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Coronavirus in Brasile: helicopter Bolsonaro

Bolsonaro risale nei sondaggi dopo la distribuzione di sussidi alla popolazione più povera. Ma il forte deficit da pandemia si dirige verso la scogliera del freno costituzionale alla spesa pubblica. Come finirà?

A volte le tragedie producono impreviste conseguenze politiche. Accade quindi che il Brasile di Jair Bolsonaro, caricatura trumpiana in America Latina, scopra durante l’emergenza Covid (che egli tende a non considerare tale) che decine di milioni di suoi concittadini erano finiti fuori dalla rete ufficiale di protezione sociale, ed abbia l’opportunità di sussidiarli, a beneficio della propria popolarità presso strati sociali di cui non è gli è mai importato più di tanto.

Il merito va soprattutto al ministro delle Finanze, Paulo Guedes, che in aprile, quando il governo ha deciso di erogare degli aiuti finanziari alla popolazione più debole, ha scoperto che milioni di brasiliani poveri e poverissimi non erano neppure iscritti alle liste di disoccupazione e dei benefici di welfare.

Il contesto: circa 13,5 milioni di brasiliani, il 6,5% della popolazione, vivono con meno di due dollari al giorno, in condizioni di estrema povertà. Altri milioni stanno sopra quel livello ma restano in condizioni di disagio economico non lieve. Facile immaginare il consenso che può aver prodotto l’erogazione di cento dollari al mese di sussidio.

Da qui l’idea di Guedes, che vorrebbe la creazione di un “reddito di base”, razionalizzando altre voci di spesa per welfare. C’è già il nome, Renda Brasil, cioè reddito. Lesto, Bolsonaro ha messo il cappello sull’erogazione, votata dal parlamento, ed ha anche delineato i tratti del futuribile reddito universale, affermando che il sussidio è cumulabile con il reddito da lavoro sino alla soglia del salario minimo.

Che, a dirla tutta, non è manco una cattiva idea, visto che non disincentiva l’offerta di lavoro ma aiuta a ridurla durante una emergenza sanitaria, fornendo mezzi di sussistenza e riducendo il rischio che il settore informale dell’economia si trasformi in una bomba virale.

Non sorprende, quindi, che i sondaggi indichino la risalita di Bolsonaro, ai massimi dal suo insediamento (comunque sotto il 40%), anche nelle zone più povere del paese, come il Nord-Est. Interessante anche il fatto che, sempre secondo alcuni sondaggi, poco meno della metà del campione non biasimi il presidente per la gestione del Covid, dopo quattro milioni di contagiati e 120 mila morti. L’immagine di outsider della politica ed i sussidi alla popolazione restano un ovvio strumento di creazione del consenso. Primum vivere, deinde philosophari.

C’è comunque un problema: i sussidi di emergenza costano l’equivalente di 10 miliardi di dollari al mese. Tra crollo di gettito ed aumento di spesa pubblica, quest’anno il deficit primario brasiliano (cioè escludendo il servizio del debito pubblico) è atteso raggiungere i 140 miliardi di dollari, il 13% del Pil. Il debito pubblico crescerà di venti punti percentuali, portandosi a ridosso del 100%. Per un paese che, malgrado ampi ribassi dei tassi ufficiali d’interesse, ha un costo medio del debito comunque elevato e rischia l’effetto “palla di neve” che autolimenta il rapporto debito-Pil, non è una situazione rassicurante.

C’è poi un altro vincolo: la costituzione, che dal 2016 vincola gli aumenti di spesa per vent’anni, disponendo un aumento massimo pari alla sola inflazione, cioè aumento reale zeroCon una pandemia in corso, è evidente che questo vincolo non può reggere, pena una stretta fiscale di proporzioni apocalittiche. Che fare, quindi? Lo vedremo, servirà fantasia. Per approvare modifiche costituzionali serve una maggioranza qualificata dei due terzi del parlamento. Ma qualcosa andrà fatto. Ed il fatto che il Brasile abbia debito estero piuttosto contenuto, oltre a disporre di una rendita petrolifera, sono condizioni comunque non sufficienti per evitare una crisi fiscale.

Interessante comunque che ci sia almeno l’ipotesi di un embrione di reddito di base costruito in modo decente. L’obiettivo, come sempre, è quello di non sprecare una crisi. Ma, anche qui, meglio non essere troppo ottimisti. E resta la solita domanda: come rimuovere questi sussidi senza causare disastri e moti di piazza?

Foto: Wikipedia

Questo articolo è stato pubblicato qui

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