha prezzo se vuoi riaverla com’era prima; non la puoi pagare neppure avendo mezzo chilo di Mastercard nel portafoglio e quindi tantomeno disponendo di tutto il contante della BCE (per via della tracciabilità imposta ai morti di fame come i pensionati, gli stipendiati ed i salariati) frattanto che Crotone, a dire dei convocatori della conferenza stampa (IDV e “Fabbrikando l’avvenire) rischia di diventare una discarica d'amianto, dove si fanno stazionare navi della nel porto di Crotone intrise di amianto dalla chiglia all’ancora.

Nel 2003 l'ASL aveva segnalato alle autorità preposte concentrazioni di metalli pesanti oltre la norma in alcune specie vegetali coltivate nella zona adiacente la zona industriale. Posto che il veleno lo si trova anche sulle stelle alpine; sembra essere una peculiarità; ancorché una vocazione al martirio, di alcune zone del sud, coltivare i terreni vicini a inceneritori e biomasse. A Strongoli hanno messo una scuola vicino a uno stabilimento di biomasse; oppure lo stabilimento è sorto laddove non avrebbe dovuto sorgere. Per quanto riguarda Crotone - è stato detto durante l’incontro presso la “Casa della Cultura” - è rimasta e continua ad operare in beata solitudine la magistratura che, tramite la Procura della Repubblica, la sua indagine a 360° l’ha pure svolta. Tutto questo per ricostruire la spinosa vicenda sul disastro ambientale nel nostro territorio accertando negligenze e responsabilità, culminate nel caso “Black mountain”.

Il 16 ottobre dovrebbe concludersi il processo per i morti d'amianto e per la prima settimana di gennaio 2013 dovrebbe esserci la sentenza definitiva. L'ambiente non può aspettare, ai morti andrebbe resa giustizia, quantunque alla memoria, ma soprattutto è tempo che la bonifica in questo avvelenato territorio parta al più presto per restituire alla popolazione ciò che in questi lunghissimi anni le è stato tolto e senza avere certezze circa una doverosa restituzione.

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