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Cina: esplode un’acciaieria, 13 morti e 17 feriti

Un’esplosione in una delle più grandi acciaierie della Cina ha provocato la morte di almeno 13 persone. 17 sono rimaste gravemente ferite. La deflagrazione è avvenuta nella giornata del 20 febbraio nella città di Anshan, nella provincia di Liaoning. L’impresa, la Angang Heavy Machinery, dove lavorano più di 4mila operai, sarebbe una di quelle controllate dallo Stato. 

L’incidente è stato causato dallo scoppio di uno stampo per la pressatura delle lastre di acciaio, almeno da quanto reso noto dal Comitato provinciale del Partito Comunista cinese. Un portavoce dalla società avrebbe inoltre affermato che è in corso un’indagine per appurare le cause dell’incidente, mentre la produzione dell’acciaio non avrebbe subito nessun arresto.

La produttività e l’operosità dunque sono sempre al primo posto in Cina, anche a costo di incidenti che coinvolgono macchinari e soprattutto dipendenti. Un forsennato aumento della competitività, dettato da uno sviluppo economico senza precedenti, va di pari passo alla quasi completa mancanza di misure di sicurezza nelle industrie ed in generale in ogni posto di lavoro. Ne fa le spese la salute e l'incolumità dei lavoratori. E non soltanto dal punto di vista del benessere fisico. Molti infatti sono i casi di forte stress, connesso alla condizioni di lavoro alienanti, ai limiti dello schiavismo, che conducono talvolta gli operai delle fabbriche alla depressione, all’isolamento ed in ultima analisi, sempre più frequentemente, al suicidio.

Da un recente inchiesta del New York Times (NYT) sulla produzione di iPhone, iPod e iPad, emerge una realtà di sofferenza e angoscia, dietro gli scintillanti e affascinanti oggetti tecnologici. I protagonisti dell’inchiesta sono la Apple, principale committente della produzione, e la Foxconn, che, con 1milione e 200mila dipendenti, è la più grande fabbrica della Repubblica popolare cinese.

Oltre a quelli della Apple assembla altri prodotti per Amazon, Nokia, Nintendo, Samsung, Dell, Hewlett-Packard. Dai suoi stabilimenti esce il 40% di tutti i prodotti in commercio in materia di elettronica nel mondo. Secondo il NYT i lavoratori della Foxconn sarebbero sottoposti a turni durante le 24 ore, sei giorni su sette, della durata di 12 ore ognuno, in condizioni disarmanti agli occhi di ogni osservatore occidentale. Punizioni per i ritardatari, che arrivano fino alle flessioni, stile caserma, divieto assoluto di sedersi durante il turno di lavoro e riposo in dormitori comuni sovraffollati. 

L’aumento del profitto da parte di Apple e delle altre compagnie impongono quindi una riduzione drastica dei costi di produzione. Questo significa, per i lavoratori cinesi, accettare della condizioni di lavoro impossibili, utilizzando prodotti chimici pericolosi senza protezioni, subendo soprusi di ogni genere, svolgendo turni di lavoro massacranti. Dietro gli oggetti del desiderio tecnologico che vediamo esposti in vetrina nei negozi delle nostre metropoli dunque, si annidano condizioni di lavoro indecenti, diritti violati, sofferenze inaudite.

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