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Carpe diem, Mario

Nonostante sul tema esistano diverse scuole di pensiero è nei tempi di crisi (come quelli attuali) che bisogna riformare lo Stato e le norme che lo regolano.

Come avviene quando un corpo si ammala e lancia segnali di sofferenza, oppure nel momento in cui un macchina si ferma perché non funziona più propriamente, bisogna attivarsi per ottenere un nuovo slancio vitale.

Le crisi sono momenti di svolta che vanno colti anche nelle loro potenzialità per poter cambiare (in meglio) e fondare i pressupposti per il futuro. Fino al prossimo momento di crisi che genererà nuove rotture e nuovi inizi.

E’ vero che l’attuale emergenza del sistema capitalistico è prima di tutto internazionale ed europea ma è altrettanto vero che essa nel nostro paese si è saldata con malesseri e disfunzioni specificamente italiani.

Ciò che stiamo vivendo è una crisi della finanza, dell’economia reale ma al tempo stesso è una crisi fortemente radicata nei meandri della nostra società.Questi aspetti bisogna analizzare, su questi settori bisogna dibbattere, ed intervenire . Facendo in fretta senza sprecare l’occasione che ci troviamo di fronte.

Pensiamo veramente che il nostro Stato e quindi il nostro welfare, le nostre garanzie e le nostre tutele regolate da schemi propri dello scorso secolo possano sopravvivere all’impatto con un mondo che dello scorso secolo sta perdendo velocemente i connotati?

Partendo dal presupposto che prima ancora delle regole e delle norme da riformare sono mutate le nostre abitudini, i nostri stili di vita ed il nostro modo di confrontarci con i diritti. Fino a che punto bisogna difendere i vantaggi connessi al lavoro a tempo indeterminato, quando intere schiere di professionisti, hanno già nel sangue l’idea che nel loro cammino formativo diversificheranno i loro interessi, sperimenteranno diverse opzioni fino a trovare la loro occupazione definitiva?

Un tempo il posto fisso con tutti gli annessi era sinonimo di assicurazione sulla vita. Oggi posto fisso significa anche mancanza di ambizione, mancanza di dinamismo e prospettive di crescita.

La mancanza di tutele per i precari va combattuta e sanata, ma il lavoro come era inteso nella seconda metà del ‘900 non esiste più, non perché sono anacronistiche le rivendicazioni dei sindacati, ma perché sono le aspettative degli stessi lavoratori che in parte sono cambiate. Ed evolute.

Non sarebbe giusto riequilibrare la bilancia dei diritti nei due ambiti in cui si è diviso il mondo del lavoro in questi ultimi anni (a tempo determinato ed indeterminato), consapevoli che le risorse per tutelare entrambi in maniera completa non sono sufficienti?

Allo stesso modo possiamo considerare intoccabile il nostro sistema previdenziale che non garantisce una solida sostenibilità per il futuro, nonostante le aspettative di vita si allunghino ogni anno? Mentre cambiano le percezione che si hanno sugli anni da passare in pensionamento?

Fino ad adesso le forze politiche sia esse di destra, centro o sinistra non hanno affrontato i problemi nella loro interezza e nella loro drammaticità. Per veti incrociati, per retaggi ideologici, per debolezza politica, per paura di perdere consenso e voti. Ora è tempo di agire, di fare qualcosa di duraturo, di riformare.

Ognuno per la sua parte. Adesso spinti dalla necessità il Governo Monti supportato dai maggiori partiti italiani (tranne uno che difatti è anti-italiano per eccellenza) deve trovare la forza di tagliare i privilegi, le disfunzioni, razionalizzare le entrate e le spese.

Democrazia significa soprattutto scegliere e le decisioni vanno prese con il supporto della maggioranza non con l’unanimità delle forze in campo. La ricetta non è semplice, deve contenere misure efficaci nell’immediato e misure strutturali. Se alla fine di questo processo, che dovrebbe concludersi nel 2013, i due maggiori partiti italiani e, quindi, i rispettivi blocchi sociali a cui fanno riferimento saranno egualmente colpiti, vorrà dire che qualcosa di buono è stato fatto.

Qualcuno avrà ceduto parte delle proprie rendite. Se si dovesse chiudere la finestra di opportunità che si è spalancata con la crisi, senza adottare le necessarie contromisure, un’altra occasione andrà sprecata.

Per questo, Mario Monti, carpe diem. Ora o tra due anni. Forse

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