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Conferenza sul razzismo Onu, vince il ricatto occidentale

 

E’ stata battuta la notizia (Asca) che la bozza della dichiarazione finale della seconda Conferenza Onu sul razzismo, che si terrà a Ginevra il prossimo mese di aprile, è stata "riveduta e corretta". La dichiarazione originale menzionava "Israele" e il concetto di "diffamazione delle religioni".

Gli Stati Uniti, abituati da decenni a sfruttare l’Onu come burattino per legittimare il loro sanguinario imperialismo, non erano disposti a tollerare il minimo scarto dai binari dell’ortodossia. Quella che impone, per esempio, il sostegno allo stato più criminale del pianete: Israele.

Se, quindi, le conferenze Onu servono a vuote ed inutili stigmatizzazioni di razzismi vecchi di decenni oppure da addossare ai nemici dell’Occidente, allora nessun problema. Ma se, al contrario, potessero servire a qualcosa di giusto, di progressista, di democratico, allora ecco arrivare l’alt.

Gli Usa hanno esercitato notevolissime pressioni perché si giungesse a questo umiliante risultato.

Agitando il sempreverde spauracchio dell’antisemitismo hanno minacciato di boicottare la stessa conferenza sul razzismo se si fosse potuto parlare del vero razzismo, ovvero quello del loro principale alleato: quello israeliano.

Quell’Israele che in ispregio al diritto, all’etica, alla giustizia, all’umanità, ha creato il più lungo inferno in terra che mai si fosse visto sul pianeta e che ci fa vergognare di appartenere alla razza umana.

I relatori dell’Onu si sono quindi piegati al ricatto Usa, al quale si era poi aggiunto quello dei burocrati dell’Unione Europea, inginocchiatisi, l’ennesima volta, nella sanguinolenta melma israelo-statunitense.

In particolare l’Italia si era conformata sin dall’inizio ai desiderata statunitensi (che novità) è si era adoperata perché tali vergognose posizioni venissero assunte anche dall’Europa. Cosa purtroppo accaduta.

L’11 marzo scorso il ministro degli esteri Frattini abbandonava addirittura il tavolo dei negoziati preparatori della conferenza in oggetto, "in nome della credibilità delle Nazioni Unite". E senza arrossire.

Per ministro degli esteri berlusconiano non è un problema che uno stato terrorista come quello israeliano usi il fosforo bianco contro i civili o le armi DIMA, a base chimica, o che pratichi il genocidio di Gaza, o che stermini oltre 1300 persone nel corso di pochi giorni di operazioni militari.

No, questi crimini di stampo nazista non fanno certo trattenere il fiato al nostro ministro. Ciò che gli fa gonfiare il petto di sdegno è che "da un documento con l’intestazione delle Nazioni Unite possa uscire un paragrafo in cui si definisce Israele una minaccia alla pace internazionale" (Asca 11. marzo 2009).

Come Frattini sa bene, come ci ripetono giornali e tv, la vera minaccia alla pace mondiale sono i palestinesi che tirano sassi contro i carri armati.
Il "1984" e’ qui.

E’ ancora vivo il ricordo della prima conferenza Onu sul razzismo, quella di Durban del settembre 2001, in cui le delegazioni di Usa e Israele abbandonarono per protesta i lavori.

A Durban la dichiarazione finale, non concordata in anticipo come oggi, osava accennare, per esempio, ad una "profonda inquietudine di fronte alla discriminazione razziale che i palestinesi subiscono nei territori arabi occupati". 


 
Ma quando mai si può scrivere la verità su un documento ufficiale, se quella verità va contro il potente di turno?

Comunque in occasione della prima conferenza Onu sul razzismo a Durban vi furono cortei e manifestazioni che stigmatizzavano l’apartheid israeliano contro il popolo palestinese.

Cortei e manifestazioni che, ne siamo certi, non potranno essere impediti dai manganelli della polizia nemmeno in questa occasione, e che mostreranno, ancora una volta l’abisso sempre più profondo tra le vuote dichiarazioni delle elite al potere nelle loro Bastiglie blindate e la rabbia dei "dannati della terra" che stanno in basso a soffrire e a morire.

Sicuramente, di quei cortei e delle proteste delle vittime ci verrà impedita la vista dai mainstream, tv e giornali; oppure, se tale vista non potrà essere del tutto nascosta, ci verrà prontamente fornita dai direttori una inerpretazione "politically correct".

Perché è per uccidere che ci vuole una ragione, non il contrario.

Perché se potessimo capire, se potessimo vedere che quel sangue palestinese, che noi consideriamo una razza inferiore, è rosso come il nostro, se noi potessimo riflettere solo un attimo su ciò, allora lo sterminio avrebbe fine.
Come dice Tennyson, "se potessimo capire un solo fiore sapremmo chi siamo e cos’è il mondo".

Ma noi, sui fiori, se sono fiori delle "razze inferiori", preferiamo passarci sopra coi cingoli dei blindati, e meglio se coi fiori ci sono la casa e gli ulivi di qualche palestinese.

Senza guardare.

A questo, in ultima analisi, tendevano gli sforzi occidentali sulla prossima conferenza di Ginevra dell’Onu: evitare che si possa disvelare l’immagine delle vittime perche’, come dice il poeta,
"se avessi contemplato il volto della vittima
e riflettuto, ti saresti ricordato di tua madre nella camera
a gas, avresti buttato via le ragioni del fucile
e avresti cambiato idea..."

Il poeta si chiama Mahmoud Darwish.

La conferenza Onu si terrà dal 20 al 24 aprile.

Se scaturirà qualcosa di buono sarà dalle proteste degli attivisti, dai cortei in rappresentanza delle vittime, non dai governativi nascosti nel vetrocemento.

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