• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Considerazioni su Giulianone nostro, la sua fede nel Peggiore, e l’amara (...)

Considerazioni su Giulianone nostro, la sua fede nel Peggiore, e l’amara realtà del liberalesimo italiano

Giuliano Ferrara ha una fede cieca in Silvio Berlusconi se davvero, come scrive su “il Giornale”, crede che il Peggiore abbia creato, o possa creare, “una destra riformatrice, antifiscale, antistatalista, popolare e liberale”.

Premesso che non comprendo perché una destra moderna debba essere antistatalista e antifiscale - ma non voglio disquisirne qui - resta che per ritenere possibile la formazione di un partito liberale e popolare, nell’Italia del 1996 come in quella di oggi, bisogna credere nei miracoli.

Il liberalesimo italiano, spazzato via prima dal fascismo e ridotto poi, dalla guerra fredda e dalla presenza del PCI, a ruota di scorta dei birocci a guida democristiana, era già moribondo alla fine della prima repubblica.

Si proclamò liberale, certo, Silvio Berlusconi quando entrò in politica, ma fu anche attento a comunicare al proprio elettorato che non andava preso troppo sul serio. Creare un liberalesimo popolare gli avrebbe richiesto decenni di evangelizzazione; molto meglio, per arrivare al governo subito, gettarsi sulle spoglie (catto-populiste, social-affaristiche; tutto quel che volete, ma certo non liberali) dell’elettorato pentapartitico.

Resta che senza un moderno partito liberale, come senza di un partito socialdemocratico - il PD ne è l'embrione, ma grande è ancora la confusione al suo interno - il paese continuerà nella sua decadenza e la sua democrazia, da un populismo all'altro, continuerà a degradarsi.

Chi volesse costruire un partito liberale, oggi, dovrebbe però partire praticamente da zero: dopo che per un ventennio Silvio ha continuato a ribadirsi tale, per molti italiani la parola liberale non significa più nulla; per certi, addirittura, suona come un insulto.

Sopravvive, ascrivibile alla tradizione liberale, solo una parte dei radicali; sono liberali nello spirito molti dipietristi, forse qualche berlusconiano ingenuo - ammesso che ve ne possano ancora essere - e qualche illuso dal leghismo. Anche considerando i meteci di Fini - degli aspiranti liberali che si uniscono strettamente a quel che resta dei clericali mi fanno una pessima impressione - si arriva a malapena ad un dieci per cento dell'elettorato.

Offrire una casa a quel dieci per cento di liberali - che magari neppure sanno d’esserlo - dovrebbe essere l'obiettivo di chi volesse fondare il nuovo partito liberale; un partito che non può essere, oggi, a vocazione maggioritaria, ma che proprio rinunciando a innaturali alleanza politiche - non parlo di alleanze di governo - può aspirare a svolgere un ruolo guida nella politica e nella società.

Craxi e Bossi hanno mostrato quanto possa arrivare a contare, in un sistema multipartitico, il dieci per cento degli elettori; sarebbe ora che qualcuno apprendesse la loro lezione e la usasse a fin di bene.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares