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Con gli "inattivi" i disoccupati sarebbero 5 milioni

Sono stati pari a 2 milioni 764 mila unità i lavoratori che nel 2010 non hanno cercato ma sarebbero stati disponibili a lavorare; l'11,1% delle forze di lavoro. E’ l'Istat a fotografare così, in una indagine, i dati sugli inattivi. Un fenomeno composto da 1 milione e 64.000 uomini e 1 milione e 700.000 donne, che registra un valore triplo rispetto al 3,5% denunciato dall'Europa e ben più alto se paragonato a quello di Francia (1,1%), Germania (1,3%) e Regno Unito (2,7%). Ad ingrossare le fila degli inattivi che nel 2010, dice ancora l'Istat, ha toccato il valore più alto dal 2004, passando in 6 anni dall'8,9% all'11,1% dello scorso anno, sopratutto le donne.

Nella media del 2010, infatti, rileva l'Istituto Centrale di Statistica le donne inattive corrispondono al 16,6% delle forze di lavoro femminili, a fronte del 7,2% degli uomini; sei su 10 donne dunque non cercano lavoro ma sarebbero pronte a lavorare. In crescita, tra gli inattivi, anche i giovani tra i 14 ed i 24 anni, passati dal 21,6% del 2004 al 30,9% del 2010.

Marcate le differenze territoriali: gli individui che non cercano ma vorrebbero comunque lavorare equivalgono nel Mezzogiorno, dice ancora l'Istat, a circa un quarto delle forze di lavoro; un risultato di oltre 6 volte maggiore a quello del Nord. In calo invece, negli ultimi due anni, i lavoratori che cercano un impiego ma non sono subito disponibili a lavorare: dalle 165.000 unità del 2004 alle 126.000 del 2010. Un gruppo “di scarsa numerosità” che resta sempre al di sotto dell'1% delle forze lavoro.

Il fenomeno degli inattivi è più ampio di quello rappresentato dai disoccupati in senso stretto per l'Istat pari a 2 milioni e 102.000 unità corrispondente ad un tasso di disoccupazione dell'8,4%, più contenuto del 9,6% denunciato dall'Europa. Sommando dunque l'esercito degli inattivi a quello dei disoccupati si ottiene la reale fotografia di quanti potenzialmente sarebbero impiegabili in un processo produttivo in Italia: circa 5 milioni di persone nella media 2010. E con la crisi crescono anche i sottoccupati part time che, dice ancora l'Istat, rappresentano, nel 2010, l'1,7% delle forze di lavoro, con una incidenza più contenuta per gli uomini rispetto alle donne, come riflesso della maggiore diffusione dell'occupazione part time tra le lavoratrici. La quota di sottocupati sale perciò dal 3,4% del 2008 al 4,9% del 2010. In un contesto di crescita del numero di sottoccupati part time nella seconda metà dell'ultimo decennio, la più alta quota di sottoutilizzo riguarda le donne, mentre almeno un sottoccupato ogni due ha tra 35 e 54 anni.

D'altro canto, le aree del Nord, dove è maggiore lo sviluppo degli impieghi a orario ridotto, aumenta la presenza dei sottoccupati fino al 48% del totale.

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