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Corruzione e concussione nei pubblici appalti

A parte la cronaca giudiziaria, solitamente i media parlano della corruzione con cadenza semestrale, ossia quando i vertici della Magistratura Contabile lanciano le loro periodiche grida d’allarme su un fenomeno, che trasporta il nostro Paese dal novero di quelli avanzati, confortati addirittura dall’appartenenza al G8, a quelli del Terzo Mondo.
 

Poi più nulla, quasi a voler rimuovere dall’attenzione della pubblica opinione l’esistenza del problema, e ciò sino al successivo intervento.
 
Andando contro corrente, il vostro reporter cercherà di parlarne senza il sollecito della Corte dei Conti, limitandosi a considerare il settore dei pubblici appalti e partendo da alcune notazioni storiche sul fenomeno.
 
Durante la Prima Repubblica il fenomeno corruttivo si formava all’atto dell’acquisizione di commesse da parte dell’appaltatore: esse erano quasi tutte assegnate dai politici previo illecito accordo di corresponsione di tangenti. L’attività delle imprese si concentrava fortemente nella fase di acquisizione delle commesse, con continui e non certo trasparenti contatti sia con la classe politica sia con la concorrenza. E nelle zone in cui interveniva la malavita organizzata, ai tavoli per l’assegnazione di appalti non poteva non partecipare un suo autorevole rappresentante, come pare sia stato in effetti il costruttore Angelo Siino.
 
Mentre già gli effetti di Mani Pulite si abbattevano su questo sistema, si giunse addirittura a legalizzare gli accordi fra imprese attraverso la normativa sui Raggruppamenti di Imprese, persino fiscalmente facilitati mediante la possibilità di formare Società Consortili fra i Raggruppati ; insomma, di tutto e di più per consentire contatti ed accordi, che, invece, sarebbe stato meglio evitare. E che non si dica che questo è servito o serviva a far crescere di dimensione le nostre Imprese : chi vive e/o ha vissuto nel mondo delle Imprese di costruzione sa benissimo che questa è pura demagogia perché ogni commessa ha e non può non avere una sua gestione autonoma all’interno e conformemente alla gestione aziendale. Sarebbe ora che tutta questa normativa sui Raggruppamenti, ancora integralmente in vigore, venisse abrogata.
 
Sembrerà strano ai non addetti ai lavori, ma l’attività di esecuzione dei lavori era diventata marginale, accidentale, quasi accessoria per le Imprese, spesso così impegnate nell’acquisizione di commesse, che non avevano poi molto tempo per dedicarsi a fare i lavori. Ed il ricorso alla loro delega mediante sub-appalti era una prassi consolidata ed ampiamente estesa, sino a far dire che le Imprese si erano tutte trasformate in Agenzie.
 
Ovviamente il fenomeno corruttivo aveva forte prevalenza su quello concussivo : malgrado le strenue difese degli imprenditori colti con le dita nella marmellata, basate sul rappresentare il fatto come un obbligo coercitivo cui loro malgrado si sottoponevano per il bene dell’azienda, è difficile bersela. Nella generalità dei casi il fenomeno era quasi esclusivamente corruttivo ed innescato dalla classe imprenditoriale.

 
In effetti anche durante la fase di esecuzione dei lavori e la loro contabilizzazione sino al collaudo, il fenomeno corruttivo continuava, ma con minore importanza: sarebbe stato inopportuno per le Imprese evitarlo. I destinatari del beneficio erano non più i politici, ma i pubblici funzionari. In ogni caso, dati i rapporti fra politici ed imprese, ben raramente si trattava di fenomeni concussivi : le Imprese sapevano bene a chi rivolgersi se si fossero sentite sotto ricatto, ossia a chi aveva assegnato loro il lavoro.
 
Su questo mondo si abbattè come un ciclone Mani Pulite, inarrestabile; e le cose cambiarono, anche se in un modo strano, di sapore gattopardesco, come vedremo. Nel senso che la corruzione si spostò dalla fase di acquisizione dei lavori a quella della loro esecuzione, trasformandosi in gran parte in concussione.
Innanzitutto il rinnovo della normativa in reazione alle inchieste giudiziarie inflisse un duro colpo alla corruzione nell’acquisizione delle commesse ed il potere esercitato sulle imprese dai politici si ridusse alquanto, mentre aumentò quello esercitato dai pubblici funzionari preposti alla gestione dell’appalto; anche perché rimase nelle loro mani un enorme potere discrezionale. Qualcuno commentò che i politici avevano risolto il problema delle tangenti mediante i funzionari.

Ovviamente, a commessa acquisita, parlare di fenomeno corruttivo è improprio: il fenomeno è concussivo, nel senso che l’Impresa, che ha sottoscritto un contratto d’appalto, è costretta a scendere a patti con chi lo gestisce per evitare di rimetterci pesantemente.
 
A tutto questo và anche aggiunta la totale assenza di una struttura giuridica e/o disciplinare efficiente, presso la quale far valere i propri claims. Se l’Amministrazione della Giustizia non funzionava e l’azione disciplinare era del tutto assente, cosa rimaneva da fare all’imprenditore per tutelarsi?
 
La conclusione è una sola: passando dalla Prima alla Seconda Repubblica i fenomeni corruttivi, lungi dal calmierasi, si sono estesi ulteriormente diventando sotterranei e si sono trasformati in una forma più virulenta e più imbarbarita, soprattutto nei riguardi degli imprenditori, diventati concussi da corruttori. E se lo Stato ha reagito con decisione contro il fenomeno corruttivo nell’acquisizione delle commesse, ebbene Esso non ha mai iniziato alcuna concreta azione contro il fenomeno della concussione, anzi quasi quasi lo vede di buon occhio in nome di una malconcepita Ragion di Stato.

A questo punto credo che sono chiari i motivi che portano alle periodiche grida d’allarme della Corte dei Conti ed al nostro scivolare fra i Paesi del Terzo Mondo avendo a riguardo i fenomeni corruttivi.

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