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 Home page > Tempo Libero > Musica e Spettacoli > Cavalli porta Andreotti a teatro... e Giovanardi s’incazza

Cavalli porta Andreotti a teatro... e Giovanardi s’incazza

 

“Fa piacere non avere ancora debuttato ed essere già attaccato. Da Giovanardi poi... Ma va là”, è una frase apparsa stamattina sul facebook di Giulio Cavalli, l’attore/regista lodigiano che sta per portare in scena (collaborazione alla regia di Renato Sarti) – partirà domani 5 marzo a Teatro della Cooperativa di Milano– “L’innocenza di Giulio”, il nuovo spettacolo scritto assieme allo scrittore Carlo Lucarelli e al magistrato Giancarlo Caselli, con le musiche di Stefano “Cisco” Belotti (ex cantante dei Modena City Ramblers), in cui si parla di Giulio Andreotti.
 
Insomma, è bastato leggere i comunicati stampa e i primi articoli di giornale sullo spettacolo per mettere il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in fibrillazione. Ma di cosa si parlerà mai in questo spettacolo? Testimonianze, deposizioni, atti giudiziari, ma anche articoli, interviste, sono il corpus attorno a cui ruoterà lo spettacolo, quindi di nuovo c’è, sostanzialmente, la voglia di precisare alcune cose - e il modo di farlo -, alcuni “luoghi comuni” sul Divino Giulio, quello che in molti credono assolto, ma che in realtà è stato prescritto, quello che “se la sentenza definitiva fosse arrivata entro il 20 dicembre 2002 (termine per la prescrizione), (...) avrebbe potuto essere condannato in base all'articolo 416”, dato che nella sentenza si legge: "‘Quindi la sentenza impugnata, al di là delle sue affermazioni teoriche, ha ravvisato la partecipazione nel reato associativo non nei termini riduttivi di una mera disponibilità, ma in quelli più ampi e giuridicamente significativi di una concreta collaborazione’”. Insomma, prescrizione non è assoluzione e sarebbe bene ricordarlo anche per alcuni politici che caratterizzano la nostra attuale realtà.
 
Ma del Giulio nazionale, la cui vicenda politico-giudiziaria, in questi anni sta appassionando tanti registi (nel cinema ci ha pensato Paolo Sorrentino – con l’aiuto di Tony Servillo - a cristallizzarne l’immagine), Cavalli ripercorrerà, con l’ironia che lo contraddistingue, la storia politica, quella di un personaggio che dal secondo dopoguerra ci ha accompagnato ininterrottamente e che è stato al centro dei fatti più scottanti della nostra storia. E ne prenderà le sembianze, come quando in ginocchio e con una bibbia in mano citerà passaggi chiave delle dichiarazioni rese dallo stesso Andreotti nel corso dei procedimenti processuali.
 
Rappresentante di punta del teatro di narrazione italiano, Cavalli si raffronta in maniera sfacciata, giullaresca a una vicenda fondamentale della nostra storia e lo fa con l’impegno e l’ironia che hanno caratterizzato altri suoi spettacoli come “Do ut Des”, in cui dissacrava la mafia e i padrini, piuttosto che “L’Apocalisse rimandata. Ovvero benvenuta catastrofe” testo scritto da Dario Fo e Franca Rame o “A cento Passi dal Duomo”, in cui parla di una Milano sconosciuta fino a qualche tempo fa, o infine a “Nomi, cognomi e infami” e che gli hanno permesso di vincere, l’anno scorso il Premio Pippo Fava.
 
Di cosa si meravigli Giovanardi – data la quantità di documenti portati - è domanda lecita. Ma la risposta forse è... retorica.

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