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Cambia il modo di protestare

Tra una società che cambia e si evolve ed i modi, da parte dei cittadini, di adeguarsi ai cambiamenti e alle evoluzioni che non quadrano, c’è un dato clamorosamente falso. 

 

La società e la governance dell’Unione Europea stanno regredendo e percorrendo una involuzione che ha del clamoroso; quindi di vero, autentico e nuovo c’è solo il modo con cui i cittadini esprimono e manifestano il proprio dissenso. Di questo dato c’erano state le prime avvisaglie all'indomani del licenziamento delle operaie della Omsa. Di fronte a quella decisione dell'imprenditore, di trasferire l'azienda in Serbia, le operaie scesero in piazza per mettere in scena il licenziamento; sfilando alla “Full Monty” con indosso i capi di abbigliamento intimo che producevano.

In Sardegna i pastori avevano portato a brucare le loro pecore, defedate e affamate, nei prati dell’edificio della Regione. Sempre i sardi, si erano rinchiusi nell’ex carcere dell’Asinara per protesta e pare che lì siano rimasti senza che nessuno se li fili più di tanto. Ma il caso più eclatante, in ordine di tempo, è senz’altro quello delle “Pussy Riot” un collettivo di donne che attraverso flash-mob e performance estemporanee, inscenava atti di protesta contro il sistema politico istituzionale nella grande Russia.

La storia è ricca di proteste clamorose; da Jan Palach, che si diede fuoco a Praga per protestare contro l’occupazione sovietica, sino allo studente di Piazza Tien An Men che oppose il proprio corpo all’incedere del carro armato. E poi ancora bonzi; monaci tibetani; kamikaze; operai sulle gru dei cantieri; insegnanti sui campanili; black block e pacifisti all’arrembaggio di petroliere. La protesta è qualcosa che i governi mettono in conto; se a un determinato potere o sistema di governo serve dargli risalto, magari per contrastare un potere o un governo contrapposto, ecco che una forma di protesta fa il giro del mondo, altrimenti i mezzi di comunicazione ci si puliscono… la coscienza.

Con l’imminente decapitazione dell’Ente Provincia a Crotone è sorto un comitato d’azione, spontaneo, che ha preso il nome di “Krotone è Provincia” con lo scopo di mantenere alta l'attenzione in vista della manifestazione di sabato a Crotone, contro l’ inabissamento per decreto legge della Provincia. Da parte di quel Comitato al momento si sono registrate incursioni in sedi istituzionali, politiche, persino sportive e religiose per farsi ascoltare.

Gli aderenti al movimento indossando una maglietta che risale ai tempi della prima volta in serie B del Crotone e della sponsorizzazione della squadra da parte dell’Ente intermedio, hanno fatto la loro incursione nella sede del sodalizio sportivo per rivolgere un appello a tutti i tifosi. Anche lei ha provato a spiegare cosa comporterebbe la chiusura dell' Ente: licenziamento dei dipendenti, perché questo chiede l’Europa, e prosciugamento con susseguente sparizione di una di quelle aree depresse e fastidiose che tanto la Germania e la BCE detestano. Si protesta dunque, con discrezione e garbo; si chiedono adesione, solidarietà, quella solidarietà attualmente assente che anche in una città del sud come Crotone ha perso la sua ragion d'essere che porta ognuno di noi a rifugiarsi nel proprio intimo per leccarsi le ferite da soli.

Una lotta che appare francamente impari, non ancora una battaglia perduta quella di riuscire a mantenere in vita la Provincia di Crotone, ma ci si prova, tutto qui. Sono andati pure nella sede del PD a dialogare quelli del Comitato “Krotone è Provincia”, ovviamente Bersani non si sognerà mai di negare la propria fiducia al Governo quando quello chiederà assenso per la conversione in legge della condanna a morte di Crotone. Manco se li ammazzi uno per uno a quelli della strana maggioranza parlamentare che sostiene Monti faranno venire meno il proprio appoggio al Governo. E allora? Beh… c’è poco da illudersi, ma di sicuro a Crotone ci sono segni di presa di coscienza. Serviranno e saranno utili in futuro; diciamo nel 2090, quando l’Italia uscirà dalla crisi.

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