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Contestazione al cuore leghista

Avevano tentato di tener fuori i giornalisti e di nascondere tutto. Volevano continuare a dare un’immagine di unità come se la Lega nord fosse l’unico partito italiano immune da divisioni interne.

Il video  pubblicato sul sito del quotidiano la Provincia di Varese e ripreso dalla maggior parte di siti d’informazione nazionale dice invece l’esatto contrario.

Lo scontro tra maroniani e “cerchio magico” ha raggiunto livelli mai visti ed è arrivato a lambire la leadership (una volta) indiscussa di Umberto Bossi. La scena è il congresso provinciale di Varese tenutosi domenica 9 ottobre.

I protagonisi sono quattro:

  • il leader leghista malato ed assente
  • Il cosiddetto “cerchio magico” formato dai vari “badanti” di Bossi che comanda da quando la sede del soglio padano risulta vagante
  • Maurilio Canton il segretario provinciale imposto dal “cerchio magico” contro la base
  • ed appunto i militanti leghisti (in prevalenza sostenitori dell’altro capo leghista Roberto Maroni) che hanno dimostrato di non accettare un candidato calato dall’alto, chiedendo con veemenza che si andasse ai voti.

Con questi presupposti la sala dell’hotel di Varese che ospitava il congresso è divenuta il teatro di uno spettacolo surreale sospeso tra uno psicodramma collettivo, ed una puntata della corrida di Corrado.

Un backstage inusuale per un partito che del decisionismo del suo leader ha fatto uno dei punti di forza. Vedere Umberto Bossi, che (in pubblico) passa le sue giornate a mandare a quel paese i giornalisti, insultare metà dei ministri della Repubblica, ago della bilancia del governo italiano, generale di un milione di padani pronti a combattere per la secessione, rimanere (in privato) ammutolito ed inerme di fronte ad un manipolo di militanti del Varesotto non si era mai visto. E forse era meglio non vederlo.

Primo perché ci fa toccare con mano il livello di democrazia (nel Pdl non stanno messi meglio) che regna nei partiti che sostengono il governo, secondo perché ci fa veramente comprendere la credibilità perfino scarsamente locale, per non parlare di quella internazionale di cui godono alcuni santa sanctorum della politica italiana.

Ma non era la lega che marciava unita come un sol uomo verso il radioso traguardo del federalismo o della secessione? Non era la stessa Lega secondo cui il cerchio magico era una mera invenzione giornalistica a concedere in ogni occasione una delega in bianco al proprio segretario?

Dove è finito il decisionismo di Bossi, l’unità leghista e la determinazione padana? A giudicare dalle immagini del congresso di Varese non esistono più o forse non sono mai esistiti.

Il partito monolite è divenuto in poco tempo un castello di sabbia la cui unica funzione è quella di garantire la sopravvivenza politica di Silvio Berlusconi.

Di tutta la storia comunque quello che appare più grottesco è la volontà della Lega di nascondere la polvere sotto il tappetto, negando che delle divisioni legittime possano nascere all’interno del proprio moviemento. La decisione di precludere la sala del congresso ai giornalisti, facendo immaginare una platea unita e gioiosa ricorda la determinazione berlusconiana a mostrare durante le proprie adunate politiche folle festanti pronte ad intonare in ogni momento “menomale che Silvio c’è” .

Il virus berlusconiano ha davvero fatto proseliti. Ne abbiamo la prova.

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